Riuscirà la responsabilità estesa del produttore a rendere il settore tessile davvero sostenibile?
Il conto alla rovescia è cominciato. Il prossimo 5 maggio si chiuderà la consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale dedicato alla responsabilità estesa del produttore (EPR) per il settore tessile. Una sigla che presto diventerà familiare a chiunque operi – o acquisti – nel mondo della moda. Il principio è semplice: chi immette un prodotto sul...

Il conto alla rovescia è cominciato. Il prossimo 5 maggio si chiuderà la consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale dedicato alla responsabilità estesa del produttore (EPR) per il settore tessile. Una sigla che presto diventerà familiare a chiunque operi – o acquisti – nel mondo della moda. Il principio è semplice: chi immette un prodotto sul mercato dovrà farsi carico anche del suo fine vita, in un’ottica di economia circolare. Ma tra la teoria e la pratica, il salto è ancora lungo.
Il tessile è uno dei settori industriali più impattanti in termini ambientali. In Europa, ogni anno, si producono 5,8 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, ma meno del 25% viene raccolto in modo differenziato. In Italia, con l’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta separata per i rifiuti tessili dal gennaio 2022, qualcosa si è mosso. Ora però serve un cambio di passo deciso.
Erion Textiles, consorzio nato per dare supporto alle imprese del settore, è pronto a fare la sua parte. Il presidente Raffaele Guzzon ha spiegato a GreenMe.
Il prossimo 5 maggio si chiuderà la consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale riguardante la responsabilità estesa del produttore. Una misura che riuscirà a creare una filiera sostenibile del tessile solo se sarà in grado di garantire un ruolo centrale ai Consorzi di Produttori, in un contesto normativo coerente con la norma in fase di approvazione a Bruxelles.
Serve insomma chiarezza normativa, ma anche concretezza operativa.
È necessario definire ruoli chiari, responsabilità finanziarie e, soprattutto, operative per quanto riguarda il modello di funzionamento dei Consorzi, che devono occuparsi attivamente della raccolta, valorizzando le attività già messe in atto dai retailer negli anni passati. Queste sono le premesse necessarie per una filiera davvero efficiente, duratura e circolare, ha continuato Guzzon.
A oggi, molte catene hanno introdotto contenitori per la raccolta nei negozi, ma mancano ancora standard comuni, infrastrutture per la cernita e impianti per il riciclo avanzato.
Il decreto in consultazione affronta temi molto importanti: modalità di gestione delle raccolte comunali, ritiro uno contro uno nei punti vendita, introduzione dell’eco-contributo, fissazione di un target iniziale di raccolta al 15%. Ma per essere efficace, l’EPR dovrà andare oltre la burocrazia.
Silvia Mazzanti, sustainability manager di Save The Duck – uno dei brand fondatori di Erion Textiles – sottolinea il nodo culturale.
L’EPR potrà rappresentare un passaggio fondamentale verso una concreta riduzione degli impatti della nostra filiera. Perché non sia solo una nuova tassa, ma una vera opportunità di cambiamento è necessaria fin da ora una sinergia forte tra le esigenze dei produttori che immettono il prodotto sul mercato, le istituzioni e gli operatori specializzati. È essenziale un allineamento normativo in tutta la Comunità Europea e la creazione di infrastrutture in grado di assorbire quantitativi crescenti di merce. Non da ultimo dobbiamo far crescere una cultura della responsabilità che coinvolga tutti gli attori, fino al cliente finale.
In questo contesto, il ruolo dei consorzi come Erion Textiles diventa centrale non solo per la gestione logistica dei rifiuti, ma anche per la formazione, la sensibilizzazione e l’innovazione. Il consorzio, che ora conta tra i suoi membri anche Decathlon, H&M, KIABI e OVS, oltre ai già presenti Save The Duck, Miroglio Fashion, Amazon e altri, sta partecipando a progetti europei per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclo e materiali.
Sono in campo fondi importanti: la partnership europea Textiles ETP prevede investimenti per 60 milioni di euro (metà pubblici, metà privati) per progetti di ricerca da avviare nel triennio 2025-2027.
Il punto, però, resta politico e sistemico. Il rischio è che l’EPR diventi una formalità in più da gestire. Ma se davvero si vuole trasformare l’industria tessile in un’eccellenza sostenibile, è ora di fare sistema: produttori, istituzioni, consumatori. In gioco non c’è solo il futuro del tessile, ma un nuovo modo di produrre e consumare. E questa, davvero, non è una moda passeggera.
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