L’intelligenza artificiale può salvare il Pianeta? Solo se smette di consumarlo

L’Unione europea punta a essere carbon neutral entro il 2050, coniugando sostenibilità e competitività economica. In questa corsa contro il tempo, l’intelligenza artificiale (IA) potrebbe diventare un alleato strategico: secondo il documento “The AI opportunity for Europe’s climate goals – a policy roadmap“, pubblicato l’8 aprile 2025, le tecnologie IA potrebbero contribuire a ridurre tra...

Apr 9, 2025 - 15:51
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L’intelligenza artificiale può salvare il Pianeta? Solo se smette di consumarlo

L’Unione europea punta a essere carbon neutral entro il 2050, coniugando sostenibilità e competitività economica. In questa corsa contro il tempo, l’intelligenza artificiale (IA) potrebbe diventare un alleato strategico: secondo il documentoThe AI opportunity for Europe’s climate goals – a policy roadmap“, pubblicato l’8 aprile 2025, le tecnologie IA potrebbero contribuire a ridurre tra il 5 e il 10% delle emissioni globali di gas serra entro il 2030, l’equivalente dell’intera produzione annuale dell’Ue. Ma questa stessa tecnologia, se non gestita con attenzione, rischia di diventare un boomerang ambientale.

A crederci, tra gli altri, è Google, protagonista di una transizione che promette innovazione sostenibile. L’azienda, che si dichiara carbon neutral dal 2007 e che dal 2017 compensa il 100% del proprio consumo energetico con fonti rinnovabili, mira a operare completamente con energia a zero emissioni entro il 2030. Eppure, tra promesse e realtà, emergono criticità crescenti.

Nel solo 2023, le emissioni dei data center di Google sono aumentate del 48% rispetto al 2019. Il colpevole? L’intelligenza artificiale generativa, come Gemini, che alimenta numerosi prodotti Google: da Earth a Gmail, da Docs a Ricerca. Questi modelli richiedono un’enorme potenza di calcolo, con conseguenti carichi di lavoro intensivi, sia dal punto di vista energetico che idrico.

Nel 2021, i data center di Google hanno utilizzato 5,6 miliardi di galloni d’acqua per i sistemi di raffreddamento. È probabile che oggi questa cifra sia ancora più alta. In regioni come The Dalles (Oregon), dove Google ha un grande centro dati, le comunità locali hanno denunciato la pressione sulle risorse idriche, soprattutto durante i periodi di siccità.

Il paradosso è evidente: l’IA può aiutare a risolvere la crisi climatica, ma nella sua forma attuale rischia di aggravarla. Un concetto ribadito anche dalla ricercatrice Fieke Jansen del progetto DATACTIVE dell’Università di Amsterdam: «Le ambizioni di Google in materia di intelligenza artificiale sono incompatibili con i suoi obiettivi climatici. Non si può aumentare le emissioni e affermare di essere sostenibili».

Il problema non è solo di consumo. È anche – e forse soprattutto – di trasparenza. I report ambientali di Google, così come quelli di altri colossi tech, non forniscono dati disaggregati sul consumo energetico e idrico delle applicazioni basate su IA. Questo rende quasi impossibile valutare l’impatto reale di Gemini e di tecnologie simili.

Nel frattempo, la Commissione europea suggerisce una strategia su tre fronti per affrontare questa sfida: abilitare, implementare e guidare. L’idea è di creare le infrastrutture necessarie per l’IA sostenibile (accesso ai dati, sviluppo delle competenze, investimento tecnologico), favorirne l’adozione nei settori chiave (energia, industria, trasporti, agricoltura) e regolamentare l’intero ecosistema per mitigarne i rischi.

Il potenziale è immenso: l’adozione efficace dell’IA potrebbe ridurre fino al 40% il consumo energetico degli edifici industriali europei e generare un incremento economico di 1.200 miliardi di euro in dieci anni. Ma la direzione è tutto.

Google, dal canto suo, ha avviato alcune iniziative con DeepMind per ridurre il footprint ambientale dei modelli, come l’ottimizzazione delle architetture e la pianificazione dei carichi di lavoro. Ma si tratta di passi ancora piccoli rispetto all’espansione rapida dell’intelligenza artificiale.

Il contesto è più ampio: anche Meta, Microsoft e Amazon stanno integrando IA generativa nelle loro piattaforme, moltiplicando la domanda energetica. La corsa globale all’intelligenza artificiale sta creando un gap sempre più evidente tra innovazione digitale e sostenibilità ambientale.

Per ridurre questo scarto, occorre agire ora. Serve trasparenza nei dati, obblighi normativi sulla rendicontazione ambientale specifica per l’IA e investimenti in infrastrutture a emissioni zero.

Come sottolinea Jansen, «le aziende tecnologiche non possono contare su obiettivi di compensazione o su promesse per il 2030. Devono dimostrare subito che i loro modelli sono davvero sostenibili». L’IA può essere uno strumento potente nella lotta contro il cambiamento climatico. Ma senza responsabilità, rischia di diventare l’ennesima soluzione che alimenta il problema.

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