Intestino e cervello si parlano: gli squilibri del microbiota intestinale provocano alcuni disturbi neurologici dello sviluppo
L’intestino parla davvero al cervello: che i disturbi del microbiota intestinale possono addirittura provocare alcuni disturbi neurologi dello sviluppo come il disturbo da deficienza di CDKL5 (CDD), malattia genetica rara e grave che ora, forse, potrebbe essere trattata intervenendo sull’intestino invece che direttamente sul cervello. Il lavoro è stato coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di...

L’intestino parla davvero al cervello: che i disturbi del microbiota intestinale possono addirittura provocare alcuni disturbi neurologi dello sviluppo come il disturbo da deficienza di CDKL5 (CDD), malattia genetica rara e grave che ora, forse, potrebbe essere trattata intervenendo sull’intestino invece che direttamente sul cervello. Il lavoro è stato coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Intestino secondo cervello

Canva
Che intestino e cervello fossero in qualche modo collegati era noto, tanto che molti ricercatori ritengono che l’intestino sia davvero una sorta di secondo cervello. Le differenze nel nostro microbiota sono state collegate a tutto, dalla durata della vita al rischio di sviluppare il diabete.
Ed è stato anche dimostrato che questi minuscoli microbi presenti nel nostro tratto gastrointestinale potrebbero influenzare anche i nostri pensieri.
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Un esempio molto curioso ma piuttosto calzante è arrivato recentemente da uno studio guidato dall’Università di Taipei (Taiwan), secondo il quale defecare prima di una gara può portare a prestazioni sportive migliori. E non per una risposta fisica, ma mentale: fare la cacca, infatti, “libera” la mente tanto da consentirle di prendere decisioni più rapide ed efficaci.
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Intestino e disturbi neurologici
Il disturbo da deficienza di CDKL5 (CDD)
Oggi sappiamo qualcosa in più: che i disturbi del microbiota intestinale possono provocare alcuni disturbi neurologi dello sviluppo come il disturbo da deficienza di CDKL5 (CDD), malattia genetica rara e grave che colpisce prevalentemente le bambine.
Come spiega il portale Orphanet, il database delle malattie rare, il disturbo da deficienza di CDKL5 (CDD) è una malattia genetica rara dello sviluppo neurologico, caratterizzata da crisi epilettiche resistenti ai farmaci e da gravi anomalie dello sviluppo neurologico, con marcato ritardo dello sviluppo motorio.
La patologia colpisce prevalentemente le bambine perché la trasmissione è dominante legata al cromosoma X, ed è caratterizzata da esordio precoce, nell’infanzia ma anche nei primi mesi di vita, in età neonatale. Proprio per questa “localizzazione”, le terapie si sono concentrate principalmente sul cervello.
La svolta

©Cell Reports
Oggi, per la prima volta, è stato dimostrato come uno squilibrio nel microbiota intestinale (l’insieme dei batteri che popolano il nostro intestino) abbia un ruolo causale nello sviluppo di questa gravissima malattia.
È stato sorprendente scoprire un legame così stretto e causale tra l’intestino e le manifestazioni neurologiche in questa malattia – spiega Paola Tognini, coordinatrice dello studio – Guardare all’intestino per capire e trattare una malattia del cervello non è più fantascienza
La ricerca ha analizzato in particolare soggetti modello per la CDD, scoprendo che la composizione del loro microbiota intestinale era profondamente diversa da quella dei soggetti sani, specialmente nelle fasi giovanili dello sviluppo.
Inoltre, somministrando antibiotici contro il microbiota “alterato”, si è verificato un netto miglioramento delle risposte neuronali e del comportamento nei soggetti malati. In più, trapiantando il microbiota intestinale dei modelli CDD in modelli sani, questi hanno iniziato a sviluppare alcuni dei sintomi tipici della CDD. Questa è la prova diretta che il microbiota alterato non è solo una conseguenza della malattia, ma ne influenza attivamente i sintomi neurologici.
I nostri dati suggeriscono che le alterazioni del microbiota non sono un semplice effetto collaterale, ma giocano un ruolo attivo. Questo ci offre un bersaglio completamente nuovo: modulando il microbiota intestinale, ad esempio con probiotici mirati, diete specifiche o persino il trapianto di microbiota, potremmo essere in grado di migliorare la qualità della vita dei pazienti e potenziare l’efficacia di altre terapie
In altre parole si ritiene di poter agire sull’intestino, invece che sul cervello, per trattare il disturbo neurologico, offrendo ai pazienti una via in più e per certi versi meno impattante, per allungare la loro aspettativa di vita e soprattutto la sua qualità.
Il lavoro è stato pubblicato su Cells Reports.
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Fonti: Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa / Cells Reports
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