Italiani risparmiatori più che investitori

Tra il rallentamento della crescita economica e un’inflazione persistente che ha eroso in maniera importante il potere d’acquisto, gli ultimi anni sono stati particolarmente difficili per le famiglie italiane. Nonostante ciò, la propensione al risparmio resiste, sebbene accantonare una quota del proprio reddito diventi sempre più complesso. A prevalere è la cautela: la liquidità resta […] L'articolo Italiani risparmiatori più che investitori proviene da Iusletter.

Mar 24, 2025 - 15:15
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Italiani risparmiatori più che investitori

Tra il rallentamento della crescita economica e un’inflazione persistente che ha eroso in maniera importante il potere d’acquisto, gli ultimi anni sono stati particolarmente difficili per le famiglie italiane. Nonostante ciò, la propensione al risparmio resiste, sebbene accantonare una quota del proprio reddito diventi sempre più complesso. A prevalere è la cautela: la liquidità resta la scelta dominante, mentre gli investimenti si concentrano su strumenti percepiti come a basso rischio, con il risultato che spesso si perde l’opportunità di difendere il valore reale del patrimonio accumulato con anni di lavoro.

Questo atteggiamento non è solo il riflesso di un contesto instabile, ma anche il sintomo di una cultura finanziaria ancora fragile. Secondo un’indagine del Centro Einaudi, condotta su un campione di 1.336 persone, a risparmiare nel 2024 è stato il 59,4% degli intervistati, una quota in crescita rispetto al 54,7% del 2023 e al 53,5% del 2022. Tuttavia, la quota media di reddito accantonata è scesa dal 12,6% all’11%. Un segnale del fatto che, se da un lato il desiderio di mettere da parte qualcosa per gli imprevisti rimane forte, dall’altro le difficoltà economiche lo rendono sempre più arduo.

La sicurezza è la priorità assoluta per il 65% degli intervistati, seguita dalla necessità di mantenere elevata liquidità. Questa tendenza si riflette nelle scelte di investimento: tra il 2023 e il 2024, la presenza delle obbligazioni nei portafogli delle famiglie italiane è aumentata dal 28% al 34%, mentre la quota di chi investe in azioni è leggermente diminuita, passando dal 6% al 5,6%. Gli investimenti alternativi hanno catturato un limitato interesse, con i metalli preziosi che si sono confermati la scelta più popolare, seguiti dagli investimenti etici e Esg (ambientali, sociali e di governance). A conti fatti, si sono perse importanti opportunità, considerato che lo scorso anno è stato brillante per la maggior parte delle Borse. Si è registrato un calo nella diversificazione degli investimenti, il che non sta a indicare un atteggiamento virtuoso in ottica di contenimento dei rischi.

Anche un’indagine condotta da Acri (l’organizzazione delle Fondazioni di origine bancaria e delle casse di risparmio) e Ipsos, basata su circa mille interviste, conferma la prudenza: il 63% del campione preferisce lasciare i propri risparmi in deposito, mentre solo un terzo investe, ma spesso con importi contenuti. Il 40% risparmia senza un obiettivo preciso, mentre il restante 60% lo fa con finalità specifiche, come l’acquisto di una casa, la previdenza complementare o l’istruzionedei figli. Le differenze generazionali giocano un ruolo chiave in queste dinamiche. Il 63% dei giovani appartenenti alla generazione Z e ai millennials manifesta priorità di risparmio diverse rispetto ai più senior. Queste differenze sono influenzate da condizioni economiche e lavorative più instabili e da cambiamenti negli stili di vita e nelle abitudini di consumo.

Guardando al futuro, il contesto di incertezza economica e le tensioni geopolitiche sembrano destinate a rafforzare questa tendenza alla prudenza. L’Osservatorio Look to the Future, realizzato da Nomisma su un campione di 1.223 persone tra i 35 e i 70 anni, evidenzia che il 66% degli intervistati percepisce un forte senso di incertezza e il 52% prova preoccupazione e paura, mentre la speranza resta l’emozione positiva più diffusa. In cima alle preoccupazioni spiccano l’aumento dei prezzi, il rischio di non avere una pensione adeguata e i conflitti internazionali. Se il 27% giudica la propria situazione economica buona o eccellente e un ulteriore 54% la considera almeno sufficiente, il 60% dichiara di arrivare a fine mese con qualche difficoltà. Una situazione dovuta non solo a una disponibilità reddituale limitata, ma anche all’incapacità – in parte psicologica – di pianificare in modo razionale e le proprie risorse economiche.

A incidere su queste dinamiche è anche la scarsa educazione finanziaria, che limita la capacità di cogliere le opportunità offerte dal mercato e porta molti a privilegiare la liquidità. Secondo l’Edufin Index 2024, il livello medio di alfabetizzazione finanziaria degli italiani si attesta al di sotto della sufficienza, evidenziando lacune nella comprensione di concetti chiave come inflazione, diversificazione del rischio e rendimento degli investimenti. Inoltre, secondo l’indagine del centro Einaudi, il 30% degli intervistati si dichiara “per niente interessato” agli argomenti di economia e finanza. Rispetto all’indagine 2023, torna poi a diminuire anche la quota di risparmiatori che si reputa competente.

Un quadro che rischia di diventare un freno alla crescita economica e alla valorizzazione del risparmio. In un mercato globale sempre più dinamico, l’eccessiva preferenza per il cash comporta una sicura perdita in termini reali. L’auspicio è che l’introduzione dell’educazione finanziaria nelle scuole italiane possa portare quanto meno a ridurre il gap con i paesi del Nord Europa, dove un’incessante campagna di comunicazione sui temi del risparmio e degli investimenti ha sostenuto scelte di allocazione dei patrimoni orientate alla valorizzazione nel medio-lungo termine.

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