Fidelio e “David Costa Wallace”: quando l’informazione diventa specchio del pensiero

Fidelio è un progetto musicale creato da Andrea Aniello e Valerio Martino. Il duo torna con “David Costa Wallace”, un brano che esplora il sottile confine tra informarsi e lasciarsi influenzare. Il titolo, un ironico richiamo a David Foster Wallace, evidenzia il parallelismo tra lo scrittore e Francesco Costa, il cui podcast “Morning” ha profondamente […] The post Fidelio e “David Costa Wallace”: quando l’informazione diventa specchio del pensiero appeared first on Indielife.it - Magazine indipendente dedicato agli artisti emergenti.

Mar 20, 2025 - 11:38
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Fidelio e “David Costa Wallace”: quando l’informazione diventa specchio del pensiero

Fidelio è un progetto musicale creato da Andrea Aniello e Valerio Martino. Il duo torna con “David Costa Wallace”, un brano che esplora il sottile confine tra informarsi e lasciarsi influenzare. Il titolo, un ironico richiamo a David Foster Wallace, evidenzia il parallelismo tra lo scrittore e Francesco Costa, il cui podcast “Morning” ha profondamente segnato il dibattito pubblico.

In questa intervista, approfondiamo il significato di “David Costa Wallace” e il percorso artistico di Fidelio.

Il tuo nuovo brano, “David Costa Wallace”, analizza l’influenza che Francesco Costa e il suo podcast Morning hanno avuto sulla quotidianità e sul pensiero dei suoi ascoltatori. Come è nata l’idea di scrivere una canzone su questo tema?

L’idea è nata da un momento di autoconsapevolezza. Ascoltavo Morning e mi sono reso conto che, senza volerlo, il mio universo informativo si stava restringendo attorno a quello che diceva Francesco Costa. Non solo: le mie opinioni si plasmavano sulle sue, che sono sempre argomentate e corrette, ma proprio per questo finivano per diventare anche le opinioni di tutti quelli che lo ascoltavano. Mi sono accorto che il dibattito intorno a me si appiattiva sugli spunti di Morning: parlavamo tutti delle stesse cose, nello stesso modo, con le stesse certezze. David Costa Wallace nasce da questa riflessione: un gioco di specchi tra informazione e assorbimento culturale, tra chi racconta il mondo e chi, ascoltandolo ogni giorno, finisce quasi per viverlo solo attraverso questo racconto.

Nel testo del brano si percepisce una sorta di dualità: da un lato l’ammirazione per il podcast, dall’altro il timore di una sua eccessiva influenza. Puoi approfondire questo aspetto?

Sì, nel brano c’è una tensione continua tra fascinazione e inquietudine. Morning è un podcast condotto benissimo, con una qualità giornalistica altissima, e proprio per questo diventa facile lasciarsi trasportare senza nemmeno accorgersene. Intorno a me notavo che sempre più persone lo ascoltavano quasi con devozione, ripetendone gli spunti senza metterli in discussione, come se Costa fosse una fonte incontestabile. Non era solo informazione, ma un rito quotidiano che dettava il ritmo del pensiero e della conversazione.

Questa dualità è il cuore del pezzo: da un lato, l’ammirazione per un prodotto che funziona perfettamente, dall’altro il timore di quanto possa modellare il nostro modo di pensare in modo quasi automatico. La canzone non è un’accusa, ma una riflessione su quanto sia sottile il confine tra informarsi e lasciarsi plasmare.

Il titolo della canzone richiama ironicamente David Foster Wallace. Qual è il legame tra il celebre scrittore e il tema trattato?

Il titolo David Costa Wallace nasce da un’ironica provocazione: sia Francesco Costa per i suoi ascoltatori, sia David Foster Wallace per una certa élite culturale, sono diventati punti di riferimento indiscutibili, figure quasi sacralizzate. Il parallelismo sta nell’aura di autorevolezza e nell’influenza totale che esercitano: le loro parole non sono semplici spunti, ma verità assunte senza troppa critica da chi li segue con devozione.

Oltre a questo, David Foster Wallace ha esplorato in profondità il rapporto tra media, informazione e il modo in cui influenzano il nostro pensiero, spesso senza che ce ne rendiamo conto. Uno dei suoi temi ricorrenti è proprio la passività con cui assorbiamo contenuti, il rischio di essere spettatori più che individui critici.

Hai menzionato che “David Costa Wallace” fa parte di un concept più ampio, “Solo i borghesi sopravvivono”. Puoi parlarci di questo progetto?

Solo i borghesi sopravvivono è un concept che racconta il viaggio dall’illusione di poter rifiutare la vita borghese fino alla sua inevitabile accettazione, ma in modo consapevole. È una riflessione su come l’individuo, pur cercando di sfuggire a certe dinamiche, finisca per adattarvisi, a volte senza nemmeno accorgersene. C’è un chiaro riferimento a Fiorirà l’aspidistra di Orwell, con la stessa tensione tra ribellione e resa, tra il desiderio di distinguersi e la necessità di trovare un equilibrio con la realtà.

David Costa Wallace si colloca praticamente all’inizio di questo percorso, essendo il secondo pezzo dell’album. Ascoltare Morning può infatti sembrare un atto di anticonformismo, un modo per informarsi in modo indipendente, lontano dalle narrazioni mainstream. Ma l’adattamento a un sistema di riferimento che diventa totalizzante può anche comportare il rischio di una fruizione passiva e acritica, di una progressiva omologazione del pensiero. Per noi questo è un segnale di come il bisogno di appartenenza e di certezze possa lentamente smussare ogni spigolo critico, aprendo la strada a quella stessa normalizzazione che si voleva evitare.

Quindi, secondo voi, il successo di Morning e il modo in cui viene seguito dai suoi ascoltatori sono un sintomo di questa evoluzione verso una borghesia inevitabile?

Direi di no, non c’è un rapporto di causa-effetto, e neppure una vera correlazione diretta tra essere fan di Morning ed evolvere verso una borghesia “inevitabile”. Come detto in precedenza, questi sono piuttosto segnali, sintomi isolati di un fenomeno più ampio che abbiamo osservato e deciso di raccontare, con ironia e autoironia. Nell’ambito di un concept che racconta un’evoluzione, o declino, verso la vita borghese, questi segnali rappresentano le prime crepe, le avvisaglie di un possibile cambiamento, che però non necessariamente porteranno a un esito definito. Non vogliamo dare risposte definitive né tracciare teorie assolute, ma semplicemente mettere in luce certe dinamiche, lasciando spazio a chi ascolta per trarre le proprie conclusioni.

Quale messaggio sperate di trasmettere con “David Costa Wallace”?

Con David Costa Wallace speriamo di stimolare una riflessione sul modo in cui consumiamo l’informazione, anche quando proviene da fonti autorevoli e competenti. Non vogliamo offrire verità assolute, ma semplicemente invitare a interrogarsi sull’effetto che una fruizione passiva e acritica può avere sulle nostre opinioni e sul nostro modo di pensare.

Cosa possiamo aspettarci dal resto del concept “Solo i borghesi sopravvivono”?

David Costa Wallace è solo l’inizio. Cosa ci aspetta nel resto del concept? Immaginate un percorso che inizia con un disprezzo totale per la borghesia, un rifiuto ostinato dell’omologazione, e che si conclude con una resa inevitabile e consapevole. Non sarà una trasformazione lineare: ogni passo sarà accompagnato da dubbi, riflessioni e improvvisi sprazzi di lucidità, che lasceranno spazio a nuove domande. E chissà, magari scopriremo che la vera sfida non è tanto fuggire da un certo tipo di vita, ma imparare a viverla senza rinunciare alla nostra identità e godendo dei suoi benefici. In ogni caso, il viaggio è appena cominciato.

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