Il miglior regista per l’Oscar 2025 è una partita a due. Record per la Francia con due candidati
I favoriti sono Sean Baker per Anora e Brady Corbet per The Brutalist. Poche le chance per i restanti contendenti, neppure per la prodigiosa Coralie Forgeat capace di imbastire col suo The Substance un body horror ricco di idee cinematografiche L'articolo Il miglior regista per l’Oscar 2025 è una partita a due. Record per la Francia con due candidati proviene da Il Fatto Quotidiano.

Dicono che vincerà Sean Baker (nella foto) per Anora. Sarebbe bello vincesse Brady Corbet per The Brutalist. Su questi due nomi, comunque, sembra esaurirsi il duello per l’Oscar alla Miglior Regia in una cinquina che include il record di ben due francesi (Jaques Audiard e Coralie Fargeat) ad affiancare tre statunitensi (il terzo è James Mangold). Ma andiamo per ordine.
La Award Season, che intendiamo far partire dai grandi festival a cui i film hanno partecipato, non farebbe sorgere dubbi: il regista finora più premiato è Corbet con il Leone d’argento alla regia a Venezia, il Golden Globe e il BAFTA. Anche Variety sottolinea che con la perdita di quote per Emilia Pérez – che probabilmente non sarebbe mai stato premiato alla regia ma forse come miglior film – le chance di The Brutalist sarebbero dovute aumentare. E invece si è avvertita un’inversione di tendenza a penalizzare questo titolo. Contestualmente si sono rafforzati i favori per il pseudo-indie e sopravvalutato Anora che, oltre all’inspiegabile Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes, si è portato a casa il significativo Directors Guild Award, cioè il premio attribuito a Baker proprio dai colleghi.
Impossibile capire cosa sia avvenuto nel backstage della promozione pre-Oscar, resta il fatto che la commedia etno-romantico-drammatica sulla escort Anora che s’innamora di un folle rampollo russo con esiti interessanti, è in pole position non solo per Variety ma anche per The Hollywood Reporter (al 35, 7%, mentre The Brutalist sarebbe al 30, 4%) e tutti i bookmaker non nutrono dubbi annunciando una media di 8 a 13. Certo, potrebbe ancora spuntarla il sontuoso lavoro di Corbet sull’architetto ebreo ungherese sopravvissuto alla Shoah e fuggito negli States dove lo attendono lodi e frodi con un Adrien Brody da urlo (anche da Oscar, ma dipenderà dalla disposizione di un’Academy a bissargli la statuetta dopo Il pianista, ruolo non troppo dissimile da questo peraltro), e dunque i giochi sono ancora aperti, con buona pace dei pronostici.
Poche, invece, sono le chance per i restanti contendenti, neppure per la prodigiosa Coralie Forgeat capace di imbastire col suo The Substance un body horror ricco di idee cinematografiche e di tematiche contemporanee. Un’originalità e maestria registiche che, se non mancano di certo all’epica crime-musical di Audiard – ma di Emilia Pérez si è parlato già abbastanza – sono invece carenti nel convenzionale e classicissimo A Complete Unknown di Mangold, più avvalorato dalla performance di Timothée Chalamet che non da ciò che gli è stato costruito attorno.
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