Pd e Fratelli d’Italia sono i partiti più filo Elkann (Stellantis)

I parlamentari di maggioranza e opposizione salgono tutti a bordo delle Fiat marocchine e polacche di John Elkann. Siglata a Roma la pax politica con il rampollo Agnelli che dal canto suo non dà né risposte né certezze mentre esige che non si torni più a discutere sugli aiuti di stato a Fiat. Reazioni e commenti della politica all'audizione del presidente di Stellantis con lungo codazzo di comunicatori, consulenti e lobbisti

Mar 20, 2025 - 11:24
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Pd e Fratelli d’Italia sono i partiti più filo Elkann (Stellantis)

I parlamentari di maggioranza e opposizione salgono tutti a bordo delle Fiat marocchine e polacche di John Elkann. Siglata a Roma la pax politica con il rampollo Agnelli che dal canto suo non dà né risposte né certezze mentre esige che non si torni più a discutere sugli aiuti di stato a Fiat. Reazioni e commenti della politica all’audizione del presidente di Stellantis con lungo codazzo di comunicatori, consulenti e lobbisti

Ancora prima che John Elkann iniziasse il proprio intervento (12 cartelle zeppe di numeri di tutti i tipi, per lo più lusinghieri nei confronti del gruppo), il ministro del Made in Italy Adolfo Urso, ovvero l’uomo del governo che, per ruolo, si era trovato a scontrarsi continuamente con l’ex Ceo Carlos Tavares ricordandogli a più riprese gli impegni assunti dall’azienda sul fronte produttivo e occupazionale, aveva dichiarato di essere sollevato dal “fatto che” Stellantis “abbia deciso di preservare gli stabilimenti italiani, garantendo i livelli occupazionale e con investimenti di due miliardi per nuove piattaforme e nuovi modelli e contratti di fornitura per sei miliardi di euro”.

TUTTI I TEMI RIMASTI SENZA RISPOSTA

Una dichiarazione che già faceva capire che il clima sarebbe stato disteso e sereno, in occasione della prima apparizione di John Elkann – azionista, presidente e Ceo ad interim di Stellantis – alla Camera. Con buona pace di chi attendeva rassicurazioni sul futuro dei marchi italiani del gruppo (in particolare Maserati, ma soffrono anche Alfa Romeo e Lancia), sulla fine della cassa integrazione nei tanti stabilimenti del Paese che continuano a lavorare a singhiozzo e sul futuro della gigafactory di Termoli che Elkann demanda e rimanda “a ciò che Acc deciderà”, come se Stellantis non facesse parte di quella jv.

I NUMEROSI SLOGAN DI JOHN ELKANN

I beninformati, del resto, dicono che prima di arrivare a Roma John Elkann avesse mandato i suoi a sondare gli animi tra i parlamentari per capire che aria tirasse. Deve avere ricevuto rassicurazioni molto positive se si è permesso, nonostante la situazione di Stellantis nel Paese sia così tragica che i livelli produttivi sono di colpo tornati nel 2024 a quelli del 1956, di farcire il proprio intervento con slogan spocchiosi del calibro di “senza di noi l’auto sarebbe scomparsa”, e “l’auto italiana ha unito il Paese come l’autostrada del Sole”, ribadendo peraltro il peso del gruppo come contribuente nei confronti dell’erario, senza temere per questo aspre repliche da parte degli onorevoli all’ascolto. Arriva perfino a dettare le condizioni sul punto più spinoso, ovvero i tanti aiuti pubblici ricevuti dal dopoguerra: “Spero che da oggi il bilancio dare e avere non sia un tema divisivo”.

AZIONE, LEGA, M5S: CHI TAMPONA ELKANN

Gli onorevoli incassano, abbozzano. Si crea un inedito asse tra Carlo Calenda, Azione, che paragona i numeri delle auto snocciolati da Elkann agli aerei di Mussolini (e sarà pizzicato da Elkann “ha lavorato per noi e che le cose le sa”) e Alberto Bagnai, Lega, che è stato querelato da Elkann perché gli ha dato del “tossico” e stanco dello storytelling di Elkann sbotta: “Nessuno disconosce l’importante ruolo che l’azienda ha avuto nella storia del Paese, men che meno posso farlo io che rappresento gli elettori del collegio di Chieti che ha avuto per 44 anni una relativa prosperità grazie agli stabilimenti Sevel, ma adesso quali livelli di occupazione intende mantenere in Val di Sangro: il sito di Atessa viaggia su oltre 1500 cassaintegrati: alcuni sono miei amici, quando qualcuno gli chiede se sono preoccupati rispondono che sono rassegnati”. Abbiamo anche qualcosa per cui ricordare la pentastellata Appendino che sferza Elkann dicendogli in faccia che l’ “azienda produce più cassintegrati che auto”.

GUSMEROLI PADRONE DI CASA ECCEZIONALE

La Lega vive un suo personalissimo psicodramma interno, spaccata nella posizione da tenere rispetto a Stellantis tra la durissima nota vergata a margine e il comportamento tenuto dal presidente della commissione Attività produttive, Alberto Gusmeroli. Annotano dal Foglio: “Il leghista Gusmeroli, l’inventore della pace fiscale, tutto solo, entra in sala e aggiusta la targa con il suo nome” e, ancora, “Elkann, che riprende la parola, domanda l’aiuto del pubblico, dei suoi manager, che parlano al posto suo. Calenda sbotta: “Ma che succede?”. Gusmeroli: “Si può fare!””.

URSO IN BRODO DI GIUGGIOLE

In Fratelli d’Italia Urso già appunta al petto della propria divisa ministeriale il successo dell’incontro ed esclama che “siamo sulla strada giusta”, benché rispetto al giorno prima non si sia mosso esattamente nulla: stesse incertezze, stessa cassa integrazione, stessi numeri produttivi impietosi. Le sole conferme che Elkann dà al mondo della politica è che entro i primi sei mesi dell’anno sarà nominato un nuovo Ceo – e già si sapeva – e che il gruppo intende rispettare gli accordi presi il 17 dicembre al Mimit – ma quello lo si dava per scontato, si spera.

Sempre dagli scranni di FdI l’intervento di Luca De Carlo (presidente della commissione Industria del Senato) “si trasforma – per il Sole24Ore – in una critica alla Ue, accusata di essere la vera responsabile della crisi dell’auto a causa delle “follie” del Green deal, che l’Italia ha rintuzzato con il no-paper che ha rimesso in discussione le multe a carico dei costruttori. I deputati Gianluca Caramanna e Salvo Pogliese sembrano allineati con l’auspicio espresso alla vigilia di Urso, che cioè l’audizione sia un sigillo al patto siglato a dicembre al ministero. Chiedono quindi che Elkann ribadisca anche nella sede parlamentare gli impegni produttivi e occupazionali oggetto dell’intesa e confermi che i 2 miliardi di investimenti annunciati per il 2025 saranno tutti di fonte aziendale, alla luce della rinuncia a contributi pubblici”.

E IL PD?

Sì, ma il Pd? a voler riprendere un vecchio meme di Internet. Inconsistente come da tradizione. E infatti si guadagna pure un titolo sulla Repubblica di Exor (Schlein: “Conversione auto su Difesa è propaganda”. Elkann: “Futuro non è l’industria bellica”). Scrive ancora Il Foglio con impareggiabile ironia “E’ nata una coppia, Elly & John, e forse una vettura. Il fratello Lapo l’avrebbe già chiamata così: Ventotene coupé”.

E, ancora: “Tra Schlein ed Elkann è tutto un baci, baci, un “ci spieghi”, “ci dica”. La segretaria intercala “prendiamo atto”, “salutiamo positivamente”, “ci auguriamo” e poi: “Quanto pesa l’energia, quanto incideranno i dazi di Trump?”. Bravissima, come i cavoli a merenda, anche di fronte a Elkann, spiega che il decreto di Meloni sull’ energia è propaganda, e gli chiede: “Cosa ne pensa del disaccoppiamento del costo dell’energia?” (che è la sua proposta)”.

Elkann risponde, anzi no, non lo fa. Perché quando gli vengono chieste rassicurazioni replica che il mercato è imprevedibile, che l’Europa ci mette il suo con i dazi che il futuro è imperscrutabile e vai a sapere come finirà. Ma agli onorevoli va bene lo stesso. L’audizione è un successone, una passeggiata di salute. Ad averlo saputo, forse il rampollo degli Agnelli sarebbe andato a riferire a Roma la prima volta che era stato convocato, lo scorso autunno, anziché snobbare l’invito che gli ha procurato solo critiche bipartisan, mentre fare lo sforzo di presentarsi a bordo di una Maserati verde (curiosa la scelta del colore: c’è qualche rimando freudiano e involontario alla situazione finanziaria del Tridente?) gli ha permesso di incassare sorrisi e sostegno politico.