L’alleanza delle banche per il clima vuole rinunciare al suo obiettivo principale

In piena crisi, l’alleanza delle banche per il clima medita di accantonare l'impegno ad allineare i portafogli all'obiettivo degli 1,5 gradi L'articolo L’alleanza delle banche per il clima vuole rinunciare al suo obiettivo principale proviene da Valori.

Apr 11, 2025 - 06:58
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L’alleanza delle banche per il clima vuole rinunciare al suo obiettivo principale

Ha detto addio a sei tra i maggiori colossi bancari statunitensi, defilatisi uno dopo l’altro all’indomani dell’elezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti. Dopo qualche settimana, ha detto addio anche a cinque delle sei banche giapponesi che ne facevano parte (l’ultima in ordine di tempo è Mizuho Financial Group). Ora la Net Zero Banking Alliance (Nzba), quella che mirava a essere la più vasta alleanza di banche per il clima, valuta di dire addio anche all’obiettivo su cui aveva imperniato la sua missione. Quello di allineare i portafogli dei firmatari a un riscaldamento globale di 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali.

Verso l’addio all’obiettivo di allineare i portafogli agli 1,5 gradi

Le indiscrezioni si rincorrono dalla fine di febbraio e si fanno sempre più insistenti, tant’è che ci si aspetta un voto nel mese di aprile. Dicono che, in sostanza, il comitato direttivo dell’alleanza delle banche per il clima abbia sottoposto ai membri una possibile revisione della strategia. Tra le altre cose, verrebbe meno la richiesta di rendere i portafogli compatibili un riscaldamento globale di 1,5 gradi. L’idea, ha spiegato il presidente della Nzba Shargiil Bashir, è quella di prendere in considerazione «le differenze regionali nei tassi di decarbonizzazione» e «l’ampliarsi del divario tra i percorsi compatibili con l’obiettivo di 1,5 gradi e l’economia reale in molti settori e mercati». Insomma, le banche sarebbero libere di costruirsi i propri obiettivi climatici su misura.

Peccato solo che «c’è consenso tra i climatologi sul fatto che il riscaldamento globale debba essere limitato agli 1,5 gradi centigradi al di sopra della media preindustriale entro la fine del secolo, per evitare gli impatti peggiori dei cambiamenti climatici». E «il settore bancario ha un ruolo centrale nell’affrontare questa sfida. Le banche da sole non possono risolvere la crisi climatica, ma possono agire come parte di un ecosistema più vasto per supportare la riduzione delle emissioni di gas serra collaborando con i propri clienti e partner e offrendo, ove possibile, soluzioni finanziarie mentre questi intraprendono la transizione verso un’economia a basse emissioni di CO2». Sono le parole con cui si aprono le linee guida della Net Zero Banking Alliance attualmente in vigore.

L’alleanza delle banche per il clima le tenta tutte pur di sopravvivere

Lo stesso Bashir non fa mistero di quanto le circostanze esterne siano profondamente cambiate rispetto a quattro anni fa, quando l’alleanza delle banche per il clima fu lanciata con grandi ambizioni e grandi promesse. Alla pari di quella delle assicurazioni che dallo scorso maggio non esiste più. Di quella degli asset manager che ha sospeso le attività dopo la defezione del più grande e influente, BlackRock. E delle altre coalizioni settoriali riunite sotto l’ombrello della Glasgow Financial Alliance for Net Zero (che ormai non le menziona nemmeno). Quest’ultima esiste ancora, almeno formalmente. Ma, nonostante il nome, ha abbandonato qualsiasi velleità di azzeramento delle emissioni – che prima o poi avrebbe imposto ai firmatari di chiudere con i combustibili fossili – e ora si propone soltanto di mobilitare capitali per la transizione energetica.

Non è poi così difficile spiegarsi questo declino verticale. Quattro anni fa, promettere di agire per il clima faceva guadagnare consensi. Ora non più. Soprattutto Oltreoceano, con un’amministrazione Trump scatenata nel distruggere ciò che Joe Biden aveva costruito per la transizione ecologica. Si direbbe che la Net Zero Banking Alliance sia alla disperata ricerca di un appiglio per adattarsi a questa nuova realtà. Ridimensionata sia nelle dimensioni, sia nelle ambizioni. Meno rappresentativa, perché tenuta in piedi soprattutto dai membri europei. Ma in questa nuova veste avrà un impatto reale, facendo calare le emissioni finanziate? Il dubbio è lecito. Tanto più perché negli scorsi anni – nonostante i target stringenti e il favore politico nei confronti della decarbonizzazione – le banche firmatarie hanno comunque continuato indisturbate a finanziare le fonti fossili. Una volta caduto anche l’impegno formale di allinearsi agli 1,5 gradi, viene da chiedersi cosa resterà, se non una scatola vuota.

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