Oggi è già storia. Aperte le visite alla sua tomba
Dalle 7 fedeli e pellegrini potranno vederla. Alle 16 l’omaggio dell’intero collegio cardinalizio.

di Nina Fabrizio
CITTÀ DEL VATICANO
con l’incenso la nicchia della cappellina, impressi i sigilli sulla bara e deposta infine la stessa nel sepolcro per la tumulazione, Santa Maria Maggiore è ora pronta ad accogliere la devozione del popolo. Da questa mattina alle 7, i cancelli della basilica mariana dove Francesco ha deciso di far riposare le sue spoglie mortali sono aperti per accogliere fedeli, pellegrini e affezionati del Papa argentino che vorranno rendergli un tributo. Alle 16 verrà a rendergli omaggio l’intero collegio cardinalizio “in corpore”, come si usa dire.
Si stima un afflusso ingente, considerando la concomitanza con il Giubileo degli adolescenti, la giornata di festa, ma anche il fatto che tantissimi affezionati a Francesco si sono messi in viaggio verso la Capitale solo di recente. Quanti gli renderanno omaggio, inginocchiandosi magari sul sepolcro spoglio ed essenziale, inciso della sola scritta in rilievo Franciscus, mentre in alto è stato collocato un bassorilievo raffigurante la croce pettorale che portava al collo, sosteranno in preghiera anche davanti alla tomba del primo Papa gesuita della storia.
Un dettaglio curioso per una basilica che ospita già sette Pontefici, tra cui il primo Papa francescano, Niccolò IV, e il primo domenicano, Pio V. Sorta nel V secolo, Santa Maria Maggiore, nata come santuario, è un vero unicum tra le quattro basiliche pontificie romane, perché non è mai stata distrutta, rovinata o bruciata. L’essersi salvata da sventure e calamità ne ha fatto uno scrigno dell’arte e della spiritualità non solo mariana ma anche gesuitica, dal momento che proprio qui sant’Ignazio di Loyola celebrò la sua prima messa nella notte di Natale del 1538.
Francesco ne era naturalmente a conoscenza ed era talmente legato a questo luogo che non solo voleva venirci ad ogni vigilia e ad ogni ritorno da una missione internazionale per ringraziare la Madonna, ma anche per questo legame con sant’Ignazio. Durante la pandemia, ad esempio, Bergoglio vi si recò in gran segreto per celebrare da solo proprio allo stesso altare di sant’Ignazio. L’icona della Salus, poi, non solo è antichissima, ma è essa stessa legata alla spiritualità gesuitica, poiché i gesuiti la portavano nelle terre in cui andavano come missionari.
Ora, qui, il suo sepolcro, tra la Cappella Paolina che ospita la Salus e la Cappella Sforza dove riposa invece Santa Francesca Romana, sarà meta di pellegrinaggio con scene di devozione probabilmente non dissimili da quelle che già si sono viste in questi giorni: fedeli inginocchiati davanti al sagrato, rosari stretti tra le dita, preghiere silenziose e meditate oppure anche cantate e intonate, come fatto dai giovani del Cammino Neocatecumenale proprio ieri sera, animando di festosità una piazza che si sta già scrollando di dosso il dolore e la commozione per entrare in una dimensione più storica, di imperituro monumento al Papa degli ultimi, dei più fragili, di quanti sono ai margini, e che guardando alla sua memoria tenteranno ancora di trovare una strada per aprire, come voleva lui, cuori e porte.