Riarmo, De Romanis: “Non è una scelta tra bombe e sanità. Soldi da spending review”
L’economista: l’aumento delle spese militari è un’esigenza, ma sarebbe sbagliato tagliare quella sociale

Roma, 8 marzo 2025 – Ottocento miliardi per la difesa europea. Scusi, ma dove prenderemo questa montagna di denaro?
“Occorre, prima di tutto, raccontare la verità ai cittadini – risponde Veronica De Romanis, docente di Economia europea alla Luiss di Roma –. Spiegare che la scelta non è fra il cannone e l’ospedale, fra la difesa e i servizi sociali. Chi lo dice inganna i cittadini trattandoli da bambini. In un mondo che è cambiato occorre finanziare entrambe le cose”.
D’accordo. Ma dove si trovano i soldi?
“L’Unione a 27 presenta economie molto diverse. Alcune hanno uno spazio fiscale e possono fare altro debito perché hanno risparmiato, come la Germania. Altre, invece, hanno margini ridotti. È il caso, giusto per essere chiari, dell’Italia”.
Quindi, siamo condannati?
“L’Italia sconta una pesante eredità, solo con il governo Monti ha vissuto una stagione di austerità. Dopo non c’è mai stata. Ora tocca a questo governo adottare politiche restrittive. E, in parte, le sta realizzando. Dal 2023 al 2024 siamo passati da un disavanzo primario del 3,6% ad un avanzo dello 0,4% . Il taglio è di oltre 80 miliardi”.
Ma come possiamo finanziare la difesa senza tagliare i servizi?
“La nostra spesa pubblica ha raggiunto i 1.100 miliardi di euro. Se fosse tutta utile e produttiva non avremmo una crescita così lenta. E forse, sarebbe il caso di prendersi la responsabilità per aver sperperato oltre 160 miliardi dei cittadini con il bonus del 110%, una misura chiaramente regressiva, che ha favorito le classi più abbienti. Occorre fare una vera spending review”.
Ci hanno tentato un po’ tutti i governi...
“Si, ma ora siamo in un mondo nuovo, dove non si può rimanere fermi. Bisogna che la politica trovi il coraggio per fare le scelte che servono. La spending review è soprattutto una riforma “politica”. Per troppi anni abbiamo affidato il ministero dell’Economia a tecnici che si sono impegnati a fare una lista dei possibili tagli puntualmente riposta nei cassetti. Ora al Mef c’è un ministro politico, che ha il potere e la responsabilità di scegliere a chi dare e a chi togliere. Non si può continuare a dare tutti a tutti senza spiegare i costi, a raccontare che ci sono pasti gratis”.
Una risposta può arrivare dalle cosiddette “tax expenditures”?
“Ha fatto sicuramente bene a fissare delle soglie di reddito e di quoziente familiare per questi sconti fiscali. Ma non basta. Occorre avere il coraggio di tagliare. Ripeto: spending review significa, oggi, portare avanti un’azione politica di selezione e cambiamento strutturale della spesa pubblica. Sarebbe, tra l’altro, un’operazione molto importante perché renderebbe più trasparente il nostro bilancio con effetti positivi anche sui mercati”.
E i fondi di coesione?
“È un falso problema. E creare confusione non aiuta in una fase delicata come quella attuale. Come sappiamo, degli 800 miliardi del piano ReArm Ue, 650 saranno finanziati ricorrendo a nuovo debito, che sarà però escluso dal patto di stabilità. Gli altri 150 saranno inclusi in uno strumento simile al “Sure”, servito durante il Covid per finanziare la cassa integrazione. Sono soldi che dovremo restituire anche se, nel secondo caso, pagheremo meno interessi perché garantiti dagli Stati Europei. Quanto ai Fondi di coesione, non c’è alcuna obbligatorietà. Spetterà ai singoli Stati decidere”.