L’insurtech ridisegna il futuro delle polizze

Simone Ranucci Brandimarte, presidente di Italian Insurtech Association, spiega come la tecnologia sta trasformando il mercato assicurativo tra nuovi canali di vendita e digitalizzazione degli intermediari L'articolo L’insurtech ridisegna il futuro delle polizze proviene da Economy Magazine.

Apr 14, 2025 - 16:45
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L’insurtech ridisegna il futuro delle polizze

«Lei mi chiede se il mercato assicurativo crescerà ancora su Internet? Le rispondo con un dato che mi sembra molto rilevante: dal 1° marzo scorso le richieste di informazioni sulle polizze catastrofali sono cresciute, su Google, del 1.400 per cento!»:  Simone Ranucci Brandimarte, presidente di Italian Insurtech Association (Iia), ha idee chiare. Anche le polizze avranno un grande avvenire in Rete. Il fatto che, diversamente dalla maggior parte dei popoli europei (per non parlare degli americani), gli italiani siano ancora in grandissima prevalenza affezionato all’acquisto “fisico” delle polizze, attraverso il classicissimo canale dell’agenzia assicurativa, non smentisce i progressi della Rete: «La vendita online di prodotti assicurativi anche complessi, come la Rc professionale, le polizze per la o anche le polizze anticatastrofali di base aumenterà. Ma non solo e non tanto in modalità diretta, no! I principali driver della crescita delle vendite di polizze sul canale web sono gli agenti e i subagenti che si servono di piattaforme online per selezionare e negoziare i prodotti, salvo poi interfacciare ancora i prodotti in modalità tradizionale, di persona!».

Dunque, presidente, la Rete sta davvero scombussolando anche il settore più protetto e conservatore che esista sul mercato, quello delle assicurazioni?

Preferisco parlare di impatto tecnologico virtuoso, che si sostanzia in un aumento generalizzato del ricorso a soluzioni digitali, ma anche nello sviluppo di applicazioni di intelligenza artificiale molto utili e dunque, nell’insieme, di un allargamento del mercato assicurativo, in due direzioni…

Quali?

Intanto nel segno dell’evoluzione e flessibilizzazione dei prodotti, ormai sempre più dinamici. Penso alle polizze instant e pay-per-use, ideali anche per settori di clientela incrementale finora sottoassicurata. Inoltre, grazie all’insurtech, sono sempre di più i soggetti aziendali non assicurativi che ormai distribuiscono anche  prodotti assicurativi: penso alle telco ed alle utilities, ma anche ai grandi retailers, alle new banks digitali, ai grandi player sportivi. Solo in Italia nel 2019 la nostra associazione registrava tra i soci 60 player non assicurativi, nel giugno dell’anno scorso 2024 ne registravamo 240. Soggetti come Wind, o Tim, o Enel o Eni fanno della parte assicurativa una diversificazione verticale importante perché il margine dei prodotti assicurativi è ancora alto, rispetto ad altro settori, ed è facile integrarlo in altri tipi di offerta complementare.

Quindi lei vede una specie di confluenza, di matrimonio d’amore, tra mondo assicurativo e hi-tech?

Sì, e questa confluenza avviene proprio perché questi due mondi non solo si parlano ma si aiutano vicendevolmente a sviluppare il business. Vorrei ricordare che dal 2020 e il 2030 si calcola (e i dati intermedi confermano) che proprio sotto la spinta del digitale il mercato assicurativo mondiale stia raddoppiando. Dagli attuali 4,8 trilioni di dollari nel 2020 arriveremo a 10 trilioni. E il fenomeno ha ormai contagiato anche l’Italia, un mercato in crescita che si sta aggiornando dal punto di vista tecnologico e vede l’ingresso sempre di nuovi attori a contendere ai big quote di mercato per ora ancora piccole ma crescenti.

Resta il fatto, però, che l’Italia resta un Paese refrattario al concetto di protezione assicurativa del rischio…

Ma guardi, posso dirle che stiamo assistendo anche al nascere di una nuova, crescente consapevolezza  da parte del sistema del welfare dell’importanza delle assicurazioni, ormai viste da tutti come una leva di crescita del Paese. Ad esempio, la polizza obbligatoria anti-catastrofi è una grande conquista civile, perché dà alle imprese ed al tessuto impreditoriale italiano l’opportunità di avere un maggior livello di sicurezza, sposta gli investimenti dal settore pubblico al settore privato ed è un messaggio molto forte di utilità sociale…

Con quali modalità l’insurtech coopera a questa metamorfosi espansiva del mercato?

Innanzitutto, e tengo a ripeterlo, l’insurtech non si basa solo sull’aumento delle polizze distribuite online direttamente ai clienti, ma anche sull’uso degli strumenti digitali da parte degli intermediari. Gli agenti, i subagenti e i broker stanno acquisendo la consapevolezza degli strumenti a loro disposizione. Nel 2020 le polizze digitali erano il 23% del mercato. Prevediamo che in alcuni rami nel 2030 saranno salite all’80% ma non solo e non tanto per la vendita diretta al consumatore, ma appunto per le nuove modalità di accesso e utilizzo dei prodotti attraverso agenti e broker ma in via digitale. Non prevediamo quindi una disintermediazione delle reti ma un loro potenziamento con gli strumenti del digitale. Si parla, nel settore, di “bionic agent”…

E poi ci sono gli altri canali di vendita!

Grazie all’insurtech i canali extra-settore stanno aumentando l’inserimento di prodotti assicurativi nella loro offerta. Nel 2024 ben 9 nuovi conti correnti bancari su 10 sono stati aperti online, e le polizze sono sempre presenti nell’online banking. Nelle utilities 1 nuovo contratto su 2 viene chiuso online e i prodotti assicurativi, nel loro marketing, fanno leva su questo funnel di vendita. L’altro fattore importante è che le nuove generazioni fanno dell’online un determinato canale di comparazione per scegliere cosa comprare…

Tutto questo però si direbbe non stia facendo nascere nuovi player del settore, piuttosto che stia facendo evolvere gli incumbent…

La rivoluzione digitale nel settore assicurativo è partita dopo che in altri, direi con un delay di circa 10 anni rispetto al bancario. E mentre in mondi come il publishing o il travel o il retail, con l’ecommerce, il digitale ha cambiato tutto, nel credito ieri come nell’assicurativo oggi non ha cambiato la geografia delle leadership. Gli operatori dominanti sono stati anzi favoriti e gli equilibri del mercato sono rimasti lo stesso, nell’insurtech oltre il 70% degli investimenti arriva dalle compagnie assicurative tradizionali.

E dunque chi sono i vostri soci in Iia?

I nostri 250 soci sono compagnie, broker, intermediari, società tecnologiche e player non assicurativi come le banche. E poi, sì, anche qualche nuovo operatore insurtech puro. Le start-up ci sono, ma in Italia sono di meno che altrove. Nel settore insurtech sono stati investiti in Italia 300 milioni di euro negli ultimi 5 anni, contrro i 3 miliardi della Francia e i 4,5 del Regno Unito. Eppure in Italia le startup inusrtech vanno meglio perché trovano un mercato più aperto! E del resto, l’Italia attrae molto i grandi player assicurativi internazionali che ci vedono grandi potenzialità di sviluppo. Abbiamo valori di penetrazione assicurativa di 3 volte inferiori alla media e addirittura 5 volte rispetto ai Paesi più assicurati. I fondi d’investimento stanno entrando per razionalizzare il mercato del brokeragio molto polverizzato che abbiamo. 

E che ruolo vi prefiggete di svolgere come associazione nel settore?

Quello di promuovere e accelerare una digitalizzazione sostenibile… Anche attraendo risorse giovani, che oggi trovano il settore assicurativo poco appealing, addirittura al 14° posto nella classifica delle attività più ambite. Vogliamo creare eventi per evidenziare temi innovativi, promuovere ricerche sull’intelligenza artificiale, sviluppare maggior opinion-leadership. E puntiamo molto sulla formazione, ogni anno eroghiamo 20 mila ore di formazione su agenti, broker, compagnie assicurative e soprattutto player non assicurativi che entrano nel mondo delle polizze. E, per riuscirci, abbiamo sviluppato partnership con oltre 15 università.

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