Sabato mattina Hamas potrebbe liberare solo tre ostaggi
A ormai 48 ore dall’ultimatum lanciato ad Hamas da Donald Trump e dal governo israeliano che hanno detto a chiare lettere che «se non riportano tutti gli ostaggi entro sabato a mezzogiorno allora si scatenerà un «inferno», il gruppo jihadista sta tentando di tornare sui suoi passi. Questa mattina i jihadisti palestinesi hanno affermato «di non voler far saltare l'accordo sulla presa degli ostaggi e sul cessate il fuoco», mentre alcune fonti palestinesi segnalano «progressi negli sforzi per salvare il precario accordo». Le stesse fonti affermano che il gruppo terroristico ha detto ai mediatori che libererà gli ostaggi sabato «se Israele rispetterà il suo impegno». Ma quanti sono gli ostaggi che Hamas è disposto a liberare? Trump ha detto chiaramente: «Per quanto mi riguarda, se tutti gli ostaggi non saranno restituiti entro sabato alle 12:00, penso che sia il momento giusto: direi di annullarlo e di chiudere ogni partita, lasciando che l'inferno si scateni». Poi ha aggiunto: «Direi che dovrebbero essere restituiti entro le 12:00 di sabato. E se non vengono restituiti, tutti quanti, non a gocce e a spizzichi, non due e uno e tre e quattro e due, sabato alle 12:00. E dopo, direi che scoppierà l'inferno». Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, in una intervista ad Al Jazeera -house organ dei jihadisti palestinesi- ha affermato che Hamas è impegnata ad attuare il programma di rilascio degli ostaggi secondo gli accordi di tregua, ma che «non saranno rilasciati tutti sabato come da alcune richieste israeliane». E chi lo dice al presidente americano? Davvero qualcuno crede che si faccia dettare la linea da dei tagliagole che lui chiama «delle persone malate»? Appare alquanto improbabile. Hamas dichiara che i mediatori stanno intensificando la pressione affinché l'accordo venga pienamente attuato. Il gruppo sostiene che ciò debba includere il rispetto da parte di Israele degli impegni umanitari, oltre al rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza e dei prigionieri palestinesi in Israele, come previsto per sabato. Una fonte afferma che «una volta che i mediatori avranno confermato l'approvazione finale di Israele, allora unità prefabbricate, tende, carburante, attrezzature pesanti, medicinali, materiali per riparare gli ospedali e tutto ciò che è collegato al protocollo umanitario», potranno iniziare a entrare nella Striscia. Per il ministro della Difesa israeliano Israel Katz se Hamas non rilascerà gli ostaggi israeliani entro sabato Israele riprenderà la guerra come promesso da Trump: «La nuova guerra di Gaza sarà diversa per intensità da quella precedente al cessate il fuoco e non finirà senza la sconfitta di Hamas e il rilascio di tutti gli ostaggi», ha detto Katz. Questa nuova guerra- ha aggiunto - consentirà anche la realizzazione della visione del presidente degli Stati Uniti Trump per Gaza». Possibili attacchi alle strutture nucleari iranianeMentre sabato potrebbe ricominciare la guerra le agenzie di intelligence statunitensi hanno recentemente concluso che Israele sta valutando l'ipotesi di condurre attacchi significativi contro i siti nucleari iraniani nel corso di quest'anno. La notizia è stata riportata dal Wall Street Journal, citando funzionari informati sul dossier. Secondo il rapporto, già nei primi giorni dell’amministrazione Trump era stata formulata una valutazione simile, indicando che Israele considerava la possibilità di colpire gli impianti nucleari iraniani. I vertici militari statunitensi hanno sottolineato che un'eventuale operazione israeliana dipenderebbe in modo cruciale dal supporto americano, in particolare dalla fornitura di armi. Queste informazioni emergono all’indomani delle recenti dichiarazioni di Trump, il quale ha affermato di preferire un accordo con Teheran piuttosto che lasciare campo libero a Israele per un attacco contro le infrastrutture nucleari iraniane. Nel 2018, durante il suo primo mandato, Trump si era ritirato dall’accordo sul nucleare firmato nel 2015 tra l’Iran e le potenze mondiali, reintroducendo pesanti sanzioni nell’ambito della sua strategia di «massima pressione» su Teheran. In risposta, l’Iran ha progressivamente ridotto il rispetto degli obblighi previsti dall’intesa. Di recente Teheran ha informato l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) dell’intenzione di incrementare significativamente l’arricchimento dell’uranio fino al 60%, un ulteriore passo avanti nel suo programma nucleare. Dall'inizio del suo secondo mandato, Trump ha confermato la linea dura nei confronti dell’Iran, imponendo nuove sanzioni finanziarie contro individui ed entità coinvolti nella vendita di petrolio iraniano alla Cina. Nel frattempo, la Guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, ha avvertito il governo di evitare colloqui con Washington, definendo tale iniziativa «sconsiderata».


A ormai 48 ore dall’ultimatum lanciato ad Hamas da Donald Trump e dal governo israeliano che hanno detto a chiare lettere che «se non riportano tutti gli ostaggi entro sabato a mezzogiorno allora si scatenerà un «inferno», il gruppo jihadista sta tentando di tornare sui suoi passi. Questa mattina i jihadisti palestinesi hanno affermato «di non voler far saltare l'accordo sulla presa degli ostaggi e sul cessate il fuoco», mentre alcune fonti palestinesi segnalano «progressi negli sforzi per salvare il precario accordo». Le stesse fonti affermano che il gruppo terroristico ha detto ai mediatori che libererà gli ostaggi sabato «se Israele rispetterà il suo impegno». Ma quanti sono gli ostaggi che Hamas è disposto a liberare? Trump ha detto chiaramente: «Per quanto mi riguarda, se tutti gli ostaggi non saranno restituiti entro sabato alle 12:00, penso che sia il momento giusto: direi di annullarlo e di chiudere ogni partita, lasciando che l'inferno si scateni». Poi ha aggiunto: «Direi che dovrebbero essere restituiti entro le 12:00 di sabato. E se non vengono restituiti, tutti quanti, non a gocce e a spizzichi, non due e uno e tre e quattro e due, sabato alle 12:00. E dopo, direi che scoppierà l'inferno». Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, in una intervista ad Al Jazeera -house organ dei jihadisti palestinesi- ha affermato che Hamas è impegnata ad attuare il programma di rilascio degli ostaggi secondo gli accordi di tregua, ma che «non saranno rilasciati tutti sabato come da alcune richieste israeliane». E chi lo dice al presidente americano? Davvero qualcuno crede che si faccia dettare la linea da dei tagliagole che lui chiama «delle persone malate»? Appare alquanto improbabile.
Hamas dichiara che i mediatori stanno intensificando la pressione affinché l'accordo venga pienamente attuato. Il gruppo sostiene che ciò debba includere il rispetto da parte di Israele degli impegni umanitari, oltre al rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza e dei prigionieri palestinesi in Israele, come previsto per sabato. Una fonte afferma che «una volta che i mediatori avranno confermato l'approvazione finale di Israele, allora unità prefabbricate, tende, carburante, attrezzature pesanti, medicinali, materiali per riparare gli ospedali e tutto ciò che è collegato al protocollo umanitario», potranno iniziare a entrare nella Striscia. Per il ministro della Difesa israeliano Israel Katz se Hamas non rilascerà gli ostaggi israeliani entro sabato Israele riprenderà la guerra come promesso da Trump: «La nuova guerra di Gaza sarà diversa per intensità da quella precedente al cessate il fuoco e non finirà senza la sconfitta di Hamas e il rilascio di tutti gli ostaggi», ha detto Katz. Questa nuova guerra- ha aggiunto - consentirà anche la realizzazione della visione del presidente degli Stati Uniti Trump per Gaza».
Possibili attacchi alle strutture nucleari iraniane
Mentre sabato potrebbe ricominciare la guerra le agenzie di intelligence statunitensi hanno recentemente concluso che Israele sta valutando l'ipotesi di condurre attacchi significativi contro i siti nucleari iraniani nel corso di quest'anno. La notizia è stata riportata dal Wall Street Journal, citando funzionari informati sul dossier. Secondo il rapporto, già nei primi giorni dell’amministrazione Trump era stata formulata una valutazione simile, indicando che Israele considerava la possibilità di colpire gli impianti nucleari iraniani. I vertici militari statunitensi hanno sottolineato che un'eventuale operazione israeliana dipenderebbe in modo cruciale dal supporto americano, in particolare dalla fornitura di armi. Queste informazioni emergono all’indomani delle recenti dichiarazioni di Trump, il quale ha affermato di preferire un accordo con Teheran piuttosto che lasciare campo libero a Israele per un attacco contro le infrastrutture nucleari iraniane. Nel 2018, durante il suo primo mandato, Trump si era ritirato dall’accordo sul nucleare firmato nel 2015 tra l’Iran e le potenze mondiali, reintroducendo pesanti sanzioni nell’ambito della sua strategia di «massima pressione» su Teheran. In risposta, l’Iran ha progressivamente ridotto il rispetto degli obblighi previsti dall’intesa. Di recente Teheran ha informato l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) dell’intenzione di incrementare significativamente l’arricchimento dell’uranio fino al 60%, un ulteriore passo avanti nel suo programma nucleare. Dall'inizio del suo secondo mandato, Trump ha confermato la linea dura nei confronti dell’Iran, imponendo nuove sanzioni finanziarie contro individui ed entità coinvolti nella vendita di petrolio iraniano alla Cina. Nel frattempo, la Guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, ha avvertito il governo di evitare colloqui con Washington, definendo tale iniziativa «sconsiderata».