Referendum sul lavoro l’8 e il 9 giugno

La delibera del Consiglio dei ministri in data 19 marzo 2025 completa l’intervento confermativo della Corte costituzionale che, con una serie di sentenze del 7 febbraio scorso ha dichiarato l’ammissibilità delle relative richieste ai sensi dell’art. 75 del Costituzione. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e di come sarebbe conformata la disciplina normativa di questi istituti qualora la maggioranza degli elettori si esprimesse per l’abrogazione degli incisi normativi. Occorre tenere conto che, perché i referendum abrogativi siano considerati validi, che dovrà andare a votare almeno il 50% più uno del corpo elettorale.
Sicurezza sul lavoro – I promotori referendari chiedono l’abrogazione dell'art. 26, comma 4, in tema di "Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione", di cui al D.Lgs 81/2008, limitatamente alle parole "Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici."».La norma vigente come è scritta attualmente stabilisce la responsabilità solidale dell'imprenditore committente con l'appaltatore e con ciascuno dei subappaltatori «per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA)». L'imprenditore committente, per contro, non è responsabile in solido per i «danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici» (art. 26, comma 4, secondo periodo, del citato D.Lgs. 81 del 2008).Secondo la sentenza del 7 febbraio 2025 n. 15 della Corte cost. il referendum abrogativo mira ad eliminare la limitazione della responsabilità solidale, mediante la soppressione dell'intero secondo periodo, che tale limitazione ha disposto.Pertanto, il committente, in caso di esito favorevole del referendum, sarebbe responsabile e dovrebbe risarcire i danni subìti dal lavoratore anche se derivanti da rischi specifici dell’appaltatore o subappaltatore.
Contratto a tempo determinato - La Corte costituzionale, con la sentenza numero 14/2025, ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum abrogativo denominata «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi».Il quesito referendario riguarda l'abrogazione di alcune previsioni degli articoli 19 commi 1 e 1 bis, 4 e articolo 21 comma 01 del D.Lgs. 81/2015 che attualmente consentono la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato (e anche la loro proroga e/o il rinnovo) fino alla durata di 12 mesi, senza dover fornire alcuna giustificazione, e, per quelli di durata superiore, sulla base di una giustificazione individuata dalle parti, anche se non prevista né dalla legge, né dai contratti collettivi (dal 2026) stipulati dai sindacati più rappresentativi a livello nazionale.L'esito della richiesta referendaria, secondo la decisone della Corte cost., mira dunque - al contempo - alla riespansione dell'obbligo della causale giustificativa anche per i contratti (e i rapporti) di lavoro di durata inferiore ai 12 mesi, e all'esclusione del potere delle parti di individuare giustificazioni, a fondamento della stipulazione (o della proroga o del rinnovo) di tali contratti, diverse da quelle indicate dalla legge o dai contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati maggiormente rappresentativi.
Licenziamenti individuali – Con una prima sentenza (13/2025), la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum popolare per l'abrogazione dell’art. 8 della legge 604/1966, limitatamente alle parole che stabiliscono una misura massima (pari a sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto) per la liquidazione dell'indennità da licenziamento illegittimo.Qualora dovesse prevalere la richiesta di abrogazione, in caso di licenziamento illegittimo da parte di datori di lavoro con meno di 15 dipendenti, l’indennità risarcitoria spettante ai lavoratori (tutela obbligatoria e non reale) non sarebbe più limitata entro il tetto massimo di 6 mensilità, consentendo in fase giudiziale, la liquidazione al lavoratore di un’indennità valutata sulla base del “prudente apprezzamento del giudice che, nel quantificare un ristoro equo e dotato di un congruo effetto deterrente, non troverebbe più l'ostacolo dell'attuale limite massimo”.Con un’altra sentenza (n. 12/2025) la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile la richiesta di referendum sull'abrogazione dell’intero D.Lgs. 23/2015 che ha attuato una delle deleghe legislative conferite al Governo con il cosiddetto Jobs Act in materia di licenziamenti illegittimi per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi nell’ambito di datori di lavoro con più di 15 dipendenti.Il referendum in questo caso, il più semplice per la comprensione immediata degli effetti in caso di abrogazione, permetterebbe di espandere la tutela insita nell’art. 18 dello statuto dei lavoratori consentendone l’applicazione a tutti i lavoratori dipendenti compresi coloro che sono stati assunti dal 7 marzo 2015 in poi e non solo a chi era in forza ed è rimasto in tale stato prima di tale data.]]