Leone XIV, primo papa americano, rischia una stangata a sei cifre dal fisco degli Stati Uniti

Papa Leone XIV, cittadino americano, potrebbe essere tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi negli Stati Uniti, con un potenziale debito fiscale da oltre 130mila dollari (120mila euro). La sua elezione potrebbe dunque – secondo Fortune – aprire un’inedita questione tra il fisco americano e il Vaticano. Appena eletto alla guida della Chiesa cattolica, Papa […] L'articolo Leone XIV, primo papa americano, rischia una stangata a sei cifre dal fisco degli Stati Uniti proviene da Economy Magazine.

Mag 15, 2025 - 19:50
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Leone XIV, primo papa americano, rischia una stangata a sei cifre dal fisco degli Stati Uniti

Papa Leone XIV, cittadino americano, potrebbe essere tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi negli Stati Uniti, con un potenziale debito fiscale da oltre 130mila dollari (120mila euro). La sua elezione potrebbe dunque – secondo Fortune – aprire un’inedita questione tra il fisco americano e il Vaticano.

Appena eletto alla guida della Chiesa cattolica, Papa Leone, nato Robert Prevost a Chicago, si trova a fronteggiare un tema lontano dal diritto canonico. In quanto cittadino americano, il pontefice potrebbe essere tenuto a dichiarare il proprio reddito al fisco statunitense, come qualsiasi altro connazionale residente all’estero. E non si parla di spiccioli.

Grazie allo stipendio papale di circa 30mila euro al mese la sua esposizione fiscale potrebbe sfiorare i 135mila dollari (circa 124mila euro), ha stimato Hector Castaneda, commercialista con base a Washington. In assenza di un’esenzione specifica o della rinuncia alla cittadinanza, il pontefice sarà infatti soggetto alla normativa fiscale Usa che impone la tassazione del reddito globale di tutti i cittadini, ovunque risiedano.

Nessuna eccezione per i santi

Secondo gli esperti, non esistono al momento deroghe esplicite per capi religiosi o capi di Stato esteri, nemmeno per chi, come il papa, guida uno Stato indipendente. “La legge fiscale americana rivendica il diritto di tassare tutti i cittadini sui redditi globali”, ha spiegato il professor Timothy Fogarty, docente di contabilità alla Case Western Reserve University. Né la Casa Bianca né il Dipartimento del Tesoro hanno commentato, lasciando la questione sospesa nel silenzio.

Inoltre, la posizione finanziaria del pontefice potrebbe complicarsi ulteriormente a causa del suo ruolo istituzionale. Essendo a capo dello Stato Vaticano, e quindi con accesso e potere di firma su conti bancari internazionali, Papa Leo XIV potrebbe dover compilare anche i moduli previsti dal Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA), e persino presentare il modulo 8938, utilizzato per dichiarare beni patrimoniali all’estero.

Le (poche) vie d’uscita

Secondo Linda Jensen, esperta fiscale e fondatrice dell’Heart Financial Group, il papa avrebbe poche possibilità per abbattere l’imposta. Potrebbe usufruire della deduzione standard da 14.600 dollari e, in base alle regole riservate al clero, dedurre una parte delle spese abitative, se dimostrabili. Tuttavia, l’esenzione per reddito estero (fino a 130.000 dollari) non si applica ai redditi provenienti da governi stranieri, come quello del Vaticano.

C’è anche un’ulteriore variabile: se in passato Prevost avesse dichiarato obiezione religiosa al sistema previdenziale pubblico americano, potrebbe non essere soggetto alle imposte per la sicurezza sociale e Medicare. Ma si tratta di una condizione rara e tutta da verificare.

Un grana (anche) per il Vaticano

L’elezione del primo papa americano potrebbe dunque aprire un inedito fronte diplomatico tra il Vaticano e gli Stati Uniti, che potrebbero esigere una trasparenza mai affrontata prima sui conti papali. Il fatto stesso che Leo XIV detenga la cittadinanza americana lo rende un soggetto obbligato alla compliance fiscale USA, e indirettamente espone la Santa Sede agli obblighi di reportistica.

Se Leo XIV sceglierà di conservare il suo passaporto americano, si troverà presto a fare i conti – in senso letterale – con l’IRS. In caso contrario, potrebbe dover rinunciare alla cittadinanza, come già fatto da altri cittadini americani divenuti capi di Stato o personalità religiose internazionali.

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