Un romanzo secco e diretto, come il linguaggio utilizzato da Pavese: nessun compromesso stilistico ed edulcorazioni di sorta. Quel che è si racconta, come in uno specchio.
Nella realtà deformata di una fetta sociale grassa e annoiata, Clelia rivendica la propria libertà di donna lavoratrice e autonoma. Non moglie, non madre, al più amante; disillusa e astuta, severa con gli altri ma più con sé stessa.
“Il lavoro nobilita l’uomo”, rectius la donna… pare gridare ogni pagina e la protagonista orgogliosamente lo rivendica in ogni sua azione. Lei, così intransigente, si incontra e si scontra con l’evanescenza di donne vuote, sole assieme ad altre simili, disturbate e annoiate da una vita di piaceri futili, conquiste regalate e obiettivi poco appaganti.