Meloni a tutto campo: "Già nel 2025 spesa per la difesa al 2%"

La premier al question time al Senato: "La sicurezza del Paese ha un prezzo". Lite con le opposizioni "Favorevole alle preferenze sulla legge elettorale". E insiste: il premierato è la madre di tutte le riforme.

Mag 8, 2025 - 06:38
 0
Meloni a tutto campo: "Già nel 2025 spesa per la difesa al 2%"

Il botta e risposta tra Giorgia Meloni e i rappresentanti di tutti i partiti in diretta tv avrebbe dovuto svolgersi dieci giorni fa e si vede. Il premier time è stato rinviato per la morte di papa Francesco, ma le domande sono rimaste le stesse e non sono sempre puntuali. Tutto il centrosinistra o quasi, ad esempio, rinfaccia alla premier il silenzio su Gaza, nessuno però le chiede nulla in merito. E neppure sull’Ucraina. Si tratta di interrogazioni scritte sotto la suggestione del suo viaggio a Washington. Calenda apre le danze mettendo sul tavolo le spese per la difesa. "Porteremo entro il 2025 il contributo Nato italiano al 2% del Pil – chiarisce Meloni –. Da patriota ho sempre sostenuto che la libertà ha un prezzo". Peccato che proprio sul "prezzo" il leader di Azione chiedeva delucidazione: aumenteremo lo stanziamento?, insisteva nelle ore in cui il Consiglio atlantico confermava i nuovo target del 5% da concordare al vertice di giugno. La premier svicola, ma il 5 Stelle Patuanelli rilancia: tutti quei miliardi come li trovate? Tagli, tasse o supercazzola? E lei: "Abbiamo un concetto di difesa a 360°". Supercazzola, o volendo, gioco di prestigio contabile.

Mancano le scintille abituali negli interventi in aula della premier. Lo show si svolge al Senato, assenti i principali leader dell’opposizione che sono deputati, e Giorgia dà il meglio con Conte (assiste in tribuna) e Schlein. Un po’ si azzuffa con Renzi in un duello a colpi di battute velenose: "Mi chiede se mi dimetterei ove sconfitta al referendum? Non farei mai niente che abbia già fatto lei". Risposta sullo stesso tono: "In effetti, noi facevamo vere riforme". Una notizia c’è: pressata dal leader di Italia viva, afferma di essere "favorevole alle preferenze". Se ci sarà una nuova legge elettorale, ci saranno anche quelle. Il passaggio sulle riforme istituzionali non dice niente di nuovo: il premierato è sempre "la madre di tutte le riforme", sarà "approvato con certezza". Come la separazione delle carriere.

Il capitolo Trump è il più ricco, insieme al quotidiano duello sulla situazione economica che l’opposizione vede disastrosa e la premier se non trionfale certo in rosa acceso. Su un punto però nessuno può permettersi di vedere tinte diverse dal nero: lo stato della sanità e le liste d’attesa. La colpa per la premier è delle regioni: "Le risorse per le liste d’attesa le gestiscono loro". A incalzare sull’incontro con il presidente americano è l’Avs De Cristofaro: "Era partita per fargli cancellare i dazi, è tornata con la promessa di 40 miliardi a spese dei contribuenti". Meloni sbotta: da dove spunta questa cifra? "L’esborso per la Nato l’aveva pattuito chi stava al governo nel 2014", Matteo Renzi, quanto ai 10 miliardi di investimenti italiani negli Usa "erano già stati programmati". Il punto nodale è il gas: la diversificazione delle fonti è conseguenza dell’invasione dell’Ucraina, spiega la premier. L’uso del gas liquido americano era stato deciso sotto Biden "siccome ora c’è un repubblicano alla Casa Bianca vogliamo ricominciare a comprare il gas di Putin?". Nel complesso, nei confronti del tycoon si percepisce un raffreddamento rispetto ai giorni successivi al viaggio negli Usa.

In mezzo c’è stata la diplomazia funebre che ha prodotto meno di quanto la premier auspicasse. Quando parla, spontaneamente, di Ucraina usa accenti diversi, più forti: c’è sempre il "sostegno" agli sforzi di Trump per la pace, però "servono garanzie di sicurezza efficaci per la Nazione aggredita". Resta nel mezzo, ma sbilanciata a favore dell’Europa anche perché al suo appoggio deve il gran finale sull’immigrazione, tema sollevato dal capogruppo del suo partito, Lucio Malan. Meloni brandisce il pronunciamento della Commissione Ue sui Paesi sicuri: "Tra questi ci sono quelli di provenienza dei migranti i cui trattenimenti i giudici non convalidarono". Di qui l’affondo contro i magistrati che ostacolano l’operazione Albania: "Andiamo avanti con determinazione sull’attuazione del Protocollo. Entro questa settimana il 25% dei migranti trattenuti nei Cpr sarà rimpatriato", ma alcuni tribunali "pare stiano disponendo il ritrasferimento in Italia". Legge l’elenco dei reati (dalla violenza sessuale all’adescamento di minori) a carico dei trasferiti in Albania: l’effetto scenico è garantito. Stavolta è più grazie Ursula che grazie Donald.