I motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e i provvedimenti a contenuto vincolato
lentepubblica.it Approfondimento di Katia Carcone in merito alla recente sentenza del Collegio del Consiglio di Stato sui motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e validità degli atti. L’intervento additivo operato dall’art. 12, comma 1, lett. i), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76[1] a mente del quale, in coda al comma 2 dell’art. 21-octies della Legge 241 del […] The post I motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e i provvedimenti a contenuto vincolato appeared first on lentepubblica.it.

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Approfondimento di Katia Carcone in merito alla recente sentenza del Collegio del Consiglio di Stato sui motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e validità degli atti.
L’intervento additivo operato dall’art. 12, comma 1, lett. i), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76[1] a mente del quale, in coda al comma 2 dell’art. 21-octies della Legge 241 del 1990 è sancito che il regime di non annullabilità dettato per la violazione dell’art. 7[2] non trova applicazione alle ipotesi di omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di cui all’art. 10 bis della norma medesima, viene nuovamente portato all’attenzione del Consiglio di Stato.
Con sentenza della Sezione III, n. 3905 dell’8 maggio 2025, il Collegio conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, la predetta condizione esimente, debba ritenersi applicabile in via esclusiva ai provvedimenti aventi natura discrezionale[3].
Per i giudici di Palazzo Spada, infatti, solo in tale circostanza l’omesso preavviso di rigetto dell’istanza cui all’art. 10 bis della Legge n. 241 del 1990 travolge il provvedimento così viziato, comportandone la conseguente caducazione.
Il caso: i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di rinnovo di permesso di soggiorno
L’appellante, cittadino marocchino, aveva impugnato innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto il provvedimento con il quale, la Questura di Padova, aveva rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno precedentemente rilasciatogli per motivi di lavoro, in seguito scaduto.
Tra le motivazioni di rigetto addotte dalla Questura, oltre alla mancata presentazione dell’istante alla data stabilita per il fotosegnalamento, vi era anche il riferimento alla condanna del medesimo, con sentenza passata in giudicato, per il reato di cui all’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309/1990[4], «reato considerato ostativo all’ottenimento del permesso di soggiorno secondo il disposto dell’art. 4, co. 3 del D.lgs. 286/1998».
Avverso la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, nonché del difetto di motivazione, Il ricorrente aveva proposto il ricorso di cui si discute, lamentando in particolare la circostanza che l’omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della propria istanza, avesse comportato:
“un’invalicabile violazione dell’art. 10 bis della citata legge n. 241 e del giusto procedimento” e inoltre che “nonostante […] al momento della data del fotosegnalamento, egli si trovasse ristretto presso la Casa circondariale di Padova,sarebbe stato, in ogni caso, necessario, ai sensi della richiamata previsione normativa, garantirgli la partecipazione al procedimento, mediante la notifica presso la Casa di reclusione”.
Con sentenza semplificata n. 2495 del 25 ottobre 2024 Il Tar Veneto aveva respinto le anzidette doglianze, unitamente alla richiesta di sospensiva, per l’assorbente presupposto che “l’esito del procedimento era da ritenersi vincolato, a causa del reato ostativo commesso dallo straniero”.
Avverso la decisione del giudice di prime cure, il cittadino straniero, giustificando la propria mancata presentazione presso la Questura di Padova per via del richiamato impedimento e insistendo sulla violazione delle garanzie partecipative, proponeva appello cui seguiva l’ordinanza di accoglimento delle misure cautelari, e la causa veniva trattenuta in decisione.
Per le ragioni che nel seguito si esporranno, il Consiglio di Stato dichiarava infrondato l’appello.
Le problematiche interpretative connesse alla previgente formulazione dell’art.21 octies della L. n. 241 del 1990
Ancor prima di esaminare le ragioni che hanno spinto i giudici di Palazzo Spada a confermare la decisione di prime cure, è opportuno preliminarmente indagare per quali motivi si è giunti all’attuale formulazione dell’art. 21 octies della Legge n. 241 del 1990.
La ragione per la quale il legislatore del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 ha ritenuto di incidere sulla norma in esame, specificando in modo tanto cristallino che “la disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10 bis”, è da ricondurre alla definitiva risoluzione di una controversa e ampiamente dibattuta questione, tanto dottrinale che giurisprudenziale, in ordine alla sorte del provvedimento adottato in violazione dell’articolo in parola.
Oggetto della disputa erano, infatti, due contrapposte posizioni, rispetto alle quali dottrina e giurisprudenza si interrogavano se si dovesse ammettere oppure escludere l’esistenza di una sovrapposizione tra quanto previsto al secondo alinea del secondo comma dell’articolo 21-octies[5] in caso di omessa comunicazione di avvio del procedimento e la mancata comunicazione del preavviso di rigetto.
Nella formulazione precedente all’entrata in vigore del D.L. 16 luglio 2020, n.76, infatti, l’assenza dell’esplicita condizione esimente prevista con l’introduzione di un terzo alinea, era stata foriera di acceso il dibattito e, la scelta di aderire all’una o all’altra corrente interpretativa, comportava delle conseguenze piuttosto evidenti.
Le due correnti interpretative
Da un lato ci si chiedeva se, in mancanza della possibilità offerta al cittadino di affrontare il contraddittorio garantito dall’art.10 bis, ossia il preavviso di rigetto, fosse poi possibile e ammissibile, in sede processuale, sanare detta mancanza consentendo all’Amministrazione di dimostrare che la partecipazione dell’istante, ancorché consentita, sarebbe risultata del tutto inutile.
In questa prima ipotesi, però, l’estensione analogica all’articolo 10 bis della specifica disciplina prevista rispetto al regime di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990, comportava che l’eventuale violazione dell’onere procedimentale potesse in qualche modo essere sanata in corso di giudizio anche qualora il provvedimento impugnato avesse avuto contenuto discrezionale
Di altro segno era la corrente che si interrogava se fosse invece più opportuno applicare a tale violazione il regime di cui al primo alinea del secondo comma dell’articolo 21octies, avuto riguardo in via esclusiva alle violazioni formali e procedimentali eventualmente commesse nei provvedimenti a contenuto vincolato[6].
Secondo questa seconda linea interpretativa, la tolleranza consentita in caso di omissione dell’incombente procedimentale concernente il preavviso di rigetto, veniva circoscritto e limitato agli atti vincolati e, conseguentemente, subordinato alla meccanica verifica effettuata dal giudice in ordine alla mancanza di possibili, legittime alternative rispetto al contenuto del provvedimento impugnato.
L’impatto delle modifiche operate dal D.L. semplificazioni all’art.21 octies della Legge n.241 del 1990
L’introduzione del terzo alinea al secondo comma dell’art.21 octies della Legge n. 241 del 1990 risolve in via definitiva la questione sancendo, di fatto, che il provvedimento adottato in violazione degli obblighi procedurali di cui all’art. 10 bis della legge medesima conduce sì all’annullamento dell’atto, salva in ogni caso la possibilità per il giudice, in fase di contraddittorio, di verificarne l’eventuale carattere vincolato.
Parallelamente, rispetto alle garanzie partecipative, diviene definitivo l’allontanamento tra i procedimenti ad iniziativa di parte e quelli avviati d’ufficio, così come argomentato in particolare dal Tribunale Amministrativo per il Lazio, Roma, giusta sentenza del 12 gennaio 2023 n. 482 nella quale, segnatamente, rispetto alla questione adita concernente il rigetto di un’istanza di parte in violazione dell’art.10 bis, l’Amministrazione resistente avrebbe necessariamente dovuto avviare quella fase interlocutoria endoprocedimentale, sottesa all’acquisizione di tutti gli eventuali ed ulteriori elementi conoscitivi e strumentali alla decisione, ritenuti necessari all’adozione del relativo provvedimento.
La sentenza del 14 marzo 2022
Inoltre, la II sezione del Consiglio di Stato (sentenza n. 1790 del 14 marzo 2022) aveva censurato la differenza di regime sussistente tra la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 e la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza sancendo che, rispetto alla possibilità di sanare in sede processuale ai sensi dell’art. 21 octies l’omissione degli obblighi procedurali di cui all’art. 10 bis nei provvedimenti c.d. discrezionali “[…] rimane rilevante anche la sola omissione formale della mancata comunicazione del preavviso di rigetto”. In tal modo è stato dato corso all’applicazione della nuova norma con particolare rigore, atteso peraltro che, nella previgente formulazione, l’art. 21 octies non faceva menzione alcuna all’art. 10 bis.
Tale assenza veniva pacificamente considerata dalla giurisprudenza e dalla dottrina maggioritarie[7] come un’involontaria dimenticanza da parte del legislatore ed è indiscusso che, la scelta di aderire a tale tesi, comportava inevitabilmente una forzatura al dispositivo normativo che, pertanto, rendeva cogente un intervento da parte del legislatore.
La sentenza del 10 gennaio 2024
Ancora più recentemente, sul piano esegetico, è stato ulteriormente rilevato che:
«la disposizione introdotta nel corso del 2020 riguarda solo le ipotesi di omissione del preavviso di rigetto a fronte di attività amministrativa discrezionale (quale quella contemplata nel secondo periodo, espressamente richiamato dal successivo) e non anche le ipotesi di attività amministrativa vincolata (quale quella contemplata nel primo periodo […]), per la quale resta valida l’applicabilità dell’art. 21-octies (e quindi, la non annullabilità del provvedimento adottato senza la preventiva comunicazione dei motivi ostativi)» (Cons. Stato, sez. VII, 10 gennaio 2024, n. 333).
La decisione del Consiglio di Stato sui motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza
Poste queste premesse, in sede di appello il Collegio viene chiamato ad esaminare se la commissione di un determinato reato cui consegue, come atto vincolato, il diniego del rilascio del permesso soggiorno, possa in qualche misura superare o meno l’obbligo procedurale del preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, “in relazione alla regola del raggiungimento dello scopo ex art 21 octies”.
Nel fare riferimento alla richiamata regola, infatti, il Collegio conviene con il giudice di prime cure che:
“la disposizione di cui all’articolo 21-octies, comma 2, terzo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, secondo cui la possibilità per l’Amministrazione di “dequotare” il vizio formale, trova piena giustificazione nel rilievo che il provvedimento quand’anche vi fosse stata la previa comunicazione, non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato”.
Il richiamo all’orientamento della II sezione
Richiamando il condiviso e recentissimo orientamento giurisprudenziale della II sezione (9890/2024), il Collegio ribadisce che anche dopo che l’art. 12, comma 1, lett. i), del decreto semplificazioni ha aggiunto al comma 2 dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 il terzo alinea concernente l’inciso «la disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis», è solamente nel caso di provvedimento discrezionale che l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto comporta la caducazione del provvedimento viziato.
Segnatamente:
«L’annullabilità di un provvedimento amministrativo, adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti deve essere, infatti, esclusa qualora, per la natura vincolata dell’atto, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, siccome rigidamente predisposto da una norma o da altro provvedimento sovraordinato, senza che all’amministrazione residui facoltà di scelta tra determinazioni diverse, e tale principio rileva e continua a rilevare, nonostante la novella del d.l. n. 76 del 2020, anche in ipotesi di mancata comunicazione del preavviso di rigetto dell’istanza, in violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990, al cospetto dei provvedimenti vincolati» (ex plurimis, Cons. Stato, sez. VII, 27 dicembre 2023, n. 11259).
Il richiamo all’orientamento della VII sezione
Richiamando l’anzidetta esegesi operata dalla VII sezione del Consiglio di Stato (333/2024) e aderendo a quanto ben inteso dal giudice di prime cure, in maniera condivisibile il Collegio sostiene che rispetto alla controversia in esame, appaia indiscusso che il reato commesso dall’istante, poiché ex sé ostativo al rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno, inevitabilmente diviene ragion d’essere dell’indefettibile contenuto vincolato del provvedimento medesimo.
Conclusioni
Su tali convincenti argomentazioni, ritiene il Collegio ben giustificata l’inosservanza del preavviso di rigetto di cui all’art.10 bis della Legge n. 241 del 1990 da parte della Questura, atteso il carattere vincolato del provvedimento oggetto di gravame, così respingendo il ricorso proposto.
[1] Decreto semplificazioni.
[2] comunicazione di avvio del procedimento.
[3] Comma 2 art.21 octies come riformulato con Decreto semplificazioni. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10 bis.
[4] Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope
[5] ossia “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”
[6] Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato
[7] a sostegno dell’anzidetta teoria della sovrapponibilità tra comunicazione di avvio del procedimento e preavviso di rigetto.
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