La pulce dei ghiacciai e il rischio scomparsa. Fragilità e ricchezza degli ambienti glaciali
Un recentissimo studio fornisce la prima panoramica sulla biodiversità delle ‘pulci dei ghiacciai’ di Alpi e Appennini, ovvero dei collemboli,...

Un recentissimo studio fornisce la prima panoramica sulla biodiversità delle ‘pulci dei ghiacciai’ di Alpi e Appennini, ovvero dei collemboli, piccoli artropodi imparentati con gli insetti, che vivono a stretto contatto col ghiaccio permanente. Lo studio è coordinato e condotto da ricercatori dell’Università di Siena e del Centro Nazionale di Biodiversità, il primo centro di ricerca nazionale dedicato alla biodiversità, in collaborazione con altri enti quali l’Università degli Studi di Milano e il MUSE, Museo delle Scienze di Trento.
Con il titolo ‘The Unexplored Biodiversity of Glacier Fleas’ è stato pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Zoological Systematics and Evolutionary Research: offre nuovi spunti di riflessione sulla fragilità e la ricchezza degli ambienti glaciali, apparentemente inospitali, e della necessità di studiare ancora la biodiversità del nostro territorio.
Delle undici specie trovate su Alpi e Appennini ben otto sono quelle nuove per la scienza, scoperte dal gruppo di ricerca; cinque di queste specie sono descritte in questo lavoro. La pubblicazione è frutto di un’intensa collaborazione interdisciplinare, che ha visto coinvolti ricercatori di diversi enti di ricerca e università italiane ed europee. Particolarmente significativa è stata la sinergia con l’Università degli Studi di Milano e il MUSE, che ha messo a disposizione dati e competenze fondamentali per la riuscita del lavoro.
"A questo lavoro – spiega Barbara Valle, ricercatrice dell’Università che ha coordinato le ricerche - seguirà questa estate un progetto di Citizen science denominato ‘CollembolICE’, coordinato dall’ateneo senese che mira a coinvolgere operatori e volontari che lavorano sui ghiacciai nella raccolta di questi organismi: tanti sono ancora i ghiacciai da studiare e poco è il tempo a causa del rapido ritiro degli stessi".
Il lavoro è stato reso disponibile in modalità open access, permettendo a studiosi in ambito accademico e museale, professionisti nel settore della conservazione della natura e cittadini di accedere liberamente ai risultati della ricerca, in un’ottica di scienza aperta e condivisione della conoscenza.