Intervista ai Magazzeno: “Una risata che vi seppellirà!”
I Magazzeno tornano con "MILANO È PIENO DI FIGA", brano irriverente che racconta, tra ironia e riflessione, le contraddizioni della metropoli L'articolo Intervista ai Magazzeno: “Una risata che vi seppellirà!” proviene da imusicfun.

I Magazzeno tornano con “MILANO È PIENO DI FIGA” (Maninalto! / Believe), un nuovo singolo irriverente e graffiante che racconta, tra ironia e riflessione, le contraddizioni della Milano di oggi: una metropoli sempre più desiderata ma sempre più inaccessibile.
Presentato in occasione della semifinale del Festival di Sannolo, il brano unisce leggerezza e critica sociale, con la produzione artistica di Giuseppe Fiori e la masterizzazione di Giovanni Versari.
«La musica deve portare gioia, unire e far divertire», raccontano i Magazzeno, che con la loro energia e il loro stile diretto invitano a guardare al futuro con speranza — magari strappando un ballo… o almeno un contatto Instagram.
In questa intervista ci raccontano genesi, ironia e visione dietro il loro nuovo progetto.
Intervista ai Magazzeno
Partiamo dal titolo: “Milano è pieno di figa”. Provocatorio, ironico, ma anche emblematico. Com’è nato questo brano e cosa volete raccontare davvero?
Volevamo raccontare la nostra storia, la nostra musica e questo brano è un invito a staccarsi dal suolo, saltare, cantare insieme ed essere felici. Il messaggio più importante non è scritto con le lettere, ma nel sound che risuona nell’animo delle persone felici.
La canzone è nata vagabondando con un chitarrino per le strade di Milano e ha preso forma nei nostri concerti nei mercati comunali, mostre d’arte, metropolitana. La canzone parla di questa città che attira molti giovani in cerca di gioia e di fortuna. Milano non ha la bellezza di Roma e Venezia e quindi ci siamo interrogati su cosa realmente spinge un ragazzo a spendere 1.000 € al mese per vivere in un monolocale in periferia.
La canzone è una dichiarazione d’amore o un atto d’accusa nei confronti di Milano?
Milano è una città libera dove c’è spazio per ogni personalità e dove è possibile trovare una propria dimensione. Io (Huge) sono nato a Milano e da lei sono stato allattato con la settimana del design, il Milano film festival, rave party nelle industrie abbandonate, le sfilate di moda, tutti impulsi e stimoli artistici, ma più che altro, ottimi pretesti per conoscere gente da tutto il mondo e fare festa. Il Fuorisalone, ad esempio, è solo un pretesto, ti aggiri tra sedie e lampadari cercando di scroccare un flûte di prosecco e finger food asiatico, per poi trovarti a parlare con un vecchio modellista ubriaco e una designer olandese. Matteo e Rosario vengono rispettivamente da Roma e Palermo, due tra le più belle città del mondo, che sicuramente hanno uno stile di vita più morbido e spensierato, ma, purtroppo, offrono meno opportunità per i giovani.
Nel comunicato si parla di una riflessione sulle contraddizioni di Milano: quali sono le contraddizioni che più vi saltano agli occhi vivendo la città?
La spaventosa crescita degli ultimi anni sembra volta a occupare ogni spazio con edifici in vetro cemento, ma sono convinto che sia ancora presente un forte spirito artistico che continuerà ad alimentare le anime più sensibili.
Avete presentato il pezzo anche al Festival di SanNolo: com’è andata e che tipo di pubblico avete incontrato lì?
Il Festival di SanNolo è stata una bellissima esperienza, la giuria artistica ha speso splendide parole sul nostro modo di fare musica, ma la più grande emozione è stato sentire tutta l’arena del Districa 272 cantare la nostra canzone fin dal primo ascolto.
Il vostro approccio è sempre molto giocoso e sopra le righe, ma dietro c’è spesso un messaggio sociale. Quanto conta per voi l’ironia come forma di critica?
L’ironia è lo strumento di autodifesa più potente che abbiamo a disposizione. Ci troviamo in un periodo storico estremamente pessimista con preoccupazione per il futuro; questo processo è ulteriormente aggravato dall’isolamento: le persone hanno lo sguardo fisso sul cellulare, fanno la spesa online, molti lavorano soli davanti a uno schermo o in un recinto all’interno di un call center, poi, si ipnotizzano con le serie tv, flirtano con le applicazioni e se, non va bene, ricorrono a qualche video per adulti. Bisogna tornare a ballare, ridere, cantare, uscire di casa e capire che ci sono tante anime splendide e che basta veramente poco per divertirsi.
La vostra estetica – tra travestimenti, party e nonsense – sembra uscita da un carnevale continuo: quanto c’è di costruito e quanto di spontaneo nei Magazzeno?
Come dice Celia Cruz “la vida es un carnaval”: non bisogna piangere, è più bello vivere cantando, la vita è un carnevale e mentre canti le pene se ne vanno, un concetto molto Magazzeno. Mascherarsi è sempre una festa e la cosa divertente è che non solo il pubblico non sa cosa aspettarsi, ma anche i membri della band, visto che sono io a scegliere i costumi e li informo pochi minuti prima di salire sul palco.
La maschera è uno strumento magico usato dal teatro greco, in ogni cultura e anche nelle più piccole e remote tribù del mondo. La maschera permette di trascendere e trasformarsi, la maschera ha un potere magico, ogni supereroe ne indossa una.
Vi definite un power trio con anima disco funk e spirito da rock demenziale. Chi sono i vostri riferimenti, musicali o culturali?
In realtà l’utilizzo di demenziale per i Magazzeno credo sia utilizzato intenzionalmente a scopo offensivo. Ci sono stati molti gruppi rivoluzionari come gli Skiantos, con la loro anima punk, Elio e le Storie Tese, i Prophilax e attualmente i Nanowork, gli Hornytoorinchos e Ruggero dei Timidi. Tutti gruppi che hanno sicuramente dato molto alla musica italiana, rompendo le barriere. La musica è sicuramente la forma d’arte maggiormente censurata, ancora oggi non è concesso “parlare come si mangia” e persiste un linguaggio desueto e impolverato. Non cerchiamo la provocazione ma ci esprimiamo sinceramente, con le stesse parole che usiamo con gli amici, in famiglia e nel lavoro. Qualcuno storce il naso e ci diverte invece molto vedere le persone con una gioia indescrivibile cantare a squarciagola “Il tuo capo è uno stronzo”.
L’ironia è un elemento comune con queste band, ma personalmente non voglio essere chiuso in questa scatola. Abbiamo sicuramente dei pezzi goliardici, ma ci sono brani come “Argentina”, “Domenica” e altri meno conosciuti, che ci consentono di portare nello spazioso Magazzeno ogni nostra creazione, senza limiti e forzature di stile.
Il brano è stato prodotto da Giuseppe Fiori e masterizzato da Claudio GIussani: come avete lavorato insieme e cosa hanno portato al sound di questo pezzo?
Conosco Giuseppe da molti anni e abbiamo condiviso più volte il palco in storici concerti. Oltre che un amico, Giuseppe ha sempre creduto nella nostra potenzialità e grazie alla sua grande esperienza e, soprattutto, pazienza, siamo riusciti a racchiudere dentro un file tutta la nostra energia e gioia. Giuseppe è il quarto Magazzeno.
Il vostro stile fonde funk, rock, disco e metal con testi ironici e ritornelli iper catchy: quanto lavoro c’è dietro a far sembrare tutto così “semplice”?
È davvero tutto semplice e spontaneo, noi suoniamo per la gente. Molti musicisti sono vanitosi, vogliono fare vedere quanto sono veloci con le dita, lanciano citazioni a brani sofisticati o semplicemente li copiano, ancora peggio sono le espressioni che variano dallo sguardo “magnum” alle espressione orgasmiche dei chitarristi in solo.
Nella musica moderna, forse condizionata dai nostri tempi, c’è molta vanità e spesso i live sono una sterile esibizione onanista. Pochi ricordano la funzione della musica, che deve far ballare e cantare, è così semplice.
Nel video di “Mantide”, l’ironia incontra l’erotismo e il B-movie. Come nasce l’idea del tango tragico e della mantide killer?
Perdere la testa per una femmina: la natura può essere estremamente cruenta. Nel caso della mantide, la femmina attira il maschio con la promessa dell’amore; lui, patatino, inizialmente fraintende la passione di quei baci feroci e, quando si rende conto dell’inganno, ha ormai perso letteralmente la testa.
La canzone parte con un passionale tango, che evoca i passi del maschio che si avvicina alla sua atroce fine, la canzone quindi alza il ritmo, con chitarre distorte e una sezione ritmica in puro stile dance anni ’70, per celebrare il coraggio di questo piccolo insetto che, come nessuno al mondo, è disposto a tutto per l’Amore.
Il video è stato girato e montato dall’eclettico Matteo Magazzeno, io mi sono occupato dei costumi, location ed “effetti speciali”, con un chiaro riferimento ai B-movie.
Com’è stato lavorare con Beatrice De Tullio, e quanto vi ha divertito girare in luoghi cult come Viale Papiniano e la Galleria?
Beatrice ha conosciuto i Magazzeno sul palco dello Zelig di Milano e si è subito innamorata della band; quando abbiamo deciso di fare un video è stato facile scegliere la protagonista. Allo stesso modo ho scelto il mercato, con quel fascino popolare, dove vado ogni sabato a comprare tonnellate di frutta e verdura, e la Galleria, maestosa ed elegante.
È stato tutto bellissimo, a partire dalle lezioni di tango al piacevole massaggio drenante, condito con olio, pepe e ketchup.
Quanto è importante il videoclip nella vostra visione artistica?
Personalmente trovo che i nostri migliori video sono i concerti dove amici e sconosciuti ballano e si abbracciano cantando. Forse oggi il video non è importante come negli anni ’80, quando la gente “guardava” la musica.
Per il video di “Milano è piena di figa”, abbiamo lavorato con un caro amico, Stefano Poletti, regista di video musicali per Nek, Baustelle e numerosi altri artisti.
I Magazzeno vi accompagneranno in un’odissea onirica attraverso la città di Milano, a bordo di una gondola, per poi ballare coi piccioni in Piazza Duomo. Mostreremo scene casalinghe in un piccolo monolocale da 1.000 € al mese, richiamando l’iconico video dei Queen “I want to break free” e riporteremo le testimonianze della clamorosa performance live al festival di San Nolo 2025, dove abbiamo infiammato il pubblico vestiti da Rocky Horror Picture Show. Il messaggio è chiaro “Don’t dream it, be it”
Pensate che oggi l’estetica visiva sia parte integrante della musica?
Il costume e la maschera sono elementi scenici di incredibile potenza, basta pensare a gruppi come i Kiss e Village People siano conosciuti in tutto il mondo principalmente per la loro estetica. Oggi l’estetica visiva è ancora più forte, con (T)rapper influencer riconosciuti per il look piuttosto che per le loro canzoni.
I vostri live sono una festa, una performance teatrale più che un concerto. Cosa può aspettarsi chi non vi ha ancora visti dal vivo?
Una risata che vi seppellirà! Siamo reduci dalla festa di chiusura del Fuorisalone dove abbiamo suonato in strada con vecchietti, bambini e tantissimi ragazzi, tutti presi bene, felici e liberi. Lasciate a casa tutte le preoccupazioni, mettetevi delle scarpe comode, schiarite la voce e lo spettacolo lo fate voi.
Avete alle spalle singoli come “Sculacciami”, “Il tuo capo è uno stronzo”, “Domenica”: state costruendo un concept più ampio? Un album all’orizzonte?
Stiamo preparando una raffica di brani che includeranno brani inediti e cover, con pesanti rivisitazioni. Abbiamo molti brani inediti e un sogno sarebbe anche riprendere le prime canzoni registrate “in presa diretta”. La coperta è corta e, a meno che non ci stia leggendo un facoltoso imprenditore illuminato, venite ai nostri concerti che sappiamo bene come investire i proventi.
Chiudiamo con la leggenda: è vera la storia dell’incisione sull’asfalto in Darsena? E come vi fa sentire essere diventati parte del folklore urbano milanese?
Passeggio volentieri su quei tappi di birra incastonati nell’asfalto e mi fermo spesso a osservare la gente che passa leggendo “M A G A Z Z E N O… Magazzeno? Magazzeno?” e so che il semino è piantato nel cervello, prima o poi capirà.
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