I canti della Resistenza che hanno fatto la storia

Dalle montagne ai cortei, le canzoni simbolo della lotta per la libertà in Italia

Apr 24, 2025 - 10:08
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I canti della Resistenza che hanno fatto la storia

Nel 2025 saranno ottanta gli anni trascorsi dal 25 aprile 1945. Ma non si tratta solo di una data stampata nei libri di storia: la Resistenza è una memoria viva, trasmessa attraverso i gesti e la storia di chi l’ha vissuta.

Di queste azioni e ideali sono stati testimoni le parole e le musiche: capaci di rompere il silenzio delle lunghe notti di veglia, hanno dato voce al dolore, ai sogni, alla fatica.

I canti della Resistenza accompagnarono l’insurrezione e, negli anni, sono diventati un patrimonio culturale e civile. Alcuni sono ancora oggi intonati nei cortei, nelle piazze, nei teatri, come segni di identità collettiva e strumenti di trasmissione della memoria. Canzoni capaci di ricordare che la lotta per la libertà attraversa ogni epoca, unendo ogni essere umano.

"Fischia il vento": il canto nato sulla neve

“Ogni contrada è patria del ribelle

Ogni donna a lui dona un sospir

Nella notte lo guidano le stelle

Forte è il cuor e il braccio nel colpir”

Tra i canti partigiani più celebri c’è “Fischia il vento”, composto nel dicembre del 1943 da Megu, nome di battaglia di Felice Cascione, medico e comandante partigiano ligure. Il testo, ispirato alla melodia russa Katiusha, fu scritto in piena clandestinità, tra le montagne innevate dell'entroterra ligure.

“Fischia il vento e infuria la bufera / scarpe rotte eppur bisogna andar…” divenne subito il simbolo delle Brigate Garibaldi, del coraggio e della determinazione dei combattenti, capace di evocare la durezza della lotta, ma anche la fierezza e il coraggio, portando in alto l’ideale di una patria nuova.

"Bella ciao", simbolo di libertà

“Una mattina mi son svegliato,

oh bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!

Una mattina mi son svegliato

e ho trovato l’invasor”

Oggi “Bella ciao” è conosciuta in tutto il mondo come inno della Resistenza italiana, tuttavia la sua diffusione tra i partigiani fu più limitata durante la guerra. Le ricerche più recenti, tra cui quelle dello storico Cesare Bermani, mostrano che una versione primitiva della canzone circolava già tra le file della Brigata Maiella e in alcune formazioni attive tra Abruzzo ed Emilia.

La versione codificata che conosciamo oggi – con il testo del combattente che si sveglia per affrontare l’invasore – si affermò soprattutto negli anni Sessanta, grazie al lavoro del Nuovo Canzoniere Italiano. Da allora “Bella ciao” è diventata un simbolo universale di lotta e libertà.

"La Badoglieide": satira e amarezza

“Noi crepiamo sui monti d'Italia

mentre voi ve ne state tranquilli,

ma non crederci tanto imbecilli

di lasciarci di nuovo fregar”

Meno nota al grande pubblico, “La Badoglieide” era invece un canto molto diffuso durante l’occupazione, specialmente nel nord Italia. Composta in forma anonima, prendeva di mira il generale Pietro Badoglio.

Sembra che il testo nacque in una notte sulle note di un’improvvisazione fra il 25 e il 26 aprile 1944: a raccontarlo è lo scrittore partigiano Nuto Revelli. Canti come questo mostrano il lato dissacrante della Resistenza, presente accanto alla tragedia e alla lotta.

“Siamo i ribelli della montagna”, o “Dalle belle città”

“Siamo i ribelli della montagna

viviam di stenti e di patimenti

ma quella fede che ci accompagna

sarà la legge dell'avvenir”

Noto anche con il nome “Dalle belle città”, il canto “Siamo i ribelli della montagna” viene composto dai soldati della 3ª brigata d'assalto, che operava sul monte Tobbio, oggi nel Parco naturale delle Capanne di Marcarolo, situato in provincia di Alessandria.

Cini, Emilio Casarini, e Angelo Rossi (studente di musica e in seguito compositore) avrebbero composto insieme il testo durante un turno di guardia, scrivendo la musica sulla carta da pacchi. Diventerà uno dei canti partigiani più diffusi durante la guerra. Uno dei suoi autori, Cini, morirà nel 1944, dopo essere stato arrestato e condannato a morte, ma non prima di aver dichiarato: "Sono un ufficiale della scuola italiana e non sarà mai che io mi arrenda al nemico".

“La Brigata Garibaldi”

“Abbiam la giovinezza in cuor

Simbolo di vittoria

Marciamo sempre forte

E siamo pieni di gloria”

Secondo le testimonianze il canto fu composto da partigiani reggiani a Castagneto di Ramiseto, nella primavera del 1944. La struttura rimanda alla marcia, mentre il testo celebra la lotta antifascista e la libertà.

Una delle versioni più famose è l’interpretazione della cantante Giovanna Daffini, accompagnata dal violino di Vittorio Carpi. Fin da giovanissima cantante ambulante e mondina, Giovanna Daffini insieme al marito violinista, Vittorio Carpi, trasmise il patrimonio appreso in gioventù. Nel dopoguerra entrò come cantante professionista nel gruppo del Nuovo Canzoniere Italiano, creato nel 1962.

"Pietà l’è morta"

“Tedeschi traditori, l'alpino è morto

ma un altro combattente oggi è risorto.

ma un altro combattente oggi è risorto”

Celebre canto della Resistenza italiana, il testo di “Pietà l’è morta” fu scritto da Nuto Revelli nella primavera del 1944. La melodia riprende un canto militare preesistente: “Sul ponte di Perati”, canto degli alpini della Brigata Julia, utilizzato durante la campagna di Grecia del 1940-41.​

Revelli, ufficiale degli alpini nella Divisione Tridentina e successivamente comandante partigiano nelle formazioni di Giustizia e Libertà nel cuneese, compose il testo durante la sua attività partigiana nel Vallone dell'Arma a Demonte. Il brano esprime la rabbia e il dolore per i compagni caduti e per il tradimento subito durante la ritirata di Russia.