Non può esistere il “reato di prudenza”, è un paradosso da sanare

“La madre della saggezza viene chiamata prudenza; il padre della saggezza è sconosciuto: da questo risulta chiaro che madre prudenza non era prudente”: sembrava echeggiasse questo vecchio e ironico proverbio ieri alla Camera dei deputati dove, nella Sala Matteotti, si è celebrato l’evento “La prudenza nelle valutazioni aziendali”, un convegno giuridico di alto bordo, che […] L'articolo Non può esistere il “reato di prudenza”, è un paradosso da sanare proviene da Economy Magazine.

Mar 21, 2025 - 15:23
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Non può esistere il “reato di prudenza”, è un paradosso da sanare

“La madre della saggezza viene chiamata prudenza; il padre della saggezza è sconosciuto: da questo risulta chiaro che madre prudenza non era prudente”: sembrava echeggiasse questo vecchio e ironico proverbio ieri alla Camera dei deputati dove, nella Sala Matteotti, si è celebrato l’evento “La prudenza nelle valutazioni aziendali”, un convegno giuridico di alto bordo, che ha visto gli interventi di orte dei conti: da Paolo Barelli, Presidente del Gruppo Forza Italia della Camera, a Chiara Tenerini, Capogruppo Forza Italia in Commissione Lavoro della Camera, ad Elbano de Nuccio, Presidente Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, e poi Sandro Raimondi, Procuratore della Repubblica a Trento, Giovanni Barbara della LUM (Libera Università Mediterranea “Giuseppe Degennaro” e Direttore della rivista giuridica “Corporate Governance”, e inoltre del senatore Mario Turco – 6ª Commissione Finanze e tesoro del Senato, di Edgardo Ricciardiello – Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum” e del senatore Filippo Melchiorre – Vicepresidente della 6ª Commissione Finanze e tesoro del Senato.

La prudenza nelle valutazioni aziendali non può essere motivo di responsabilità penale. E invece lo è: raramente, ma lo è.

Un vero paradosso, un ossimoro, un assurdo: che va assolutamente evitato. Meglio se con una qualche norma definitiva. E’ stato questo uno dei principali punti di accordo tra i partecipanti al convegno organizzato dal Consiglio nazionale dei commercialisti, tenutosi presso la sala Matteotti della Camera, dove si sono confrontate le opinioni di magistrati, esponenti politici e accademici.

Ad offrire una panoramica, sia a livello nazionale che internazionale, sul ruolo della prudenza come principio cardine nella contabilità e nella redazione dei bilanci è stato Elbano de Nuccio, presidente del Consiglio dei commercialisti.

Secondo de Nuccio, non esistono valutazioni prudenti in senso assoluto, ma valutazioni corrette o scorrette. «Una valutazione è considerata corretta – ha sottolineato – quando è fondata su un ragionamento logico, utilizza ipotesi coerenti e accettabili, e porta a un valore espresso in termini monetari, frutto di un processo di stima affidabile».

Per il presidente, si può ipotizzare una responsabilità penale solo nel caso in cui il livello di attenzione richiesto dalle norme contabili non sia solo trascurato, ma volutamente ignorato da parte degli amministratori. Da Sandro Raimondi, Procuratore della Repubblica di Trento, è giunto un appello: «Sosteniamo il coraggio degli imprenditori. Facciamo le norme meglio. Non

consentiamo a chi utilizza i proventi di attività illecite di aggredire le imprese».

Sul punto giuridico, va sottolineato il carattere paradossale di questa stralunata intepretazione giuridica. La prudenza non può mai essere “eccessiva” nel senso di configurare un illecito!

Al contrario, il criterio della *prudenza valutativa* è un principio cardine nelle analisi aziendali, volto a garantire una rappresentazione fedele e cauta delle informazioni economico-finanziarie. In ambito penale, assume rilievo nelle valutazioni legate ai reati societari, come false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.) o bancarotta fraudolenta (art. 216 R.D. 267/1942). La prudenza impone di adottare un approccio conservativo nella stima di rischi e passività, evitando sovrastime di attivi o sottostime di perdite che potrebbero configurare dolo o colpa grave.

L’inosservanza di tale principio può costituire elemento di responsabilità penale o amministrativa ex D.Lgs. 231/2001, specie se finalizzata a indurre in errore soci, creditori o il mercato. In sede giudiziaria, la prudenza valutativa è spesso oggetto di perizie tecniche per verificare la correttezza delle scelte aziendali e l’eventuale rilevanza penale delle condotte adottate.

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