Il biscotto referendario di giugno immerso nella scaramanzia
Debbono essere ben deboli, nonostante la loro diffusione mediatica e politica in funzione antigovernativa, gli argomenti contro il ricorso all’astensione nei referendum di giugno su lavoro e cittadinanza. I Graffi di Damato.

Debbono essere ben deboli, nonostante la loro diffusione mediatica e politica in funzione antigovernativa, gli argomenti contro il ricorso all’astensione nei referendum di giugno su lavoro e cittadinanza. I Graffi di Damato
Debbono essere ben deboli, nonostante la loro diffusione mediatica e politica in funzione antigovernativa, gli argomenti contro il ricorso all’astensione nei referendum abrogativi del mese prossimo su lavoro e cittadinanza per vanificarne il risultato con l’affluenza alle urne di metà degli elettori prescritta dalla Costituzione, se si sta facendo ricorso adesso più alla scaramanzia che alla ragione, o al diritto.
La raccomandazione a preferire “il mare” al voto – si dice e si scrive- per vanificare il 9 giugno 1991 il referendum contro le preferenze plurime costò caro a Bettino Craxi. Corse alle urne il 62,50 per cento degli elettori e il sì all’abrogazione raccolse il 95,57 dei voti contro un misero 4,43 del no.
Dopo meno di tre anni il leader socialista, che pensava di potere tornare a Palazzo Chigi, fu politicamente decapitato con la cosiddetta prima Repubblica e costretto a rifugiarsi da esule – o da latitante, secondo gli avversari in toga e senza – nella sua casa di Hammamet, in Tunisia, per scampare all’arresto per Tangentopoli.
Ma Craxi in quel referendum non fu il solo a consigliare il mare alle urne. Gli fece compagnia il leader emergente della Lega Umberto Bossi, che nel 1994 avrebbe vinto le elezioni con Silvio Berlusconi e portato al governo, dove tuttora è con Matteo Salvini, il suo partito pur in odore, o puzza, allora di tentazioni scissioniste, col Nord chiuso nella sua ricchezza e il Sud nella sua povertà. “Forza Etna”, scrivevano con la vernice nera i leghisti sui ponti delle autostrade.
Scaramanzia per scaramanzia, scommessa per scommessa, guferia per guferia, diciamo così, la sponsorizzazione dell’astensione in quel referendum di 34 anni fa non è quindi di lettura unica.
Più che la sconfitta referendaria costò carissima politicamente, umanamente, fisicamente a Craxi la scelta degli avversari comunisti, con la sostanziale complicità anche di una parte dei suoi alleati di governo, e persino compagni di partito, di liberarsene cavalcando indagini e processi per il finanziamento illegale della politica, e altri reati presuntivamente annessi. Una decisione che la sinistra a sua volta ha pagato caramente perdendo la sua identità, almeno quella generosamente garantista che le era stata prima attribuita, e vivendo ora praticamente di espedienti, come i referendum di giugno. Che sono stati prodotti da in conflitto interno al Pd, fra massimalismo e riformismo, ed estesosi fuori.