Putin e Xi rinnovano il legame Russia-Cina “contro egemonismo e bullismo”: l’aggressività di Trump li ha uniti
Per salvare l’ordine internazionale, non per sovvertirlo. È il messaggio che è risuonato nella Piazza Rossa, dove venerdì gli eserciti di Cina e Russia hanno sfilato insieme sotto lo sguardo compiaciuto di Vladimir Putin e Xi Jinping. L’occasione è l’80esimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista a cui il presidente cinese ha partecipato in […] L'articolo Putin e Xi rinnovano il legame Russia-Cina “contro egemonismo e bullismo”: l’aggressività di Trump li ha uniti proviene da Il Fatto Quotidiano.

Per salvare l’ordine internazionale, non per sovvertirlo. È il messaggio che è risuonato nella Piazza Rossa, dove venerdì gli eserciti di Cina e Russia hanno sfilato insieme sotto lo sguardo compiaciuto di Vladimir Putin e Xi Jinping. L’occasione è l’80esimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista a cui il presidente cinese ha partecipato in qualità di ospite d’onore. Ma è con in mente il presente, non il passato, che i due leader chiedono “verità e giustizia”. “La seconda guerra mondiale è stata una catastrofe senza precedenti nella storia dell’umanità”, recita il comunicato rilasciato dopo tre ore di colloqui bilaterali a porte chiuse.
Oggi, come ieri, Pechino e Mosca tornano a combattere insieme “l’egemonismo” e il “bullismo”. Oggi come ieri la guerra in Europa lambisce l’Asia. Il nemico di oggi però non è quello di ieri. Putin e Xi non si limitano più alle allusioni, fanno i nomi: sono “gli Stati Uniti e i loro alleati che promuovono l’espansione della Nato verso est e nell’area Asia-Pacifico“, secondo la strategia del “doppio contenimento”. Sono gli Stati Uniti che – con Donald Trump più che mai – rinnegano gli impegni storici e cercano di sabotare l’ordine globale ripudiando il multilateralismo e abbandonando le organizzazioni internazionali istituite alla fine del secondo conflitto mondiale.
L’obiettivo dell’invettiva è esplicito: presentarsi al mondo come “Paesi responsabili” a tutela della “giustizia internazionale”. “Non solo degli interessi e dei diritti dei nostri Stati”, bensì “di tutti i Paesi in via di sviluppo per formare un mondo multipolare equo ed equilibrato e una globalizzazione economica inclusiva e accessibile”. Missione che i due leader perseguiranno continuando a sostenere la centralità delle Nazioni Unite, ma anche rafforzando la cooperazione attraverso “nuove” piattaforme a guida sino-russa, quali i Brics e la Shanghai Cooperation Organization (SCO)”, la cosiddetta “Nato asiatica”.
Pechino e Mosca parlano al Sud globale, ma non solo. All’Occidente che osserva da lontano dimostrano come la mediazione di Trump in Ucraina non riuscirà ad allontanarle. L’esatto contrario. Le relazioni bilaterali sono “più calme, fiduciose, stabili e resilienti”, ha affermato Xi parlando al Cremlino. È innegabile che sia così.
Come spiega al Ilfattoquotidiano.it Björn Alexander Düben, esperto di relazioni sino-russe e sicurezza internazionale presso il Forward College di Berlino, l’allineamento è guidato da una varietà di fattori: “L’amicizia personale tra Xi e Putin gioca un ruolo importante, così come la complementarietà delle economie cinese e russa, la prima industriale complessa, la seconda basata sulle risorse”. Nel 2024 l’interscambio ha raggiunto la cifra record di 245 miliardi di dollari, il 66% in più rispetto al 2021, l’anno prima della guerra. Xi e Putin vogliono ampliare le sinergie con lo sviluppo di altri 90 progetti per da circa 200 miliardi di dollari nei settori spaziale, energetico, della produzione industriale, dei trasporti, della logistica, l’agricoltura e l’estrazione mineraria. E non è solo questione di importi e volumi. “Quasi tutte le transazioni commerciali russo-cinesi vengono ora effettuate in rubli e yuan”, ha dichiarato il capo del Cremlino. Un affondo contro il dollaro, ribadito nel comunicato congiunto con la condanna delle “sanzioni unilaterali” spesso imposte dall’Occidente senza l’approvazione dell’Onu.
Secondo Düben, “è proprio la rivalità con gli Stati Uniti e i suoi alleati il motore principale della cooperazione tra Pechino e Mosca”. Per quanto il tempismo sia casuale, il viaggio a Mosca permette ora a Xi di avviare colloqui commerciali con Washington da una posizione di forza. “Gli Stati Uniti e i loro alleati vengono percepiti in entrambi i Paesi come una minaccia per gli interessi geopolitici, geostrategici e di sicurezza nazionale”, spiega l’esperto. Concetto esplicitato dai due leader con la condanna dei piani americani per il dispiegamento dello scudo missilistico Golden Dome sopra gli Stati Uniti, nonché dei sistemi di intercettamento a medio raggio nell’Asia-Pacifico.
“Senza la pressione statunitense, il partenariato bilaterale non sarebbe certamente diventato così forte come lo è oggi”, afferma Düben, ricordando i limiti storici della “amicizia senza limiti” tra Xi e Putin: Mosca osserva con disagio la Cina avanzare nella regione artica e nel Caucaso meridionale, tradizionali sfere d’influenza russa. Al contempo, “l’avventurismo militare russo viene percepito con fastidio dalla Cina” che ambisce a diventare un modello di equità internazionale. Ma “Xi apprezza il fatto che la Russia tenga occupato militarmente l’Occidente, distraendolo da quanto sta avvenendo o avverrà nell’Asia orientale”.
Sebbene Pechino abbia interesse a mantenere un rapporto di collaborazione con l’Occidente (soprattutto in termini economici), “alcuni segnali suggeriscono che ritenga inevitabile un eventuale conflitto con Washington nello Stretto di Taiwan o nel Mar Cinese Meridionale – afferma Düben – Quando arriverà il momento, vorrà avere la Russia al suo fianco”. E Putin sarà tenuto a ricambiare il favore. Dall’inizio della guerra in Ucraina, la Repubblica Popolare – ufficialmente – non ha mai fornito armi a Mosca, ma ha continuato a permettere la spedizione di prodotti dual use. Non solo. “Secondo informazioni di intelligence, ufficiali cinesi si sono uniti alle forze russe in prima linea per apprendere insegnamenti tattici dalla guerra in Ucraina. Per l’esercito cinese che non combatte sul campo dal 1979, questo tipo di insegnamenti tattici potrebbe essere inestimabile anche nel contesto di una possibile futura invasione di Taiwan”, spiega l’analista. Nella dichiarazione, Xi e Putin non lo dicono così chiaramente. Ma il principio della “Unica Cina” figura tra le priorità riguardanti la “sovranità nazionale”.
C’è poi la questione sicurezza interna. “In entrambi i Paesi, gli Stati Uniti e i loro alleati sono da tempo percepiti anche come la principale fonte di sostegno per le forze anti-regime e gli attivisti pro-democratici”, sottolinea Düben. Un punto sollevato dai due leader con il proposito di cementare la collaborazione all’interno dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), l’alleanza stretta dalle ex repubbliche sovietiche per prevenire le “interferenze da parte di forze esterne”.
Insomma, la liaison con Putin è un’assicurazione sulla vita. Resta da capire come Pechino pensa di gestirla senza compromettere il delicato riavvicinamento al Vecchio Continente. La guerra in Ucraina rappresenta ancora lo strappo più profondo. Il simbolismo non era voluto, ma risulta ugualmente provocatorio l’arrivo di Xi a Mosca all’indomani delle celebrazioni per il 50esimo anniversario delle relazioni tra la Cina e l’Unione europea. E difficilmente basterà a riparare il danno l’augurio del presidente cinese per “un accordo di pace equo, duraturo e vincolante, accettato da tutte le parti coinvolte” mentre Volodymyr Zelensky aspetta ancora di essere ricevuto a Pechino.
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