Rotta verso il Net Zero: serve un mix di carburanti e ingegneria
IL MONDO DEL TRASPORTO MARITTIMO si trova davanti a una delle sfide più complesse e affascinanti della sua storia: decarbonizzarsi...

IL MONDO DEL TRASPORTO MARITTIMO si trova davanti a una delle sfide più complesse e affascinanti della sua storia: decarbonizzarsi entro il 2050. Non si tratta solo di rispettare un target ambientale, ma di ripensare profondamente il comparto. Una trasformazione di sistema che impatta non solo l’ambiente, ma anche l’economia e l’industria in senso più ampio. In questo scenario di cambiamento, Eni, Fincantieri e Rina hanno unito le forze, con il supporto di Bain & Company Italia, per elaborare un’analisi sul comparto, dal titolo "Outlook sul trasporto marittimo sostenibile": uno studio che ambisce a diventare punto di riferimento globale per armatori, istituzioni, investitori e stakeholder industriali.
Lo studio è frutto della sinergia tra eccellenze italiane che operano a livello internazionale, accomunate da una visione industriale orientata al futuro e da un impegno concreto nella transizione energetica. La presentazione dello studio, avvenuta di recente a Roma alla presenza del ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, è stata anche l’occasione per lanciare la sfida di un osservatorio permanente sulla decarbonizzazione marittima. L’obiettivo consiste nel costruire un percorso credibile, realistico e scalabile verso la neutralità carbonica, riducendo i rischi per gli investitori e fornendo certezze tecnologiche ed economiche agli operatori. Il dato di partenza è che il settore marittimo è responsabile del 3% delle emissioni globali di Co2. Un contributo apparentemente contenuto, ma tale da imporre una riflessione urgente e strutturale, anche alla luce dei nuovi impegni internazionali assunti in sede Imo e Cop. Nonostante la sua rilevanza, questo comparto è ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili, che costituiscono oggi il 93% del mix energetico. Di fronte a un contesto normativo sempre più stringente e alla crescente pressione dei mercati e della società civile, la transizione appare obbligata.
Ma come si può realizzare concretamente? Lo studio offre una risposta articolata, avvalendosi di un approccio olistico e multi-scenario e analizza le potenzialità di ogni carburante alternativo secondo sette parametri chiave: riduzione delle emissioni, densità energetica, sicurezza, disponibilità infrastrutturale, costi di ciclo vita, maturità tecnologica e compatibilità con l’uso marittimo. Un esercizio complesso, ma tale da restituire una fotografia chiara, basata su dati oggettivi, e capace di guidare le decisioni strategiche dei prossimi vent’anni. Nessuna soluzione unica, ma un mix dinamico e adattabile, capace di evolvere nel tempo e rispondere a esigenze diverse in base a rotte, tipi di nave, disponibilità di risorse e vincoli regolatori. Nel breve termine, entro il 2030, le tecnologie più promettenti sono i biocarburanti di seconda generazione, come l’Hvo e il Gnl, anche in versione bio. Entrambi sono già disponibili e compatibili con buona parte della flotta esistente, offrendo una riduzione immediata delle emissioni senza stravolgere le infrastrutture portuali. Una soluzione ponte, che può accompagnare il settore verso scenari più ambiziosi.
Il vero cambio di paradigma arriverà però nel medio-lungo termine. A partire dal 2040, si affiancheranno a biocarburanti e Gnl anche i carburanti sintetici, prodotti da idrogeno verde, quali ammoniaca, metanolo e idrogeno rinnovabile. Queste tecnologie, oggi ancora in fase pre-commerciale, potrebbero rappresentare la chiave per raggiungere il Net Zero. Su questo tema, va ricordato anche il recente annuncio di Fincantieri sulla costruzione della prima nave da crociera al mondo alimentata a idrogeno stoccato a bordo. Ma il loro successo dipenderà da un fattore decisivo: la disponibilità di infrastrutture portuali adeguate. Non basterà sviluppare il combustibile: occorrerà renderlo accessibile, sicuro e competitivo su larga scala. Secondo le stime presentate da Bain & Company, saranno necessari almeno 24 miliardi di dollari di investimenti nei porti europei entro il 2050, di cui l’80% solo per abilitare il bunkeraggio di combustibili sintetici. Un’opportunità colossale per l’intera filiera italiana, ma anche una sfida senza precedenti, un’occasione che l’Italia non può permettersi di perdere. Il nostro Paese, con i suoi porti strategici, l’ingegneria di eccellenza e una cantieristica navale che non ha eguali al mondo nel segmento crocieristico, ha tutte le carte in regola per assumere un ruolo da protagonista. Per farlo, però, deve attivare una trasformazione di sistema che coinvolga ogni anello della catena del valore.
I porti devono diventare "hub multifuel" (letteralmente, ‘in grado di utilizzare diversi tipi di combustibile’), flessibili e connessi. I fornitori di carburanti devono garantire volumi e stabilità. Gli armatori devono investire in tecnologie multifuel. I cantieri navali devono continuare a progettare navi compatibili con diverse opzioni energetiche. Gli enti di certificazione devono supportare questa transizione con norme chiare e strumenti operativi; le istituzioni, dal canto loro, devono rafforzare un quadro regolatorio e finanziario favorevole, capace di attrarre capitali e semplificare le procedure. Solo con un’azione coordinata, trasversale e lungimirante sarà possibile affrontare con successo la complessità del cambiamento in atto. Il messaggio finale è semplice, ma potente: la transizione è già iniziata e la velocità con cui sarà affrontata determinerà chi sarà leader domani.