Lavoro, sempre più diffuso il quiet quitting
Il fenomeno di distaccarsi emotivamente dal proprio impiego causa 8,9 trilioni di dollari di danni ogni anno

Roma, 12 maggio 2025 – E’ una tacita protesta, un modo per lavorare il meno possibile, distaccandosi emotivamente dal proprio impiego, e facendo solo il minimo indispensabile. Il quiet quitting, questo nuovo fenomeno che sta danneggiando migliaia di aziende in tutto il mondo, è la spia di un malessere troppe volte sottovalutato, che esplode in una protesta tacita ma molto forte, in ogni angolo del mondo.
L’indagine Gallup
Secondo il report ‘State of the Global Workplace 2024’ di Gallup, il 25% dei lavoratori italiani è “attivamente disimpegnato” (quiet quitting), contro il 16% della media europea. Inoltre, solo il 41% afferma di “stare bene” (vs. 47% europeo) e il 46% dichiara di sentirsi stressato (vs. 37% europeo). In un’altra indagine, commissionata dalla Cgil a Sviluppo Lavoro Italia, la provincia notoriamente dedita al lavoro e al business, quella milanese, dimostra un andamento non dissimile dal resto d’Italia, con 872 persone che fra il 2023 e il 2024 hanno lasciato il loro lavoro a tempo indeterminato, e di queste, il 47,3% ha meno di 34 anni. Il 70% comunque ne ha meno di 44, e tutto ciò colloca Milano al 73esimo posto su 107 province italiane. Tornando al dato nazionale, l’Italia conferma il trend europeo e si impone tra le nazioni con i dipendenti meno impegnati. Il nostro Paese fa meglio solo della Francia, con una percentuale dell’8% di dipendenti attivamente impegnati contro il 7% dei transalpini. Non a caso, gli italiani sono fra quelli che più concretamente cercano un nuovo lavoro, con una percentuale del 41% inferiore solo agli albanesi col 42%. Gli italiani sono i più tristi sul lavoro (lo è il 25%), meglio solo di Regno Unito e Cipro.
Un danno all’economia globale da 8,9 trilioni di dollari
Secondo quanto calcolato da Gallup, il basso impegno dei dipendenti sul lavoro costa all’economia globale 8,9 trilioni di dollari, pari al 9% del Pil mondiale. Negli ultimi 10 anni, il numero di persone che esprimono stress, tristezza, ansia, rabbia o preoccupazione è aumentato, raggiungendo i livelli più alti dall’inizio delle indagini di Gallup. La situazione in Europa non è terribile come in altri continenti (13% di lavoratori, contro il 23% mondiale). Infatti negli States il processo di coinvolgimento dei dipendenti ha toccato i minimi storici, e solo il 31% dei dipendenti dichiara di sentirsi coinvolto a livello aziendale. Tradotto in denaro contante, il disimpegno sul posto di lavoro costa all'economia globale 8,9 trilioni di dollari all’anno. Infatti, esso si traduce in bassa produttività, alto turnover e poca innovazione.
I consigli degli esperti
Per combattere questo problema, gli esperti consigliano ai dirigenti e alle aziende di applicare una serie di correttivi, fra cui creare un ambiente di lavoro positivo, implementare la gestione delle risorse umane con più accoglienza e disponibilità possibili, migliorare il wellbeing aziendale, cioè il benessere fisico, mentale ed emotivo dei dipendenti, e restituire più spesso ai lavoratori dei feedback positivi, al fine di stimolarli e farli sentire parte integrante dell’azienda. Altri consigli riguardano la formazione dei dipendenti, che se è continua durante tutto il percorso professionale, può stimolarli e renderli soddisfatti. Infine, da segnalare che un sondaggio condotto da Glassdoor ha evidenziato come il 79% dei dipendenti preferirebbe dei benefit agli aumenti di stipendio, perché danno la possibilità di rispondere meglio a determinate esigenze, come fare rifornimento al proprio veicolo, fare la spesa, avere sconti per mezzi pubblici e usufruire di convenzioni aziendali utili e vantaggiose.