La democrazia non è infallibile: fino a che punto il voto popolare può coprire crimini contro l’umanità?

di Simone Millimaggi Nella teoria politica moderna, il concetto di legittimità democratica è spesso inteso come un sigillo di approvazione morale. Se un leader viene scelto dalla maggioranza, le sue azioni godono di una presunzione di giustizia. Eppure, la storia ci impone di rivedere questa equazione semplicistica. L’elezione popolare, infatti, non è un’assoluzione preventiva dalle […] L'articolo La democrazia non è infallibile: fino a che punto il voto popolare può coprire crimini contro l’umanità? proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 10, 2025 - 09:20
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La democrazia non è infallibile: fino a che punto il voto popolare può coprire crimini contro l’umanità?

di Simone Millimaggi

Nella teoria politica moderna, il concetto di legittimità democratica è spesso inteso come un sigillo di approvazione morale. Se un leader viene scelto dalla maggioranza, le sue azioni godono di una presunzione di giustizia. Eppure, la storia ci impone di rivedere questa equazione semplicistica. L’elezione popolare, infatti, non è un’assoluzione preventiva dalle colpe del potere, ma piuttosto un mandato condizionato dalla ragione, dall’etica e dal diritto.

Il principio secondo cui “il popolo non sbaglia” è una finzione pericolosa. La democrazia non è un algoritmo infallibile, ma un processo umano, soggetto a manipolazioni, paure collettive e derive autoritarie. L’analisi di tale dilemma ci induce a rivisitare figure storiche emblematiche, tra cui Adolf Hitler. La sua ascesa, infatti, e la conseguente nascita del Terzo Reich non sono ascrivibili a un colpo di Stato militare, ma al prodotto inquietante di una macchina politica che sfruttò il malcontento, la propaganda e la crisi istituzionale per ottenere il sostegno delle masse, servendosi, in effetti, proprio di elezioni e plebisciti. Eppure, nessuna maggioranza può giustificare lo sterminio di milioni di persone.

Allo stesso modo, oggi, Benjamin Netanyahu, sostenuto da una coalizione di governo votata democraticamente, guida politiche che, secondo numerose organizzazioni internazionali, violano sistematicamente i diritti umani dei palestinesi. L’assedio di Gaza, gli insediamenti coloniali in Cisgiordania e le operazioni militari che hanno causato migliaia di vittime civili pongono una domanda scomoda: fino a che punto il voto popolare può coprire crimini contro l’umanità?

Hans Kelsen, giurista e filosofo del diritto, sosteneva che la validità di una norma non dipende dalla sua giustizia intrinseca, ma dalla sua conformità a un sistema legale riconosciuto. Eppure, questa visione positivista entra in crisi di fronte a regimi che, pur essendo formalmente legittimi, commettono atrocità. Il processo di Norimberga stabilì un principio rivoluzionario. Esistono leggi morali superiori a quelle dello Stato, e nessun governo, neppure eletto, può violarle impunemente.

Netanyahu, come Hitler, potrebbe affermare di agire in nome della sicurezza nazionale, della volontà popolare o persino di un “destino storico”. Ma la domanda filosofica rimane: “può una democrazia diventare tirannica?”. La risposta di pensatori come Karl Popper e Hannah Arendt è chiara: “sì, se svuota i suoi stessi principi fondativi”. Una democrazia che nega diritti fondamentali a una parte della popolazione, sia essa ebrea, palestinese o di qualsiasi altro gruppo, tradisce se stessa.

Un altro nodo cruciale è il ruolo della società che sostiene tali governanti. Il popolo tedesco non fu solo vittima del nazismo, ma anche suo complice, attraverso l’indifferenza, il consenso passivo o l’entusiasmo nazionalista. Oggi, molti israeliani criticano Netanyahu, ma una parte significativa continua a sostenerlo, giustificando la violenza come necessaria.

Qui entra in gioco il concetto di “colpa morale della maggioranza”. Se un governo eletto commette crimini, chi lo ha votato ha una responsabilità indiretta? La filosofia politica risponde di sì. Poiché, invero, la democrazia non si esaurisce in un semplice atto di voto. Ma si erge come un valore che richiede un costante impegno alla vigilanza e alla partecipazione attiva dei suoi cittadini. Essa trova la sua essenza nel dialogo aperto e nella critica costruttiva, elementi fondamentali per garantire giustizia ed equità.

Piero Calamandrei, con grande saggezza, affermava che il potere deve essere continuamente interrogato e mai accettato supinamente. Questo principio ci ricorda che la libertà e la dignità umana devono occupare un posto centrale in tutte le azioni che si compiono in nome della democrazia. Mai dovremmo rinunciare al sapere critico.

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