La potente protesta di Miki Mistrati: proiettare il documentario sugli abusi nell’industria del cacao sotto la sede di Nestlé

Il cioccolato è uno dei prodotti più amati al mondo. Ma pochi consumatori sanno che dietro molte tavolette si cela una realtà ben poco dolce: il lavoro minorile e, in molti casi, la vera e propria schiavitù infantile nelle piantagioni di cacao dell’Africa occidentale. Il documentario The Dark Side of Chocolate, diretto da Miki Mistrati...

Mag 5, 2025 - 13:16
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La potente protesta di Miki Mistrati: proiettare il documentario sugli abusi nell’industria del cacao sotto la sede di Nestlé

Il cioccolato è uno dei prodotti più amati al mondo. Ma pochi consumatori sanno che dietro molte tavolette si cela una realtà ben poco dolce: il lavoro minorile e, in molti casi, la vera e propria schiavitù infantile nelle piantagioni di cacao dell’Africa occidentale.

Il documentario The Dark Side of Chocolate, diretto da Miki Mistrati e girato spesso con telecamere nascoste, denuncia come migliaia di bambini – alcuni di appena otto anni – vengano trafficate da Paesi come il Mali per lavorare nelle piantagioni della Costa d’Avorio e del Ghana, che da sole producono circa l’80% del cacao mondiale. I bambini vengono spesso venduti per poche centinaia di euro, costretti a maneggiare machete, esposti ai pesticidi e al rischio di morsi di serpenti velenosi. E quasi mai vengono pagati.

La protesta pacifica sotto la sede di Nestlé

La denuncia non è nuova: già nel 2001 le principali aziende del settore avevano firmato il protocollo Harkin-Engel, promettendo di eliminare il lavoro minorile dalla filiera entro il 2008. Promessa disattesa. Ancora nel 2020, secondo il Norc Report, oltre 1,56 milioni di bambini lavoravano nel settore del cacao, e 30.000 erano vittime di vera e propria schiavitù, come documentato dal Global Slavery Index.

Miki Mistrati, nel corso delle sue inchieste (tra cui il film The Chocolate War), ha più volte cercato il confronto diretto con le multinazionali come Nestlé, Mars, Cargill e Hershey. Ma di fronte al silenzio delle aziende, il regista ha deciso di portare la proiezione del documentario direttamente sotto la sede di Nestlé a Vevey, in Svizzera, montando un maxi schermo per costringere impiegati e dirigenti a “guardare in faccia” la realtà.

Questo gesto, chiaramente provocatorio ma pacifico, aveva l’obiettivo di costringere i dipendenti e i dirigenti dell’azienda a confrontarsi con le immagini del lavoro minorile nei campi di cacao da cui si riforniscono. Durante la proiezione, arrivarono le forze dell’ordine che chiesero agli autori del documentario cosa stesse facendo e se il film fosse “contro Nestlé”. Dopo aver controllato i documenti, la polizia impose lo stop alla proiezione.

Il documentario mostra il lavoro del legale Terrence Collingsworth

Il documentario mostra anche il lavoro del legale statunitense Terrence Collingsworth, che da anni porta avanti cause contro i giganti del cacao, cercando giustizia per i bambini ridotti in schiavitù. Nonostante i miliardi spesi dalle multinazionali in studi legali, Collingsworth ha continuato la sua battaglia anche dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti ha modificato la legge che gli permetteva di agire. Oggi porta avanti il caso in base al Trafficking Victims Protection Act, con l’obiettivo di far condannare chi, consapevolmente, si rifornisce da piantagioni che sfruttano il lavoro minorile.

Le certificazioni come “Fairtrade” o “UTZ Certified” sono spesso poco affidabili. Le cooperative locali mescolano i raccolti di centinaia di piccoli coltivatori, rendendo impossibile tracciare la provenienza dei chicchi. Mistrati denuncia che molte etichette “etiche” siano solo un’illusione per i consumatori occidentali.

In un mondo sempre più attento all’etica dei consumi, The Dark Side of Chocolate rappresenta un invito urgente alla consapevolezza. I consumatori hanno il potere di scegliere, ma devono sapere cosa stanno sostenendo ogni volta che acquistano una tavoletta di cioccolato. Il cambiamento può iniziare anche da lì: dalla consapevolezza di ciò che abbiamo nel carrello.

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