“Se pago le tasse, devo aumentare i prezzi”
Tra le pieghe della burocrazia, una delle novità più significative introdotte nell’elenco Ateco 2025 riguarda una delle attività più controverse e dibattute del nostro ordinamento: la prostituzione. Per la prima volta, infatti, compare ufficialmente il codice 96.99.92, che recita testualmente: “Attività di meretricio – Servizi personali svolti da escort, accompagnatori, gigolò e simili”. Si tratta di una svolta che, almeno sul piano tecnico-amministrativo, potrebbe cambiare radicalmente lo status giuridico ed economico del settore. Ad oggi, in Italia, l’attività sessuale a pagamento non è illegale, purché esercitata in forma autonoma e non organizzata. Sono vietati, invece, il favoreggiamento, lo sfruttamento e la gestione di case di tolleranza. Una zona grigia in cui le sex worker operano in uno stato di invisibilità fiscale e legale, senza tutele e senza possibilità di contribuire ufficialmente al sistema economico. La dichiarazione del 730 precompilata – ANSA/ AGENZIA DELLE ENTRATE L’introduzione del codice 96.99.92, inserito tra le “altre attività di servizi alla persona”, apre uno spiraglio verso la regolamentazione fiscale dell’attività. Questo codice consentirebbe, teoricamente, a chi esercita la prostituzione in forma autonoma di aprire una Partita IVA e operare regolarmente come contribuente, dichiarando redditi e versando contributi previdenziali. «Ma se mi metto in regola, devo aumentare i prezzi – taglia corto una escort contattata tramite uno dei tanti siti a disposizione -. E se io aumento i prezzi, chi viene?». La conversazione dura pochissimo, «scusa, adesso ho da fare». «Adesso devo fatturare» … ah, no. In queste poche parole, si intuisce che la regolarizzazione fiscale del mestiere più antico del mondo sarà lunga e non semplice. Il quadro giuridico In realtà non esiste ancora una disciplina fiscale univoca per il meretricio. Alcune indicazioni si possono trarre dalla giurisprudenza e da recenti sviluppi normativi. Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-268/99, Jany), le attività di prostituzione possono rientrare nel concetto di attività economica ai fini IVA, se svolte in maniera indipendente. Tuttavia, la Cassazione italiana ha più volte ribadito che tali attività non sono soggette a IVA, in quanto non esiste un contratto tipico, riconoscibile ai fini fiscali. Nonostante l’assenza di IVA, la prostituzione può essere tassata ai fini IRPEF, come reddito da lavoro autonomo. L’Agenzia delle Entrate ha più volte sostenuto che chi esercita tale attività deve dichiarare i propri redditi, anche senza una partita IVA. Quindi, questa introduzione non implica automaticamente l’apertura alla fiscalizzazione piena dell’attività, ma potrebbe rappresentare un primo passo verso la regolamentazione fiscale, inclusa la possibilità futura di applicare un regime IVA. Fisco 27 Marzo 2025 L’Italia bussa alle porte dei Giganti del web e chiede l’IVA arretrata Meta, X e LinkedIn finiscono nel mirino del fisco italiano: in ballo ci sono miliardi di euro 27 Marzo 2025 UE linkedin meta x giganti del web nel mirino del fisco italiano Guarda ora Un passo verso la legalizzazione? È ancora presto per parlare di piena legalizzazione. Il nuovo codice non implica automaticamente che l’attività sia ora pienamente riconosciuta in termini normativi: il vuoto legislativo resta. Tuttavia, la scelta di codificarla all’interno del sistema Ateco rappresenta un segnale politico ed economico. Un modo, forse, per iniziare a uscire dall’ipocrisia che ha per anni c

Tra le pieghe della burocrazia, una delle novità più significative introdotte nell’elenco Ateco 2025 riguarda una delle attività più controverse e dibattute del nostro ordinamento: la prostituzione. Per la prima volta, infatti, compare ufficialmente il codice 96.99.92, che recita testualmente: “Attività di meretricio – Servizi personali svolti da escort, accompagnatori, gigolò e simili”.
Si tratta di una svolta che, almeno sul piano tecnico-amministrativo, potrebbe cambiare radicalmente lo status giuridico ed economico del settore. Ad oggi, in Italia, l’attività sessuale a pagamento non è illegale, purché esercitata in forma autonoma e non organizzata. Sono vietati, invece, il favoreggiamento, lo sfruttamento e la gestione di case di tolleranza. Una zona grigia in cui le sex worker operano in uno stato di invisibilità fiscale e legale, senza tutele e senza possibilità di contribuire ufficialmente al sistema economico.

La dichiarazione del 730 precompilata – ANSA/ AGENZIA DELLE ENTRATE
L’introduzione del codice 96.99.92, inserito tra le “altre attività di servizi alla persona”, apre uno spiraglio verso la regolamentazione fiscale dell’attività. Questo codice consentirebbe, teoricamente, a chi esercita la prostituzione in forma autonoma di aprire una Partita IVA e operare regolarmente come contribuente, dichiarando redditi e versando contributi previdenziali.
«Ma se mi metto in regola, devo aumentare i prezzi – taglia corto una escort contattata tramite uno dei tanti siti a disposizione -. E se io aumento i prezzi, chi viene?». La conversazione dura pochissimo, «scusa, adesso ho da fare». «Adesso devo fatturare» … ah, no. In queste poche parole, si intuisce che la regolarizzazione fiscale del mestiere più antico del mondo sarà lunga e non semplice.
Il quadro giuridico
In realtà non esiste ancora una disciplina fiscale univoca per il meretricio. Alcune indicazioni si possono trarre dalla giurisprudenza e da recenti sviluppi normativi.
Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-268/99, Jany), le attività di prostituzione possono rientrare nel concetto di attività economica ai fini IVA, se svolte in maniera indipendente. Tuttavia, la Cassazione italiana ha più volte ribadito che tali attività non sono soggette a IVA, in quanto non esiste un contratto tipico, riconoscibile ai fini fiscali.
Nonostante l’assenza di IVA, la prostituzione può essere tassata ai fini IRPEF, come reddito da lavoro autonomo. L’Agenzia delle Entrate ha più volte sostenuto che chi esercita tale attività deve dichiarare i propri redditi, anche senza una partita IVA.
Quindi, questa introduzione non implica automaticamente l’apertura alla fiscalizzazione piena dell’attività, ma potrebbe rappresentare un primo passo verso la regolamentazione fiscale, inclusa la possibilità futura di applicare un regime IVA.
Un passo verso la legalizzazione?
È ancora presto per parlare di piena legalizzazione. Il nuovo codice non implica automaticamente che l’attività sia ora pienamente riconosciuta in termini normativi: il vuoto legislativo resta. Tuttavia, la scelta di codificarla all’interno del sistema Ateco rappresenta un segnale politico ed economico. Un modo, forse, per iniziare a uscire dall’ipocrisia che ha per anni circondato il tema.
Implicazioni economiche e fiscali
Secondo una stima dell’Istat del 2023, il mercato della prostituzione in Italia muove un giro d’affari che potrebbe sfiorare i 4 miliardi di euro l’anno, del tutto sommerso. Regolarizzare anche solo una parte di questo settore comporterebbe, per lo Stato, un possibile introito di centinaia di milioni di euro in tasse e contributi.
Oltre all’aspetto fiscale, c’è poi quello previdenziale e sanitario. La possibilità di versare i contributi INPS, ad esempio, aprirebbe scenari del tutto nuovi per il riconoscimento di diritti come la pensione o l’assistenza sanitaria regolare.
Reazioni e dibattito
La novità ha già acceso il dibattito tra giuristi, politici e associazioni. Alcuni vedono il codice come un primo passo verso una regolamentazione più ampia e matura del fenomeno. Altri, invece, temono che possa creare un paradosso: da un lato si permette l’attività dal punto di vista fiscale, dall’altro si mantiene la zona grigia legale che rende comunque difficile esercitare senza rischi.
Le associazioni che tutelano i diritti delle sex worker parlano di “una piccola conquista”, ma chiedono chiarezza normativa e soprattutto protezione da abusi e sfruttamento.
La comparsa del codice Ateco 96.99.92 nel 2025 rappresenta, al di là delle polemiche, una presa d’atto concreta di un’attività che da sempre esiste, ma che per troppo tempo è stata ignorata dallo Stato. Se da un lato rimangono nodi giuridici complessi da sciogliere, dall’altro si apre un possibile percorso verso l’inclusione economica e fiscale di migliaia di persone che operano nel settore.
La partita è appena iniziata, e sarà cruciale capire se questo cambiamento sarà accompagnato da una volontà politica di affrontare il tema senza pregiudizi, ma con pragmatismo e rispetto per la dignità del lavoro, qualunque esso sia. Magari anche a partire dai (numerosi) clienti.
(foto ANSA)
L'articolo “Se pago le tasse, devo aumentare i prezzi” proviene da Business24tv.it.