Plusvalenza sulla cessione di immobili, è meglio l’Irpef o l’imposta sostitutiva?

La plusvalenza derivante dalla cessione degli immobili (entro cinque anni dall'acquisto) può essere tassata con l'Irpef o l'imposta sostitutiva. Qual è più conveniente?

Mag 1, 2025 - 08:37
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Plusvalenza sulla cessione di immobili, è meglio l’Irpef o l’imposta sostitutiva?

Una persona fisica che dovesse vendere un immobile entro cinque anni dal suo acquisto deve pagare le imposte sulla plusvalenza ottenuta grazie alla cessione. Il contribuente ha la possibilità di scegliere due diversi sistemi di tassazione:

  • applicare un’imposta sostitutiva del 26%, che deve essere versata nel momento in cui si redige l’atto. Responsabile dell’operazione, in questo caso, è il notaio;
  • applicare la tassazione Irpef direttamente nella dichiarazione dei redditi, dove sarà possibile beneficiare degli oneri deducibili e detraibili.

Plusvalenza immobiliare, come deve essere tassata

Il sistema tributario italiano prevede esplicitamente che venga tassata la plusvalenza che deriva dalla cessione di un immobile. Entrando nello specifico la norma che regolamenta questa operazione è l’articolo 67, comma 1, lett. b) del Tuir, che si riferisce direttamente ai redditi diversi. Questa è una categoria all’interno della quale rientrano gli eventuali proventi conseguiti nel corso dell’anno che non derivano dall’esercizio di arti o professioni o dal reddito d’impresa.

La disposizione può trovare applicazione, nel momento in cui viene realizzata una plusvalenza a seguito della cessione di un immobile, da:

  • persone fisiche;
  • società semplici;
  • enti non commerciali;
  • soggetti non residenti e che non abbiano una stabile organizzazione in Italia.

Quando la plusvalenza deve essere tassata

L’articolo 67 del Tuir ha previsto esplicitamente che debbano essere tassate le plusvalenze che vengono realizzate a seguito della cessione di un immobile costruito o acquistato da meno di cinque anni. Da questa regola sono escluse le unità immobiliari che, per la maggior parte del periodo che è intercorso tra l’acquisto e la vendita, siano state adibite ad abitazione principale del cedente.

Volendo sintetizzare al massimo il pensiero del legislatore, questo significa che la plusvalenza maturata a seguito della cessione di un immobile deve essere tassata solo e soltanto se l’operazione ha un mero fine speculativo. Questa situazione si viene a verificare nel momento in cui:

  • la cessione dell’immobile sia avvenuta a titolo oneroso attraverso una compravendita, una permuta o perché conferito ad una società;
  • la cessione dell’immobile sia avvenuta prima che passino cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione. In questo caso si tassa l’intento speculativo.

Le regole che abbiamo visto fino a questo punto valgono per gli immobili detenuti in Italia e per quelli detenuti all’estero.

Come viene determinato il quinquennio di detenzione

Elemento importante per la tassazione della plusvalenza derivata dalla cessione dell’immobile è il momento iniziale dal quale si deve far partire il quinquennio. L’operazione deve essere effettuata tenendo conto di due casistiche diverse:

  • nel caso in cui il bene sia stato acquistato da un terzo, il quinquennio parte dalla data di acquisto o da quella nella quale si è ufficialmente prodotto l’effetto traslativo del diritto reale;
  • nel caso in cui si sia acquistato un immobile costruito dal cedente, per il calcolo del quinquennio si utilizza il momento in cui l’edificazione è stata ultimata.

Per effettuare il calcolo è necessario prendere in considerazione la data nella quale viene effettuato il rogito, non quella in cui vengono effettuati i pagamenti.

Cosa succede in caso di ampliamento

Un caso particolare è quello che prevede l’ampliamento dell’immobile. Attraverso la risposta all’interpello n. 580/E/22, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le indicazioni necessarie nel caso in cui l’immobile venga ceduto a seguito di alcuni interventi di ristrutturazione.

Nel caso specifico preso in considerazione dall’AdE non ha importanza che l’immobile sia stato oggetto di intervento di ristrutturazione e ampliamento.

Come vanno gestite le operazioni speculative

La cessione di un immobile da parte di un privato non è soggetta a tassazione nel caso in cui l’operazione non sia speculativa. Questo avviene quando l’operazione è effettuata oltre i cinque anni.

Ma quali sono gli effetti fiscali di questo tipo di operazioni? Nel caso in cui la cessione di immobili viene effettuata in maniera abituale e continuativa, si realizza una vera e propria attività commerciale, che richiede obbligatoriamente l’apertura della partita Iva. E, ovviamente, di tutti gli altri adempimenti che ne conseguono (amministrativi, fiscali e previdenziali).

Come si calcola la plusvalenza immobiliare tassabile

La plusvalenza immobiliare sulla quale deve essere versata l’imposta – secondo l’articolo 68 del Tuir – è costituita dalla differenza tra il prezzo percepito per la cessione dell’immobile e il prezzo d’acquisto (o il costo di costruzione). A queste ultime due voci – ovviamente all’una o all’altra a seconda dei casi – devono essere aggiunti ogni altro costo inerente al bene.

La decisione se aggiungere un costo o meno deve essere valutato caso per caso. Volendo riassumere questa voce possiamo affermare che i costi inerenti l’acquisto dell’immobile possono essere sintetizzati come segue:

  • le spese notarili e accessorie che sono state sostenute per effettuare l’acquisto;
  • l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale o, in alternativa, l’Iva;
  • eventuali spese che siano state sostenute per liberare l’immobile da eventuali servitù o altri tipi di vincoli;
  • eventuali indennizzi o buone uscite che sono state versate agli inquilini per liberare l’immobile.

Nel momento in cui viene individuato il valore della plusvalenza immobile da sottoporre a tassazione, le imposte devono essere versate per l’anno nel quale il cedente ha percepito il corrispettivo.

Quale tassazione scegliere: Irpef o imposta sostitutiva

La plusvalenza realizzata sulla vendita di un immobile diventa reddito tassabile. Come abbiamo visto in precedenza appartiene alla categoria dei redditi diversi ed è possibile optare per due tipi di tassazione differenti:

  • Irpef;
  • imposta sostitutiva del 26%.

Tassazione Irpef

Se si sceglie la tassazione Irpef, il valore imponibile confluisce nel reddito complessivo del contribuente e si deve cumulare con gli altri redditi imponibili Irpef. Dovrà essere applicata l’aliquota in base agli scaglioni di reddito a cui il contribuente appartiene:

  • fino a 28.000 euro: 23%;
  • tra 28.000 e 50.000 euro: 35%;
  • oltre 50.000 euro: 43%.

Se si opta per la tassazione Irpef il contribuente è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi:

  • nel Modello 730 deve compilare il quadro D;
  • nel Modello Redditi PF deve compilare il quadro RL.

Il contribuente deve inserire nella colonna 1 i corrispettivi percepiti e nella colonna 2 i costi sopportati per acquistare l’immobile.

Imposta sostitutiva del 26%

In sede di atto notarile il contribuente può scegliere di applicare alla plusvalenza da cessione di immobile un’imposta sostitutiva del 26%. È un tipo di tassazione alternativo a quella Irpef. Sarà il notaio, in questo caso, ad operare come sostituto d’imposta e provvederà a versarla all’erario per conto del contribuente.