Il sebecide: un predatore terrestre nei Caraibi miocenici Contrariamente a quanto ipotizzato per decenni, i
sebecidi — coccodrilli estinti adattati alla vita terrestre —
sopravvissero almeno fino a 6 milioni di anni fa, molto oltre la datazione precedentemente accettata di 11 milioni di anni. La scoperta, descritta in un recente studio pubblicato su
Proceedings of the Royal Society B, ribalta la narrazione evolutiva legata a questi antichi predatori. Questi rettili non erano simili agli attuali alligatori acquatici:
camminavano sulla terraferma, avevano arti più lunghi e una morfologia corporea che ricorda un
levriero con denti da coccodrillo. I sebecidi dominarono il loro ecosistema nei
Caraibi, in particolare nella
Repubblica Dominicana, dove un recente scavo stradale ha rivelato
fossili datati 6 milioni di anni fa, tra cui un dente e due vertebre.
I Caraibi: rifugio insulare per antichi superpredatori Le isole caraibiche, spesso considerate troppo piccole o isolate per ospitare predatori su larga scala, si rivelano invece un
rifugio evolutivo. I paleontologi sospettano che i sebecidi abbiano raggiunto queste isole attraverso
ponti terrestri esistenti in epoche passate, quando
le variazioni del livello del mare permettevano collegamenti tra il
Sud America e le
Antille. Questa teoria spiegherebbe perché, mentre sul continente questi rettili andavano incontro all’estinzione, nei
Caraibi continuavano a prosperare, protetti dalla concorrenza e dai cambiamenti ambientali più drammatici. Nonostante la loro natura terrestre e la mancanza di abilità natatorie,
l’isolamento geografico ha probabilmente garantito ai sebecidi un prolungamento evolutivo inaspettato.
Scoperte precedenti e indizi trascurati Già negli anni ’90 erano stati trovati
denti fossili a Cuba e Porto Rico, datati rispettivamente a
18 e 29 milioni di anni fa, ma non erano sufficienti per identificare con certezza un predatore dominante. Solo con i nuovi reperti dominicani, perfettamente corrispondenti ad altri fossili di sebecidi rinvenuti in
Sud America, i ricercatori hanno potuto confermare la loro presenza prolungata nei Caraibi. Come ha raccontato
Lazaro Viñola Lopez, ricercatore dell’
Università della Florida, l’identificazione di questi fossili ha avuto un impatto profondo sul team scientifico: “
Quell’emozione di trovare il fossile e rendersi conto di cosa sia, è indescrivibile”.
Un futuro ricco di nuove scoperte fossili Secondo i ricercatori,
il sebecide potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Il terreno caraibico, ancora poco esplorato in profondità, potrebbe nascondere numerose altre specie estinte. Finora, gran parte degli scavi è avvenuta in zone accessibili come le grotte, ma l’espansione infrastrutturale, come i recenti scavi stradali nella
Repubblica Dominicana, potrebbe accidentalmente portare alla luce fossili di grande valore. La scoperta solleva quindi nuove domande sulla
biodiversità perduta delle isole tropicali e sulla capacità di questi ambienti di servire come
ultimi baluardi per specie in declino altrove. Come suggerisce lo studio, i Caraibi non furono affatto un ambiente privo di predatori massicci:
furono invece un rifugio dove la storia naturale seguì un corso unico.
Il coccodrillo terrestre dei Caraibi visse 5 milioni di anni più del previsto