Piracy Shield: Amazon, Apple, Cloudflare, Meta e Google chiedono modifiche urgenti

Critiche alla struttura del Piracy Shield e alla mancanza di garanzie

Apr 11, 2025 - 09:38
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Piracy Shield: Amazon, Apple, Cloudflare, Meta e Google chiedono modifiche urgenti

La Computer & Communications Industry Association (CCIA Europe), associazione che rappresenta alcune tra le più importanti aziende tecnologiche globali – tra cui Amazon, Apple, Cloudflare, Google e Meta – ha presentato una memoria ufficiale ad AGCOM in risposta alla consultazione pubblica avviata con la delibera 47/25/CONS, relativa alla proposta di modifica del Regolamento 680/12/CONS sul diritto d'autore. Al centro del documento, la forte opposizione al Piracy Shield, la piattaforma adottata dall'Autorità per ordinare il blocco dei siti sospettati di violazioni.

Secondo la CCIA Europe, "il Piracy Shield pone seri rischi ai principi di libertà di impresa ed espressione, così come sanciti dal diritto europeo e italiano". L'associazione denuncia il modo in cui il sistema è stato progettato: sviluppato da una società collegata alla Lega Serie A – una delle poche entità autorizzate a presentare segnalazioni – e definito da un comitato tecnico ristretto, che ha coinvolto solo una minima parte degli operatori del settore digitale. Le caratteristiche tecniche non sono mai state rese pubbliche e ciò solleva "dubbi significativi sulla neutralità dell'infrastruttura".

Oltre alla mancanza di trasparenza, la CCIA Europe evidenzia l'assenza di garanzie procedurali per i soggetti coinvolti. Le richieste di blocco da parte dei titolari dei diritti vengono eseguite senza alcun processo formale e senza possibilità di contraddittorio. L'associazione segnala che il termine di 30 minuti per l'esecuzione degli ordini è "tecnicamente insostenibile" e "non consente la verifica degli ordini di AGCOM da parte dei fornitori upstream". Inoltre, il termine di soli cinque giorni per presentare ricorso è considerato "del tutto insufficiente".

BLOCCHI ARBITRARI E RISCHI DI DANNI COLLATERALI

Nel documento, la CCIA Europe fa notare come il funzionamento attuale del Piracy Shield abbia già prodotto conseguenze critiche, tra cui il blocco di siti e servizi perfettamente legittimi, come Google Drive. In quel caso, l'interruzione dell'accesso per gli utenti italiani è avvenuta unicamente perché il servizio era protetto da un proxy che condivideva l'indirizzo IP con altri siti effettivamente soggetti a blocco. L'associazione sottolinea che "il blocco a livello di rete non rimuove i contenuti da internet, può essere facilmente aggirato e risulta inefficace nel combattere la pirateria".

La associazione esprime anche forti perplessità rispetto alla proposta di AGCOM di modificare il Regolamento per attribuire ufficialmente al Piracy Shield funzione di gestione dei reclami tra tutti i soggetti coinvolti, direttamente o indirettamente, senza però imporre l'obbligo di registrazione per i fornitori. A giudizio dell'associazione, ciò non risolve le criticità sistemiche dello strumento, né affronta la questione della responsabilità automatica degli operatori coinvolti. Il rischio, sottolinea, è che il meccanismo continui a funzionare senza alcuna verifica indipendente, lasciando spazio a decisioni arbitrarie e potenzialmente sproporzionate.

PROPOSTA DI APPROCCIO ALTERNATIVO

Particolare preoccupazione viene espressa anche sul nuovo articolo 8, comma 3-bis, che conferisce ad AGCOM il potere di ordinare la rimozione di contenuti ospitati su server situati in altri Stati membri dell'Unione Europea. L'associazione contesta l'assenza di un riferimento normativo preciso nel testo e invita l'Autorità a indicare esattamente "quali regolamenti stabiliscano questo potere extraterritoriale". In alternativa, chiede che venga chiarito come questa nuova competenza si coordini con l'articolo 8, comma 4, che già autorizza AGCOM a ordinare ai provider italiani il blocco dell'accesso a contenuti illeciti ospitati all'estero.

Nel complesso, l'associazione invita AGCOM a rivedere il proprio approccio basato sul blocco e a concentrare i propri sforzi sull'intervento diretto sugli host e sui distributori effettivi dei contenuti piratati, rafforzando la protezione delle opere alla fonte. È questo, secondo l'associazione, l'unico percorso realmente utile per contrastare la pirateria senza mettere a rischio il corretto funzionamento della rete e i diritti fondamentali degli utenti.


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