La riserva strategica di criptovalute di Trump è «una gigantesca truffa»?
Donald Trump annuncia l'Usd1 e una riserva di criptovalute con fondi pubblici. Sta preparando una vera e propria rapina digitale mondiale? L'articolo La riserva strategica di criptovalute di Trump è «una gigantesca truffa»? proviene da Valori.

Di recente la piattaforma di scambio di criptovalute Bybit, con sede a Dubai, è stata vittima di un furto record. Alcuni hacker hanno sottratto circa 1,5 miliardi di dollari in criptovalute e li hanno convertiti in Bitcoin, in quello che gli esperti definiscono il più grande furto di valuta digitale mai avvenuto. L’Fbi ha attribuito l’attacco al regime nordcoreano che utilizza queste risorse per finanziare la propria dittatura. Nonostante l’enormità della cifra, la notizia ha faticato a emergere perché il tema è complesso agli occhi del grande pubblico.
In un contesto segnato da opacità e impreparazione, negli Stati Uniti sta prendendo forma un progetto che l’economista premio Nobel Paul Krugman ha già definito come una delle più grandi operazioni speculative della storia. Anzi, per riprendere le sue esatte parole, «una gigantesca truffa». Donald Trump, infatti, ha annunciato la creazione di una «riserva strategica di criptovalute» finanziata con denaro pubblico.
La riserva strategica di criptovalute voluta da Trump
L’idea di una riserva strategica richiama la Strategic Petroleum Reserve, ma con una differenza sostanziale. Invece di una risorsa fisica come il petrolio, si tratterebbe di una raccolta di dati digitali, esposti ad attacchi informatici e soggetti a una volatilità estrema. Finora, le criptovalute hanno trovato largo impiego in operazioni speculative e transazioni illecite, dal riciclaggio di denaro ai pagamenti per riscatti informatici.
Tra le più utilizzate in questo contesto c’è Tether, una stablecoin – ossia una moneta digitale ancorata a una valuta reale, in questo caso il dollaro statunitense – gestita da investitori vicini all’amministrazione Trump. Uno di loro è Howard Lutnick, attuale segretario al Commercio degli Stati Uniti. Proprio colui che sta terrorizzando le economie mondiali a suon di annunci di dazi. Non è un caso se Lutnick è Ceo del gruppo finanziario Cantor Fitzgerald che detiene ingenti riserve di Tether.
I due schemi speculativi del mondo crypto che mettono a rischio l’economia globale
Ma perché una riserva di criptovalute finanziata con fondi pubblici rappresenta una minaccia per l’economia statunitense e, a cascata, per quella mondiale? Lo spiega Paul Krugman, individuando due schemi speculativi ricorrenti nel mondo crypto: il rug-pull e il pump-and-dump. Il primo significa letteralmente “tirare via il tappeto” e si verifica quando gli sviluppatori di un progetto crypto raccolgono fondi dagli investitori per poi scomparire, lasciandolo senza valore. Il meccanismo più comune consiste nel ritirare tutta la liquidità da un pool di scambio o vendere in massa i propri token, facendo crollare il prezzo a zero.
Il pump-and-dump, invece, significa “gonfia e scarica” ed è il rischio più vicino a quello che potrebbe succedere con la riserva voluta da Trump. In questo schema manipolativo, un gruppo di investitori o insider gonfia artificialmente il prezzo di un asset, spesso con annunci ingannevoli o hype sui social, attirando acquirenti. Quando il valore ha raggiunto un picco, i promotori vendono rapidamente le loro quote. Provocando un crollo improvviso che si traduce in perdite ingenti per i piccoli risparmiatori. È una tecnica più antica, già utilizzata nei mercati azionari prima dell’era delle criptovalute.
Così, se la proposta di Trump diventasse realtà, il mercato cripto subirebbe un’impennata iniziale seguita da un crollo altrettanto rapido. Con enormi profitti per pochi speculatori e pesanti perdite per piccoli risparmiatori e contribuenti americani. Uno scenario già visto in Argentina sotto la presidenza di Javier Milei con la criptovaluta $Libra e ripetutosi con il token $Trump, crollato dell’80% poche settimane dopo il lancio. Con la riserva strategica, il governo stesso diventerebbe il principale acquirente, sostenendo artificiosamente i prezzi e creando un’enorme opportunità di guadagno per gli speculatori. I costi di un eventuale collasso, invece, ricadrebbero interamente sui contribuenti.
Trump promuove gli stablecoin, criptovalute legate al dollaro
L’influenza crescente del settore crypto sulla politica statunitense potrebbe avere ripercussioni a livello globale, in particolare per l’Europa. A tal proposito, il 23 gennaio Trump ha firmato un ordine esecutivo volto a «promuovere e proteggere la sovranità del dollaro», con l’obiettivo di spingere lo sviluppo e l’adozione di stablecoin legati alla valuta statunitense. Recentemente Donald Trump ha lanciato lo stablecoin USD1, legato al dollaro statunitense. Il tutto è stato messo in piedi da World Liberty Financial (Wlf), una società di cui Trump e la sua famiglia possiedono il 60%.
Il legame tra Wlf e il presidente potrebbe non essere proprio il massimo in termini di imparzialità. Si teme che la regolamentazione delle criptovalute finisca per favorire gli affari familiari di Trump, rischiando di compromettere l’integrità del processo legislativo. Anche l’amministratore delegato di Blackrock, Larry Fink, è preoccupato. Nella lettera annuale agli investitori, pubblicata di recente, si domanda: «Il bitcoin può erodere lo stato del dollaro come moneta di riserva?».
Una minaccia anche per l’Europa?
Inoltre, gli effetti concreti di questa strategia potrebbero manifestarsi in Europa sotto forma di nuove abitudini di pagamento. Sebbene pagare con uno stablecoin possa sembrare più conveniente rispetto alle carte di credito tradizionali, al momento le criptovalute non sono ancora un’alternativa davvero valida ai metodi di pagamento consolidati. Tuttavia, certi movimenti suscitano più di qualche dubbio. Come la recente mossa di Elon Musk, che guida il Dipartimento per l’efficienza governativa di Trump e che ha annunciato X Money, la piattaforma sul suo social network X per accettare pagamenti in criptovalute.
C’è chi, di fronte a questa minaccia annunciata, propone di accelerare il progetto dell’euro digitale, un sistema di pagamento elettronico senza costi che potrebbe garantire la sovranità monetaria dell’area euro. Tuttavia, il piano è fermo al Parlamento europeo da quasi due anni. Intanto, le coincidenze di intenti tra Trump e Musk fanno presagire un potenziale pericolo per l’economia globale. Quasi come una sorta di rapina digitale.
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