Il malessere economico della Cina sta finendo?

Come andrà l'economia della Cina nel 2025. L'analisi di Arnout van Rijn, Portfolio Manager del team multi asset di Robeco.

Mar 2, 2025 - 07:48
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Il malessere economico della Cina sta finendo?

Come andrà l’economia della Cina nel 2025. L’analisi di Arnout van Rijn, Portfolio Manager del team multi asset di Robeco

L’economia della Cina (la seconda per dimensioni al mondo) risente di un malessere tale che negli ultimi quattro anni le sue obbligazioni hanno sovraperformato le azioni, anche se negli ultimi sei mesi il mercato azionario ha ripreso quota grazie all’entusiasmo per l’intelligenza artificiale.

Sembra adesso che il vecchio serpente stia mutando pelle, anche se molto dipende dalla fine della deflazione – situazione in cui i prezzi scendono, minando la domanda di consumi che sostiene l’economia. La deflazione giapponese, cominciata negli anni ’90, ha spinto l’economia del paese in una recessione quasi permanente.

La fine della deflazione in Cina?

La conclusione logica sul piano degli investimenti è che gli investitori azionari cinesi dovrebbero sovraperformare gli omologhi obbligazionari. Come accaduto in Giappone negli anni ’90, negli ultimi quattro anni chi ha investito in obbligazioni cinesi ha beneficiato dell’arrivo della deflazione, così come gli investitori azionari giapponesi sono stati avvantaggiati dalla fine della tendenza deflazionistica. Negli ultimi sei mesi, tuttavia, gli investitori azionari cinesi hanno avuto la meglio. Siamo dunque arrivati alla fine della deflazione in Cina?

I consumi cinesi di acciaio superano di sette volte quelli dell’Unione europea, nonostante la Cina e l’UE abbiano dimensioni comparabili in termini di PIL. La Cina è un’economia con un’ampia base di asset in fase di transizione, che in passato ha puntato molto sugli investimenti in capitale fisico. Dopo decenni di successi, di recente il paese si è trovato in difficoltà; il serpente cinese vuole mutare pelle e passare da un modello di crescita basato sugli investimenti a un modello incentrato sui consumi.

Finora questa transizione non è riuscita, perché la fiducia dei consumatori è bassa e la crescita dei redditi è in diminuzione. I tassi di risparmio, al 44%, rimangono estremamente elevati. Le due cause principali dell’alta propensione al risparmio sono la mancanza di (fiducia nella) sicurezza sociale, che è un problema strutturale, e la debolezza dell’immobiliare, che è un fenomeno di carattere ciclico seppur di lunga durata.

Dazi e crescita

I tentativi di rilanciare l’economia non saranno favoriti dai dazi che il Presidente Trump vuole imporre sulla Cina, per ovviare all’enorme squilibrio della bilancia commerciale. Nel novembre 2024 il disavanzo commerciale degli Stati Uniti con il resto del mondo è arrivato a 78,2 miliardi di dollari, di cui 25,4 miliardi di dollari con la Cina[1].

Quest’anno il governo cinese dovrà muoversi come un serpente per riuscire a raggiungere il target di crescita del 5% ripristinando la fiducia sul fronte interno e schivando al contempo le minacce sibilanti profferite dal presidente degli Stati Uniti. Dopo il calo degli ultimi anni, i prezzi delle abitazioni in Cina hanno cominciato a stabilizzarsi, ma resta da vedere se ci sarà una corsa a comprare casa dopo il Capodanno lunare.

In Cina non si registra un’inflazione degna di questo nome da oltre un decennio, perché la crescita della moneta è stata tenuta sotto controllo. Nel 2022 l’inflazione in Cina si è attestata ad appena il 2%, mentre negli Stati Uniti e in Europa arrivava all’8%. Adesso il paese è in deflazione, proprio mentre le posizioni debitorie raggiungono livelli record. Non va bene.

In Robeco siamo dell’avviso che la battaglia non sia ancora vinta e che molto dipenderà dalle misure adottate per indurre i consumatori a spendere. Informazioni utili a chiarire la situazione potrebbero giungere dal prossimo Congresso nazionale del Partito comunista cinese, in programma a marzo. Ma non c’è da scommetterci: è più facile che il serpente continui a strisciare sul fondo.

Il vigore dello yuan

Nel 2025 l’attenzione sarà rivolta al relativo vigore dello yuan. Per qualsiasi investitore dei mercati emergenti, la domanda fondamentale da porre è: ‘Ritenete che la valuta rimarrà stabile?’.

Molti oggi pensano che lo yuan sia una valuta debole, ma in realtà non lo è. La comunità internazionale si concentra fin troppo sul cambio con il dollaro, ma nell’ultimo decennio non molto è cambiato rispetto all’euro.

Dal 2021 lo yuan si è rafforzato e adesso si colloca a meno del 5% del livello raggiunto nel 2015, quando il suo vigore era persino controproducente. Un certo deprezzamento è comunque possibile, specialmente se gli Stati Uniti dovessero introdurre ulteriori dazi.

Un mercato azionario molto ampio

La Cina è un mercato azionario molto ampio e di grande spessore. Inoltre, la capitalizzazione di mercato dell’azionario cinese è pari oggi ad appena il 56% del PIL (contro il 230% degli Stati Uniti), un dato senz’altro indicativo dell’opportunità di generare valore.

Ovviamente, con la deflazione ancora in corso, è difficile essere del tutto ottimisti. Da un lato, permane un rischio di sovraccapacità e deflazione, soprattutto nel settore industriale. In quest’area le revisioni delle stime sugli utili rimangono negative. D’altro canto, l’azionario cinese è sostenuto da politiche pubbliche mirate e molte large cap dalle valutazioni interessanti e poco dipendenti dal ciclo economico stanno beneficiando di revisioni al rialzo.

Ciò spiega la nostra preferenza per i listini offshore, che presentano una bassa presenza di titoli industriali e una maggiore presenza di azioni legate ai consumi e a Internet. Prevediamo un rimbalzo dell’azionario cinese a partire dal fondo, con rally tutti da cogliere nell’Anno del Serpente.