Rubio: “Vaticano possibile sede dei colloqui di pace”. Zelensky e Vance a Roma per Papa Leone XIV
Papa Leone XIV ha promesso che farà personalmente “ogni sforzo” per contribuire a porre fine alla guerra. E ora il Vaticano torna al centro della questione ucraina, perché potrebbe essere una sede per i colloqui di pace. Il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, prima di incontrare il cardinale Matteo Zuppi, inviato del Vaticano per […] L'articolo Rubio: “Vaticano possibile sede dei colloqui di pace”. Zelensky e Vance a Roma per Papa Leone XIV proviene da Il Fatto Quotidiano.

Papa Leone XIV ha promesso che farà personalmente “ogni sforzo” per contribuire a porre fine alla guerra. E ora il Vaticano torna al centro della questione ucraina, perché potrebbe essere una sede per i colloqui di pace. Il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, prima di incontrare il cardinale Matteo Zuppi, inviato del Vaticano per l’Ucraina, ha infatti accolto la proposta avanzata da tempo dalla Santa Sede e ha detto che discuterà dei possibili modi in cui la Santa Sede potrebbe aiutare, nonché “dello stato dei colloqui, degli aggiornamenti dopo ieri” e “della strada da seguire”. Alla domanda se il Vaticano potrebbe fungere da mediatore di pace, Rubio ha risposto: “Non lo chiamerei mediatore“, ma “penso che sia un luogo in cui entrambe le parti si sentirebbero a proprio agio”. “Quindi parleremo di tutto questo e ovviamente saremo sempre grati al Vaticano per la sua disponibilità a svolgere questo ruolo costruttivo e positivo”, ha detto ancora Rubio.
Durante il loro incontro all’ambasciata degli Stati Uniti a Roma, Rubio ha inoltre ringraziato Zuppi per il ruolo umanitario del Vaticano, citando in particolare lo scambio di prigionieri e il ritorno dei bambini ucraini. “Siamo grati per i loro sforzi di lunga data, non solo per cercare di mediare la pace, ma anche per lo scambio di prigionieri”, ha dichiarato il capo della diplomazia Usa riferendosi al Vaticano, “ci sono bambini che sono stati portati via dalle loro case e che gli ucraini vorrebbero vedere tornare a casa, e la Santa Sede è stata molto coinvolta in questo senso”. La portavoce del dipartimento di Stato, Tammy Bruce, ha fatto sapere che Rubio “ha sottolineato l’importanza di una collaborazione continua sotto la nuova guida di Papa Leone XIV”.
Zelensky già a Roma – Intanto c’è grande attesa per la messa di inizio pontificato di Leone XIV in Piazza San Pietro il 18 maggio, a cui parteciperanno – come accaduto per i funerali di Papa Francesco – oltre 150 delegazioni ufficiali costellate di capi di Stato e di governo, sovrani regnanti e principi ereditari. Ci sarà anche Volodymyr Zelensky, che è già arrivato a Roma. E come in quell’occasione l’immagine che fece il giro del mondo fu il faccia a faccia nella Basilica vaticana di Donald Trump, anche stavolta Oltretevere si coltiva la speranza che eventuali incontri fra capi-delegazione possano servire a far fare passi avanti alla pace. E c’è tutta l’intenzione di facilitarli.
La contemporanea presenza, domani, del vice presidente J.D. Vance a capo della rappresentanza Usa e di Zelensky offre la possibilità, non solo di un “secondo round” dell’iconico colloquio col presidente americano del 26 aprile nello scenario di San Pietro, ma anche di un’integrazione e sviluppo del deludente vertice in Turchia, disertato da Vladimir Putin e che lo stesso segretario di Stato vaticano Pietro Parolin ha definito dall’esito “tragico”. In sostanza un’occasione persa. Sempre Parolin, per quanto riguarda l’Ucraina, non ha mancato in questi giorni di ribadire la volontà di “mettere a disposizione il Vaticano” per incontri diretti tra le parti, o comunque per momenti facilitatori di negoziati.
Domani potrebbe esserci l’occasione, con una diplomazia vaticana sempre pronta a fare la sua parte. D’altronde, tra i presupposti espressi da Papa Leone in questo suo avvio di pontificato, spiccano quelli della pace, del dialogo, del “costruire ponti”. “Farò ogni sforzo per la pace. Dialoghiamo, negoziamo: la guerra non è mai inevitabile”, ha detto due giorni fa incontrando in Sala Nervi i rappresentanti delle Chiese orientali. Il Vaticano, vista domani l’assenza di Trump, non ha nascosto che si stesse lavorando a un faccia a faccia tra il Pontefice e il vice presidente cattolico J.D. Vance. Riguardo a Zelensky, anche da Kiev si è per ora più abbottonati su eventuali preparativi. Ma il presidente ucraino, a margine della messa, sarebbe disponibile incontrare “ogni altro leader mondiale” presente per tenere “colloqui”, ha riferito il capo dell’ufficio presidenziale Andriy Yermak. Le condizioni per discutere, dunque ci sono, per quanto a rappresentare la Russia, come già avvenuto per i funerali di Francesco, ci sia solo la ministra della Cultura Olga Liubimova.
Alla grande messa inaugurale di domani sono attesi 250 mila fedeli. La delegazione italiana vedrà nella prima fila il presidente Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni. Accanto siederanno le delegazioni peruviana e statunitense, le due nazioni di cui Robert Francis Prevost ha la cittadinanza.
Le iniziative diplomatiche della Santa Sede – Il Vaticano ha una tradizione di neutralità diplomatica e da tempo offre le proprie sedi per cercare di facilitare i colloqui. Papa Francesco, che occasionalmente ha irritato sia Kiev che Mosca per le sue dichiarazioni, aveva affidato a Zuppi il mandato di cercare vie di pace. Leone XIV, che l’8 maggio è stato eletto primo papa Usa della storia, nella sua prima benedizione domenicale da Pontefice ha raccolto l’appello di Francesco per la pace in Ucraina e ha esortato tutte le parti a fare tutto il possibile per raggiungere “una pace autentica, giusta e duratura”. Come vescovo in Perù aveva definito la guerra della Russia una “invasione imperialista” e questa settimana ha promesso personalmente che farà “ogni sforzo affinché questa pace possa prevalere”. Il Vaticano ha ottenuto quello che è forse il suo più grande successo diplomatico del pontificato di Francesco quando ha facilitato i colloqui tra Stati Uniti e Cuba nel 2014, che hanno portato alla ripresa delle relazioni diplomatiche.
La Santa Sede ha anche ospitato spesso iniziative diplomatiche molto meno segrete, come quando ha riunito i leader rivali del Sud Sudan nel 2019. L’incontro è stato reso famoso dall’immagine di Francesco che si chinava per baciare i piedi dei due leader per implorarli di arrivare alla pace. Forse l’iniziativa diplomatica più importante della Santa Sede è stata quella intrapresa durante il culmine della crisi dei missili di Cuba quando, nell’autunno del 1962, il premier sovietico Nikita Khrushchev ordinò il dispiegamento segreto di missili nucleari a Cuba, che furono presto individuati dagli aerei spia Usa: mentre l’amministrazione Kennedy valutava la risposta da dare, con la minaccia di una guerra nucleare incombente, papa Giovanni XXIII implorò la pace in un discorso radiofonico pubblico, in un discorso agli ambasciatori in Vaticano, e scrisse anche privatamente a Kennedy e Krusciov, facendo appello al loro amore per la loro gente affinché desistessero. Molti storici hanno attribuito agli appelli di Giovanni XXIII il merito di aver aiutato entrambe le parti a fare un passo indietro dal baratro della guerra nucleare.
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