La messa di suffragio in duomo: "Il messaggio di Francesco non passerà mai di moda"

Tanti fedeli, anziani, giovani e anche alcuni turisti, hanno partecipato al rosario e alla funzione. Nerbini: "Impegniamoci a costruire una società accogliente, nel solco del Papa".

Apr 22, 2025 - 07:43
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La messa di suffragio in duomo: "Il messaggio di Francesco non passerà mai di moda"

Tristezza, malinconia, commozione ma anche speranza trasparivano dai volti dei fedeli che ieri pomeriggio hanno risposto all’invito del vescovo, monsignor Giovanni Nerbini, a partecipare al rosario e alla messa in suffragio di Papa Francesco, che si è tenuta in duomo.

Sull’altare, a concelebrare, diversi parroci del vicariato. Come tutte le messe di suffragio, si è pregato per il “fratello Francesco“ e nell’omelia il vescovo ha sottolineato proprio come anche nei funerali "non sempre riusciamo a trovare parole di speranza, perché la morte fa paura a tutti ma dobbiamo coltivare la visione del futuro e del nostro credo".

Il vescovo ha particolarmente apprezzato la partecipazione così spontanea dei fedeli che nel lunedì dell’Angelo, solitamente dedicato alle gite fuori porta, alle passeggiate, al riposo, hanno invece deciso di varcare la soglia del duomo per riunirsi in preghiera. C’erano persone di tutte le età, anche giovani, rappresentanti di associazioni come Gianluca Mannelli, proposto della Misericordia e persino alcuni turisti che si sono fermati per una preghiera.

All’inizio dell’omelia monsignor Nerbini ha ricordato il pensiero di Papa Francesco: "La buona novella è la bellezza della chiesa, il messaggio che ci ha lasciato Papa Francesco non passerà mai di moda. Per tutti è facile ricordare, grazie ai giornali e alle televisione, le immagini della sua vita ma lui ha vissuto anche anni di accuse, quelle di aver disfatto la chiesa, di averla svenduta. Sicuramente ci ha sofferto perché lui si metteva in discussione. Tutti non possiamo avere lo stesso pensiero e probabilmente il suo successore non sarà quello che vorremmo. Ma siamo noi ad essere sbagliati perché dobbiamo amare la chiesa, quella che è stata guidata da Giovanni Paolo II, da Joseph Ratzinger e da Francesco. Chiediamo l’invocazione dello Spirito Santo perché sappia indicare il cammino che tutti insieme possiamo percorrere per il bene della chiesa e sia lo Spirito Santo a guidare la scelta del successore di Francesco".

Monsignor Nerbini ha ribadito l’invito a tutti a costruire e non gettare discredito sulla chiesa proprio come avrebbe voluto Papa Francesco.

Poi ha fatto un esempio pratico per evidenziare la cura che il fedele deve avere per la sua chiesa e per il prossimo: "Passeggiando in giardino - ha detto - ho notato che gli ulivi non erano stati potati da troppo tempo, alcuni avevano ancora le olive della stagione passata. Una pianta trascurata è segno di sciatteria, quello che non amava Papa Francesco. Lui, se ricordate, con i suoi gesti e i segni era capace di trasmettere un pensiero, una presenza che parlava per lui". Il vescovo ha ricordato, infine, le parole del Papa durante il periodo del Covid, la sua visione della morte che poi "è la fine di ognuno di noi ma dobbiamo impegnarci per costruire una società accogliente, nel solco tracciato da papa Francesco".

Al termine della messa il vescovo ha invitato le parrocchie a continuare a pregare per Papa Francesco nelle messe che saranno celebrate sino a domenica. Monsignor Nerbini ha ricordato, a livello personale, Papa Francesco come "persona estremamente cordiale, affabile", aveva avuto modo di incontrarlo di persona un anno fa, durante la visita ad limina dei vescovi della Toscana in Vaticano. "Quello - ha detto - fu un incontro veramente fraterno, abbiamo avuto anche dei colloqui individuali, si era mostrato molto interessato alla vita delle nostre Diocesi".

Finita la messa i fedeli, mentre lasciavano la chiesa, ricordavano con nostalgia la visita a Prato del 2015, l’emozione di quella piazza gremita. Papa Francesco aprì anche il congresso ecclesiale nazionale parlando di lavoro e invitando i pratesi a combattere "fino in fondo il cancro della corruzione, il cancro dello sfruttamento umano e lavorativo e il veleno dell’illegalità". E a dieci anni di distanza il messaggio rimane attuale.

M. Serena Quercioli