La pericolosa leggenda secondo cui gli squali non si ammalano di cancro

Negli anni 90 si era diffusa una pericolosa leggenda metropolitana per cui gli squali non si ammalano di cancro. Pericolosa ovviamente per gli squali, già insidiati dalla brutale pratica dello spinnamento, ovvero la pesca degli squali per tagliare loro le pinne e buttare via la carcassa, o peggio lo squalo ancora vivo ma ferito a […] L'articolo La pericolosa leggenda secondo cui gli squali non si ammalano di cancro proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 6, 2025 - 10:01
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La pericolosa leggenda secondo cui gli squali non si ammalano di cancro

Negli anni 90 si era diffusa una pericolosa leggenda metropolitana per cui gli squali non si ammalano di cancro. Pericolosa ovviamente per gli squali, già insidiati dalla brutale pratica dello spinnamento, ovvero la pesca degli squali per tagliare loro le pinne e buttare via la carcassa, o peggio lo squalo ancora vivo ma ferito a morte e incapace di nuotare, ottenendo un piatto considerato una delicatezza in Oriente.

A questo si aggiungono i derivati della leggenda che vuole lo squalo non ammalarsi di tumori, e quindi poter essere usato per trarre preziosi elementi farmaceutici anticancro.

Come si è diffusa la leggenda sugli squali

Negli 90 fu pubblicato un testo dall’ampolloso titolo di Gli squali non si ammalano di cancro. La cartilagine di squalo può salvarvi la vita di William Lane. Il testo derivava da una ricerca degli anni 80 nella quale Carl Luer, ricercatore in un acquario della Florida, aveva esposto alcuni squali di acquario alla sostanza cancerogena chiamata Aflatossina B1 senza ottenere esemplari malati.

Il tutto si combinò alla presenza di precedenti ricerche sulle cartilagini: la cartilagine infatti non vascolarizzata, quindi si provò ad usare questo dato per ridurre la vascolarizzazione dei tumori stessi, che durante la loro formazione attirano presso di sé la formazione di nuovi vasi sanguigni: William Lane e Linda Cormac descrissero quindi uno scenario, dimostratosi scientificamente del tutto errato in cui ingurgitando quantità di cartilagine di squalo polverizzata mediante capsule, si sarebbe potuto guarire da diversi tipi di tumore.

Una variante della bufala invece puntò il dito sullo squalene, precursore del colesterolo prodotto dal fegato degli squali, ma anche presente nell’olio di oliva.

Entrambi non dimostrarono alcun effetto. Lane e Cormac in primo luogo non sottoposero mai i loro studi a peer review, limitandosi a millantare grandi risultati in Messico, Panama e Cuba (dove ovviamente non era facile verificare i loro risultati).

Uno studio del 2004 invece dimostrerà che squali e mante possono ammalarsi di cancro eccome: Gary K. Ostrander e i suoi collaboratori descrissero 24 casi di tumore negli squali e 16 casi nelle razze e nelle mante, aggiungendo che, ovviamente, uno studio più ingente richiederebbe un numero di squali osservati improbabile da catturare. Dovremmo sostanzialmente catturare molti squali, tenerli vivi (il pescatore medio, come visto, è più interessato a venderne pinne, cartilagini e carcasse), osservarli per un lungo periodo e talora esporli a sostanze cancerogene ulteriori rispetto a quelle che potrebbero trovarsi nel loro habitat usuale, lontano da agenti inquinanti e cancerogeni.

Lo studio comunque dimostra che gli squali hanno la capacità di ammalarsi di cancro e la loro cartilagine e il loro fegato non hanno virtù miracolose.

Ulteriori studi clinici

Almeno tre studi clinici citati da Airc dal 1998 ad oggi dimostrano invece che non vi è alcuna differenza nella prognosi tra soggetti trattati con polvere di cartilagine di squalo o altri prodotti tratti dal corpo dei predatori marini.

Anzi, il deteriorarsi delle condizioni dell’ambiente e le condizioni non sempre ideali di “raccolta” del pregiato reperto porta gli squali, sia viventi che come carcasse, a venire in contatto con contaminanti come il mercurio, salmonella e agenti patogeni rischiosi per la salute umana. Sostanzialmente si rischia di entrare in contatto con “medicine popolari” contaminate e malsicure senza avere un vero vantaggio, altresì contribuendo a pratiche barbariche come lo spinnamento.

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