“Si fingono donne interessate ai vestiti e chiedono insistentemente foto intime”: scoppia il caso delle molestie su Vinted. Le immagini pubblicate nella chat su Telegram
È un’applicazione (gratuita) molto comune, utilizzata per acquistare e vendere vestiti di seconda mano. Se vogliamo, è nata anche con uno scopo nobile: contrastare il fenomeno del fast fashion e promuovere un approccio sostenibile alla moda. Tuttavia, con il tempo, sta emergendo un lato decisamente più controverso e, per certi versi, inquietante. Si sta parlando […] L'articolo “Si fingono donne interessate ai vestiti e chiedono insistentemente foto intime”: scoppia il caso delle molestie su Vinted. Le immagini pubblicate nella chat su Telegram proviene da Il Fatto Quotidiano.

È un’applicazione (gratuita) molto comune, utilizzata per acquistare e vendere vestiti di seconda mano. Se vogliamo, è nata anche con uno scopo nobile: contrastare il fenomeno del fast fashion e promuovere un approccio sostenibile alla moda. Tuttavia, con il tempo, sta emergendo un lato decisamente più controverso e, per certi versi, inquietante. Si sta parlando di Vinted, la piattaforma online che consente agli utenti di vendere (e comprare) abbigliamento, accessori, giocattoli, videogiochi e molto altro di seconda mano. Un marketplace in espansione negli ultimi anni e che, se da un lato rappresenta un’alternativa economica e sostenibile, dall’altro solleva dubbi sempre più frequenti sui possibili utilizzi.
Negli ultimi mesi, diverse donne hanno denunciato episodi di adescamento, molestie e messaggi a sfondo sessuale. Come Bella, utente 26enne di Vinted, che alla tv tedesca ha detto: “Ce ne sono così tanti che ormai faccio fatica a trovare i veri compratori. Ho la sensazione che la piattaforma sia cambiata molto”. E non è l’unica a parlare di uomini che si fingono donne chiedendo insistentemente a chi vende vestiti, delle foto in atteggiamenti intimi con la scusa di osservare meglio la vestibilità del capo. Oppure c’è Sonja, vittima dello stesso meccanismo. Come migliaia di altri utenti, Sonja è solita pubblicare le foto degli abiti che vuole vendere, indossandoli direttamente. In questa maniera si dà la possibilità a chi intende acquistare il capo, di comprendere anche la vestibilità del prodotto. Quello che Sonja non sapeva, però, era che quelle sue stesse immagini venissero ripubblicate su un gruppo Telegram che in un anno, da giugno 2024, ha raccolto oltre mille immagini. Questo canale – ora chiuso – postava le foto di centinaia di donne (senza che le dirette interessate avessero dato il proprio consenso).
Le vittime sono donne della Germania, della Francia ma anche dell’Italia e le loro testimonianze rimbalzano sui media europei. E c’è di più. Per la testata Süddeutsche Zeitung, che ha partecipato all’indagine insieme anche alle emittenti Norddeutscher Rundfunk e Westdeutscher Rundfunk, delle 130 utenti di Vinted identificate, la maggior parte sono proprio italiane. C’è chi ha raccontato: “A me è capitato tante volte di essere contattata da user francesi con nomi femminili e che, facendo finta di essere interessati ai vestiti, chiedevano le foto da indossato avanti e dietro sennò non avrebbero acquistato. E al ‘no’ diventavano sempre più insistenti con decine di messaggi”. Insomma, diverse utenti hanno mostrato preoccupazione anche perché spesso nell’etichetta della spedizione vengono riportati i loro dati personali.
L’amministratrice del canale Telegram era un’utente che si faceva chiamare Sara. Nella biografia, come riporta il Corriere, scriveva di avere 29 anni e di vivere a Milano. Lì pubblicava quasi ogni giorno link che rimandavano ai capi venduti su Vinted. Tra un link e l’altro, poi, spuntavano servizi di chat erotiche o video intimi. Un’alternanza quantomeno curiosa. Lei però, contattata dai media tedeschi, si era così difesa: “Pubblichiamo semplicemente post pubblici, le donne ottengono più visibilità e vendono meglio. Non è mai stato fatto nulla di male; era semplicemente pubblicità gratuita”, aveva assicurato. Eppure poco dopo il canale è scomparso, bannato dallo stesso Telegram.
Già qualche mese fa, a Repubblica, l’Associazione che supporta chi subisce violenza online PermessoNegato, aveva denunciato: “Dinamiche simili tra loro; la vittima veniva incoraggiata a inviare sempre più foto, anche in atteggiamenti intimi, con la scusa di vedere la vestibilità del capo che l’autore del reato fingeva di voler acquistare”. Dunque un fenomeno da non sottovalutare, ennesima testimonianza del lato più insidioso del web.
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