Scarti alimentari a Montecitorio, Ultima Generazione: “Oggi vogliamo parlare di cibo e inflazione. E aiutare le persone, adesso”

Questa mattina l'azione alla Camera. La nuova campagna si chiama “Il giusto prezzo”. Juhasz, attivista: "Ci rivolgiamo a chi fa fatica ad arrivare a fine mese" L'articolo Scarti alimentari a Montecitorio, Ultima Generazione: “Oggi vogliamo parlare di cibo e inflazione. E aiutare le persone, adesso” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Feb 19, 2025 - 15:37
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Scarti alimentari a Montecitorio, Ultima Generazione: “Oggi vogliamo parlare di cibo e inflazione. E aiutare le persone, adesso”

“Siamo stati spesso accusati di non essere capaci di parlare alle persone, di non saper rompere la bolla dei soli ecologisti giovani e idealisti. Con questa campagna stiamo cercando di rompere questa bolla, appunto, per parlare con più persone possibili fuori dal nostro circuito”. Tommaso Juhasz, attivista, tra i portavoce di Ultima Generazione, operaio agricolo di Perugia, spiega così il senso dell’azione svoltasi a Roma stamattina, quado 7 attivisti hanno sparso lungo la scalinata di Montecitorio sacchetti pieni di cibo scartato dai supermercati, per poi sedersi con i sacchetti in testa a simulare la strozzatura del sistema. Al tempo stesso, Tommaso Juhasz racconta il legame tra l’azione e l’esordio della nuova campagna “Il giusto prezzo”. Che ha temi nuovi, il cibo, l’inflazione, le speculazioni sui prezzi, e un registro nuovo: parlare dell’oggi e non solo del futuro.

Perché la campagna si chiama “Il giusto prezzo”?
E’ un’espressione che si rivolge a tutte le persone che già oggi fanno fatica ad arrivare a fine mese, sia da chi si trova sul lato dei consumatori che dei produttori. Oggi in Italia una persona su dieci non sa se potrà mettere in fila tra pasti, o se si potrà curare se gli si caria un dente. Quindi, ecco, parliamo di oggi, non di domani, di quando certamente saremo nel disastro. Perché il disastro è già ora ed è un problema enorme a cui nessuno risponde.

Il vostro nuovo focus è l’inflazione.
Sì. Perché da un lato cresce in maniera assurda ed estrema, prodotti come caffè, cioccolato, e tantissimi altri aumentano, anche per la crisi climatica. Gli eventi estremi colpiscono la quantità totale di output di cibo che possiamo produrre, basti pensare a come un alluvione distrugge i campi. E poi c’è la questione di chi lavora e produce e si trova strozzato da una grande distribuzione che non riconoscono in nessun modo il valore di ciò che viene fatto. È un circolo vizioso in cui si perde la qualità del cibo di chi lo consuma e la qualità della vita per chi la produce, mentre ci guadagnano i grandi cartelli della distribuzione organizzata che fanno i prezzi alla vendita e all’acquisto, strozzando il paese.

Anche la mancanza di rinnovabili produce un aumento dei prezzi?
Senz’altro, le poche rinnovabili fanno parte del quadro, come sempre noi ci rivolgiamo alla politica nella sua totale incapacità di conoscere la situazione e di agire in maniera positiva per la popolazione. È sempre una questione di democrazia, tutte le battaglie che abbiamo portato avanti negli ultimi tre anni hanno la democrazia come cuore pulsante del problema. Oggi serve organizzarsi per affrontare la crisi climatica rispetto alla produzione di cibo, è chiaro che dovremo rivedere la maniera in cui la produciamo: gli allevamenti intensivi ovviamente, ma anche l’agricoltura intensiva e la monocoltura. Un solo esempio, le colline del prosecco, una follia, un attacco alla biodiversità del territorio. C’è una cecità assoluta rispetto alla situazione in cui siamo. Per questo abbiamo mandato in questi giorni una lettera a tutti i parlamentari.

Quali sono le vostre richieste?
La prima è la questione dei raccolti: tra alluvioni e siccità dobbiamo prendere atto del problema, chiediamo che si cominci a ragionare su un sistema agricolo che riduca il proprio impatto climatico e che sia capace di tutelarsi. Serve proteggere i raccolti tramite una transizione verso un sistema agricolo resiliente e sostenibile economicamente ed ecologicamente. La seconda richiesta è quella di ragionare su come aggiustare i prezzi. Le istituzioni devono prendere misure concrete per garantire un prezzo giusto sia a chi vende sia a chi compra cibo.

E la terza?
Se i danni a cui stiamo assistendo sono stati causati da persone che si sono arricchite a discapito di tutte le altre – dalla finanza alla grande distribuzione ai top manager delle multinazionali del cibo e dell’industria fossile – chiediamo che siano loro a pagare. Purtroppo ormai non si parla più di green, ma solo di guerra, la crisi climatica non “clicca” più nella testa della gente, non riesce a conquistarsi uno spazio politico per trasformare il paese. Come Ultima Generazione vogliamo dire che non esiste un domani per chi ha fame oggi. E per questo, attraverso la nuova campagna, dobbiamo provare a dare risposte subito.

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