Imponibile il benefit dopo la conversione dell’MBO
![CDATA[L’Agenzia delle entrate, con la Risposta all’interpello n. 77 del 20 marzo 2025, ha precisato che il sistema incentivante MBO con possibilità di conversione in alcune tipologie di benefit di cui all’art. 51, c. 2 e 3 del TUIR, fruisce della detassazione prevista dall’art. 1, c. 182 e ss. della Legge di Stabilità 2016, soltanto se le somme costituiscono premi o utili riconducibili al regime agevolato e se la contrattazione di secondo livello attribuisce al dipendente la facoltà di convertirli in beni e servizi della medesima norma del TUIR. L’MBO che l’azienda istante intende riconoscere ai propri dipendenti, consiste in un piano di incentivazione corrisposto a fronte del raggiungimento di obiettivi o criteri di performance sia collettivi (quali ad esempio la redditività del Gruppo e/o della società di appartenenza) sia individuali (specifici della mansione o di progetti seguiti dal singolo dipendente). Secondo l’azienda l’MBO può essere assimilato ai premi di risultato di cui alla Legge 208/2015, con la conseguenza che l’eventuale somma convertita in benefit può fruire della detassazione dal reddito di lavoro dipendente. Di diverso avviso l’Agenzia delle entrate, la quale, richiamando le precisazioni fornite con la Risoluzione 55/E del 2020 e con le circolari n. 28/E del 2016 e 5/E del 2018 (e anche dal Ministero delle finanze con le circolari n. 326/1997 e 188/1998), ha ricordato che, ai fini della detassazione, è necessario che i benefit (anche a seguito della conversione dei premi di risultato) siano messi a disposizione della ''generalità dei dipendenti'' o di ''categorie di dipendenti'', con la conseguenza che non trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 51, c. 2 del TUIR, ogni qual volta le somme o servizi ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori. Ed è quello che ha accertato l’Agenzia delle entrate. In effetti, i soggetti destinatari del welfare sono dipendenti ''individuati'' dalla società per essere assoggettati a valutazione della performance che possono, a determinate condizioni, convertire parte del premio di risultato, ottenuto attraverso il raggiungimento di indici di performance, in welfare aziendale. In particolare, la popolazione teorica interessata è pari a circa il 61% con qualifica Quadro e del 3% con qualifica di Impiegato. Tali soggetti sono identificati e definiti in base alla mansione ricoperta in termini di complessità, di responsabilità, ambito di riferimento, collocazione organizzativa e valutazione manageriale del responsabile della struttura di appartenenza. Da ultimo, l’Agenzia delle entrate, coglie l’occasione per ricordare (richiamando sempre la Risoluzione n. 55/E del 2020) che resta fermo che la parte di credito welfare che non viene utilizzata in beni e servizi, ma viene monetizzata, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.]]

L’Agenzia delle entrate, con la Risposta all’interpello n. 77 del 20 marzo 2025, ha precisato che il sistema incentivante MBO con possibilità di conversione in alcune tipologie di benefit di cui all’art. 51, c. 2 e 3 del TUIR, fruisce della detassazione prevista dall’art. 1, c. 182 e ss. della Legge di Stabilità 2016, soltanto se le somme costituiscono premi o utili riconducibili al regime agevolato e se la contrattazione di secondo livello attribuisce al dipendente la facoltà di convertirli in beni e servizi della medesima norma del TUIR.
L’MBO che l’azienda istante intende riconoscere ai propri dipendenti, consiste in un piano di incentivazione corrisposto a fronte del raggiungimento di obiettivi o criteri di performance sia collettivi (quali ad esempio la redditività del Gruppo e/o della società di appartenenza) sia individuali (specifici della mansione o di progetti seguiti dal singolo dipendente).
Secondo l’azienda l’MBO può essere assimilato ai premi di risultato di cui alla Legge 208/2015, con la conseguenza che l’eventuale somma convertita in benefit può fruire della detassazione dal reddito di lavoro dipendente.
Di diverso avviso l’Agenzia delle entrate, la quale, richiamando le precisazioni fornite con la Risoluzione 55/E del 2020 e con le circolari n. 28/E del 2016 e 5/E del 2018 (e anche dal Ministero delle finanze con le circolari n. 326/1997 e 188/1998), ha ricordato che, ai fini della detassazione, è necessario che i benefit (anche a seguito della conversione dei premi di risultato) siano messi a disposizione della ''generalità dei dipendenti'' o di ''categorie di dipendenti'', con la conseguenza che non trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 51, c. 2 del TUIR, ogni qual volta le somme o servizi ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori.
Ed è quello che ha accertato l’Agenzia delle entrate. In effetti, i soggetti destinatari del welfare sono dipendenti ''individuati'' dalla società per essere assoggettati a valutazione della performance che possono, a determinate condizioni, convertire parte del premio di risultato, ottenuto attraverso il raggiungimento di indici di performance, in welfare aziendale.
In particolare, la popolazione teorica interessata è pari a circa il 61% con qualifica Quadro e del 3% con qualifica di Impiegato. Tali soggetti sono identificati e definiti in base alla mansione ricoperta in termini di complessità, di responsabilità, ambito di riferimento, collocazione organizzativa e valutazione manageriale del responsabile della struttura di appartenenza.
Da ultimo, l’Agenzia delle entrate, coglie l’occasione per ricordare (richiamando sempre la Risoluzione n. 55/E del 2020) che resta fermo che la parte di credito welfare che non viene utilizzata in beni e servizi, ma viene monetizzata, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.]]