«Norme comuni e più semplici per le fusioni tra banche nella Ue»
«In due mesi l’amministrazione Trump è riuscita a ricompattare l’Europa e spingerla verso un’unione politica e non solo economica. È il momento per fare semplificazioni normative e per armonizzare le norme nei vari paesi del settore bancario e consentire fusioni tra gli istituti di vari paesi». Lo afferma il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. Come sta […] L'articolo «Norme comuni e più semplici per le fusioni tra banche nella Ue» proviene da Iusletter.

«In due mesi l’amministrazione Trump è riuscita a ricompattare l’Europa e spingerla verso un’unione politica e non solo economica. È il momento per fare semplificazioni normative e per armonizzare le norme nei vari paesi del settore bancario e consentire fusioni tra gli istituti di vari paesi». Lo afferma il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli.
Come sta reagendo la Commissione Ue alle provocazioni di Trump?
In due mesi dall’insediamento della nuova presidenza Usa ci sono stati inaspettati progressi nella Unione politica europea e anche nella ripresa di compattezza dei rapporti europei, compresa la Gran Bretagna. La Commissione ha persino ampliato le competenze alle tematiche della difesa e ai finanziamenti Ue alla difesa. Chissà se verrà risolto anche il nodo del Mes. Ho letto una recentissima dichiarazione del commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis, che ha affermato: «Il Mes è intergovernativo e la Commissione non è alla guida rispetto a un possibile strumento del Mes, ma va notato che c’è una capacità di prestito ed è qualcosa che gli Stati potrebbero valutare». (Nel Mes ci sono 80 miliardi versati, con la capacità di arrivare a una forza finanziaria 700 miliardi, ndr). Nessuno ha contestato finora questa ipotesi di Dombrovskis.
Si aprono opportunità per il settore bancario?
In questi due mesi sono state travolte inerzie e consuetudini europee, con una evoluzione istituzionale molto rilevante. Bisogna cogliere questa fase dinamica per fare avanzare in termini innovativi l’Unione bancaria e l’unione effettiva del mercato dei capitali europei. L’Unione bancaria deve fare un salto di qualità, passando dalla sola unione dei doveri verso la vigilanza unica all’unione delle regole di diritto societario. Cioè all’unione delle regole del mercato e del capitalismo, all’unione dei doveri e dei diritti, con testi unici di diritto bancario, tributario e penale dell’economia.
La Commissione Ue ha annunciato semplificazioni. Le banche da anni chiedono un’armonizzazione delle norme tra i vari paesi per poter fare integrazioni transfrontaliere. Sarà la volta buona?
Servono codici con regole più semplici, anche se questo non vuol dire deregulation, perché non abbiamo dimenticato i danni subiti anche in Europa e anche in Italia da altre fasi di deregulation Usa che hanno portato al crack Lehman.
Nella proposta per la riforma del mercato dei capitali che viene formalizzata oggi si torna a parlare di Unione bancaria, ma in termini di schemi di garanzia dei deposti. Un vecchio approccio che sinora ha portato a poco. Cosa ne pensa?
I codici di cui parlo servono per avere uguaglianza nei punti di partenza della concorrenza tra i paesi europei tra le imprese, comprese le banche. Serve una parità di regole concorrenziali senza handicap normativi o fiscali o privilegi normativi e fiscali per qualcuno. Per il settore bancario, in un simile quadro risulterebbe semplificata l’operatività dei gruppi paneuropei, che operano già in diversi paesi europei e che oggi si trovano con normative nazionali diverse pur facendo parte dell’Unione bancaria. Le operazioni di aggregazione non si possono più chiamare transfrontaliere, perché avvengono nella Ue e nell’Unione bancaria, dovranno essere viste non come operazioni di banche in paesi diversi, ma di un mercato integrato.
Ci sono segnali che la Commissione possa andare in questa direzione?
Nel recente viaggio che ho fatto a Bruxelles poche settimane fa, ho notato un clima diverso in tutti gli schieramenti parlamentari oltre che nella Commissione. Un clima favorevole a semplificazioni, con una consapevolezza della complessità di meccanismi pluristatali come quello europeo e con una attiva partecipazione a un processo innovativo.
Quanto incidono le minacce di dazi da parte degli Usa?
I dazi sono un’altra preoccupazione perché rappresentano concettualmente un ritorno al Novecento e comportano dei rischi di recessione. Anche se mi sembrano più una minaccia che un pericolo incombente. I tassi bassi della Bce da soli in questo contesto non bastano. E lo dimostra la risalita del tasso di interesse sui mutui in Italia a gennaio, nonostante proseguano i tagli della Bce. Gli interventi di politica monetaria sono utili, ma non sufficienti. Bisogna intervenire su tutti i fattori produttivi e non solo sui tassi, accelerare sulle politiche energetiche. Sta per entrare in vigore il rigassificatore a Ravenna, che ha una potenza rilevante e che spero contribuisca ad abbassare in Italia i prezzi dell’energia. Bisogna favorire gli investimenti migliorando l’Ires premiale, che come giustamente chiede Confindustria deve essere semplificata correggendo alcune macchinosità. D’altro canto, bisogna incoraggiare fiscalmente i risparmi italiani a investire più stabilmente in attività produttive estendendo i meccanismi di incentivi fiscali che sussistono per i risparmiatori che investono in titoli di Stato italiani e che li detengono nel lungo periodo.
L’amministrazione Trump ha fermato la realizzazione del dollaro digitale e punta sulle criptovalute. Come deve rispondere la Ue?
Vedo un processo storico. L’euro digitale sarà realizzato con maggiore urgenza anche come segnale di autonomia della Ue dai grandi circuiti di pagamento internazionali che non fanno capo all’Europa (i maggiori circuiti delle carte di credito fanno capo soprattutto a gruppi Usa, ndr). Ma per realizzarlo bisogna prima avere una forte attenzione alle regole. L’euro digitale non deve essere una riserva di valore, ma solo un mezzo di pagamento con i medesimi limiti di legalità esistenti per le altre forme dell’euro, e cioè le banconote e le monete metalliche. L’euro digitale è uno strumento di legalità alternativo alle criptovalute e per l’antiriciclaggio. Per questo motivo le soglie massime per la detenzione della valuta digitale devono essere basse.
Qualora si raggiungessero accordi di pace in Ucraina e in Medioriente (nonostante l’interruzione della tregua) quali sarebbero gli effetti sullo scenario economico?
Le banche sono molto interessate agli accordi di pace. C’è stata una situazione armistiziale in Medioriente, che ha avuto valore innanzitutto umanitario ma anche economico perché ha portato una riduzione dei problemi di circolazione navale e dei commerci tra il Mar Rosso e il Canale di Suez. Ci sono i primi sintomi di ripresa dei trasporti merci per l’Italia via Suez, con una forte di riduzione dei costi di trasporto che dovrebbe riverberarsi positivamente sui prezzi contribuendo a ridurre l’inflazione. L’auspicata sospensione dei conflitti tra Russa e Ucraina dovrebbe portarci a una più regolare ripresa commerciale con il superamento delle sanzioni alla Russia, con una distensione dei commerci sia dalla Russia sia dal mar Nero. Una situazione di fine del conflitto, quindi, dovrebbe portare riduzioni del costo dell’energia, a una riduzione dei prezzi e alla rivitalizzazione dei commerci. Questo a mio avviso spiega anche il rimbalzo della produzione industriale in Italia di inizio anno.
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