Lavoro, sempre più breve e precario

Negli ultimi anni il lavoro in Italia ha subito una costante metamorfosi che lo ha portato, purtroppo, a scendere i gradini della sempre più lunga scala di fattori determinanti per avere un buon tenore di vita. Se, infatti, fino a qualche tempo fa un contratto a tempo indeterminato era il sogno di chiunque aspirasse ad una vita economicamente stabile, oggi, complice l’erosione del potere d’acquisto e il rialzo della pressione inflattiva, anche un lavoro fisso non mette al riparo dal pericolo di povertà. Economia 26 Marzo 2025 Istat, nel 2024 il 23,1% della popolazione è a rischio povertà Dato in aumento rispetto al 2023 26 Marzo 2025 povertà esclusione sociale Guarda ora Questo perché sebbene cresca l’occupazione, non cresce parallelamente la qualità del lavoro. I numeri di febbraio sul mercato del lavoro in Italia pubblicati dall’Istat mettevano in evidenza un panorama precario e frammentato. In aumento i contratti a tempo determinato e con una durata sempre più breve con la conseguenza che circa 3 milioni di lavoratori sono costretti a fare due o più lavori per riuscire a raggiungere una somma degna di uno stipendio base. La conferma arriva sempre dai dati Istat: il 20% dei lavoratori nel 2022 aveva ricoperto più di un incarico (nel 2021 era del 18%) a conferma non solo di una diffusa instabilità ma anche di una sempre più ampia precarietà. Allo stesso tempo la retribuzione lorda annua per posizione lavorativa pur in aumento a 12.550 euro (+3,3%) deve lamentare un calo sul primo decile (cioè il 10% delle posizioni lavorative meno retribuite) a 778 euro annui. Economia 29 Dicembre 2024 Povertà sanitaria in crescita, 463 mila chiedono aiuto per i farmaci In 7 anni spesa per medicinali aumentata di 2,5 miliardi 29 Dicembre 2024 spese per medicinali italiani difficoltà nell'acquisto medicinali Guarda ora Altri dati, più recenti, arrivano direttamente dall’Eurostat. Numeri alla mano nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% rispetto alla media nazionale sono stati il 9% contro l’8,7% del 2023. Una situazione più grave rispetto al 3,7% della Germania e al 2,2% della Finlandia. Tra i più a rischio nel panorama italiano sarebbero i lavoratori indipendenti: 17,2% con redditi inferiori al 60% della media, percen

Mag 2, 2025 - 07:35
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Lavoro, sempre più breve e precario

Negli ultimi anni il lavoro in Italia ha subito una costante metamorfosi che lo ha portato, purtroppo, a scendere i gradini della sempre più lunga scala di fattori determinanti per avere un buon tenore di vita. Se, infatti, fino a qualche tempo fa un contratto a tempo indeterminato era il sogno di chiunque aspirasse ad una vita economicamente stabile, oggi, complice l’erosione del potere d’acquisto e il rialzo della pressione inflattiva, anche un lavoro fisso non mette al riparo dal pericolo di povertà.

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Questo perché sebbene cresca l’occupazione, non cresce parallelamente la qualità del lavoro. I numeri di febbraio sul mercato del lavoro in Italia pubblicati dall’Istat mettevano in evidenza un panorama precario e frammentato. In aumento i contratti a tempo determinato e con una durata sempre più breve con la conseguenza che circa 3 milioni di lavoratori sono costretti a fare due o più lavori per riuscire a raggiungere una somma degna di uno stipendio base.

La conferma arriva sempre dai dati Istat: il 20% dei lavoratori nel 2022 aveva ricoperto più di un incarico (nel 2021 era del 18%) a conferma non solo di una diffusa instabilità ma anche di una sempre più ampia precarietà. Allo stesso tempo la retribuzione lorda annua per posizione lavorativa pur in aumento a 12.550 euro (+3,3%) deve lamentare un calo sul primo decile (cioè il 10% delle posizioni lavorative meno retribuite) a 778 euro annui.

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Altri dati, più recenti, arrivano direttamente dall’Eurostat. Numeri alla mano nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% rispetto alla media nazionale sono stati il 9% contro l’8,7% del 2023. Una situazione più grave rispetto al 3,7% della Germania e al 2,2% della Finlandia. Tra i più a rischio nel panorama italiano sarebbero i lavoratori indipendenti: 17,2% con redditi inferiori al 60% della media, percentuale che nel 2023 non andava oltre il 15,8% nel 2023. Quasi stabile, ma sempre in aumento, il quadro dei dipendenti: 8,4%, rispetto all’8,3% 2023. Per quanto riguarda il lavoro part time la percentuale del 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%.

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Sale invece la percentuale dei lavoratori di almeno 18 anni sempre a rischio povertà, nonostante possano vantare un’occupazione per metà dell’anno: in questo caso, a prescindere dal contratto, si è passati dal 9,9% del 2023 al 10,2% del 2024. Paradossalmente il divario più ampio di lavoratori a rischio povertà si ha nella fascia dei laureati. Infatti se è del 18,2% tra chi ha fatto la scuola dell’obbligo e solo del 4,5% tra i laureati, non si può fare a meno di notare che il dato 2023 dei primi era del 17,7% mentre per i secondi l’anno scorso non si andava oltre il 3,6%.

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Ma il problema, però, è anche più ampio e riguarda il rischio povertà in generale che investe le categorie sociali più deboli. Le stesse che devono rinunciare a spese mediche, visite e controlli o, nei casi più gravi, alle spese minime. Sempre secondo i dati Eurostat sarebbero cinque milioni le persone che proprio sulle spese minime incontrano difficoltà. E gli anziani sono la fascia più a rischio sebbene il tasso ufficiale di povertà nel nostro paese in questi ultimi 12 mesi sia rimasto fermo al 18,9% della popolazione e risulti in calo anche quello riguardante la deprivazione materiale (ovvero in difficoltà per alcune delle spese riguardanti riscaldamento, cibo adeguato e vestiario minimo) che dal 9,8% del 2023 è sceso all’8,5%.

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