Le Valorose | Muriel Siebert, storia della prima donna che ha conquistato la Borsa di New York

Il pensiero visionario e moderno di Muriel Siebert era che le donne avessero le carte in regola per ottenere denaro e potere, ma occorreva che si legittimassero a farlo, che fosse urgente rimuovere le diffuse discriminazioni e che la loro avanzata rappresentasse un vantaggio per il sistema

Mag 14, 2025 - 08:00
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Le Valorose | Muriel Siebert, storia della prima donna che ha conquistato la Borsa di New York

Prima donna a diventare membro della Borsa di New York, nel 1967, Muriel Siebert è tra le donne che hanno fatto la storia in un mondo popolato di soli uomini. A New York, arriva a 26 anni da Cleveland, Ohio, a bordo della sua Studebaker usata, contando sui 500 dollari che tiene in borsa. È il 1954, i media idealizzano il modello della donna moglie e casalinga che mette i bisogni della famiglia davanti ai propri: quelle che lavorano fanno perlopiù mestieri considerati femminili, l’infermiera, l’insegnante, la segretaria; l’autorealizzazione per le donne è una voglia di là da venire, il denaro e il potere non ne parliamo. Muriel non ha la laurea, perché per prendersi cura di suo padre malato ha lasciato l’università, ma ha dalla sua idee chiare, un’indole determinata e tenacissima, l’istinto di andare controvento.

Il suo sogno? Guadagnare quanto un uomo

Il suo primo impiego fu nel reparto ricerca della società di investimenti Bache&Company, ma cambiò più aziende di intermediazione finanziaria. Aveva un sogno spavaldo, e lo dichiarava: quello di guadagnare come un uomo, perché sin dal suo primo lavoro, a 65 dollari a settimana, aveva realizzato che i suoi colleghi maschi, capaci quanto lo era lei, venivano pagati puntualmente di più. Realizzò che quel sogno di equità economica poteva passare solo attraverso il trading sul più grande mercato azionario del mondo: la Borsa di New York. E non era un caso, però, che il New York Stock Exchange fosse un luogo di soli uomini. Ne cercò con ostinazione l’appoggio, tentò di conquistarsi la sponsorizzazione di figure della finanza molto in vista, ma la sua candidatura non decollava mai. Così si decise a uno scambio audace: per conquistare il posto alla Borsa su cui puntava avrebbe versato 445mila dollari, presentando una lettera di garanzia di una banca che copriva la cifra con 300mila dollari. Lavorò all’operazione per lunghi mesi finché, finalmente, ottenuta la fiducia della Chase Manhattan Bank, il 28 dicembre 1967 scoccò l’ora del suo debutto a Wall Street e di quell’unicità che fece di lei la prima donna al mondo della finanza. «Per 10 anni, del New York Stock Exchange facevano parte come membri 1.365 uomini. In più, c’ero io», racconta nella sua autobiografia Changing the Rules: Adventures of a Wall Street Maverick. 

Chi arriva in cima deve sostenere le altre!

Nonostante fosse l’unica donna in quella società ristretta ai soli maschi che era la finanza, non sembrò mai sentirsi un’intrusa. Anzi. Appena due anni dopo il suo debutto a Wall Street, costituì una società tutta sua, la Muriel Siebert&Company, diventando così anche la prima donna proprietaria di una società di intermediazione finanziaria. E siccome il suo carisma era ormai più che riconosciuto, nel 1977 il Governatore di New York, Hugh Carey, la chiamò a sovrintendere  il sistema bancario dello Stato e anche quella volta fu l’eccezione che confermava la regola, ovvero diventò la prima donna a ricoprire quella carica. Muriel Siebert non si accontentò di stare sulle vette, ma si adoperò in mille modi perché altre donne potessero fare come lei, consapevole che si vince anche disturbando. Leggendaria restò la battaglia per ottenere che al NYSE aprissero un bagno destinato alle donne dove lei voleva, minacciando di installare una provocatoria toilette portatile. Attraverso la sua organizzazione Siebert Entrepreneurial Philanthropic Plan, esercitò anche una diffusa azione filantropica e fu una grande sostenitrice dell’educazione finanziaria per le donne: era convinta che sapere come guadagnare e valorizzare il denaro fosse un ponte verso l’autonomia e l’autorealizzazione. 

Una visione in anticipo sui tempi

Il pensiero visionario e moderno di questa fuoriclasse pioniera, che nei primi anni Ottanta tentò anche la carriera politica candidandosi alle primarie per il Senato con i Repubblicani, era che le donne avessero le carte in regola per ottenere denaro e potere, ma occorreva che si legittimassero a farlo, che fosse urgente rimuovere le diffuse discriminazioni che ne ostacolavano l’affermazione professionale e che la loro avanzata rappresentasse un vantaggio per il sistema: in finanza avrebbero portato il valore unico del loro sguardo, di una visione sul mondo differente e complementare a quella maschile, perciò capace di potenziare il sistema. Oggi le sue parole suonano ancora forti e nettamente contemporanee: «Gli uomini ai vertici dell’industria e del governo dovrebbero essere più disposti a rischiare di condividere la leadership con donne e persone delle minoranze che non siano semplici cloni dei loro amici maschi bianchi», disse una volta. «In questi tempi di rapidi cambiamenti, abbiamo bisogno di punti di vista ed esperienze diverse, abbiamo bisogno di un range di talenti più ampio. Il vero rischio sta nel continuare a fare le cose come si sono sempre fatte».