Formazione, competenze e sicurezza. Edilizia: una strategia ’Fondamentale’
Enzo Ponzio, presidente di CNA Costruzioni, guarda alle sfide del comparto in questa epoca di transizione

di Alberto Levi
Con ’Fondamentale’ la filiera delle costruzioni è protagonista della transizione. "Serve una strategia industriale per rilanciare gli investimenti, sostenere l’innovazione e accompagnare le imprese nel cambiamento, premiando quelle che puntano su competenze, sostenibilità e legalità. Ma è necessario anche un salto in avanti culturale da parte della filiera delle costruzioni e ’Fondamentale’ esprime una visione comune delle imprese, grandi e piccole, degli artigiani, dei lavoratori e della cooperazione". Così il presidente di CNA Costruzioni, Enzo Ponzio, sottolinea il valore della campagna di comunicazione ’Fondamentale’ promossa da tutto il mondo delle costruzioni, "un’iniziativa che non ha precedenti".
Quali sono il significato e l’obiettivo della campagna?
"È un messaggio al Paese e alle istituzioni per dire che il nostro settore non è solo mattoni e cemento ma è soprattutto identità, inclusione, futuro. Un comparto dove sicurezza e legalità rappresentano valori essenziali e condivisi. Con questo spirito la filiera parteciperà con Fondamentale alla Biennale di Venezia. Costruire è tecnica, è un volano economico e un’espressione culturale. Lo spot di Luca Zingaretti trasmette l’orgoglio di una grande storia e disegna un importante futuro. La filiera delle costruzioni è pronta a giocare un ruolo da protagonista nelle transizioni del Paese".
Il bilancio degli ultimi anni è positivo tra incentivi e Pnrr...
"C’è stata una fase di espansione che non si vedeva da un decennio. Nell’edilizia l’occupazione è aumentata del 43% in pochi anni. C’è stato un boom di cantieri con picchi nel Nord Ovest e al Centro. Ma è stata una specie di onda che oggi rischia di rifluire bruscamente. I bonus sono stati ridimensionati, il Pnrr si avvia al completamento mentre la direttiva per la casa green è ancora nell’incertezza. I primi segnali negativi sono già evidenti: l’anno scorso i fallimenti sono aumentati del 24%".
Quali sono le richieste?
"Serve una strategia di medio-lungo periodo, con un quadro normativo certo, strumenti stabili, mirati, accessibili. Non chiediamo un altro Superbonus, ma un sistema incentivante che sia sostenibile e accompagnato da soluzioni di credito e garanzia, per permettere a famiglie e imprese di investire nella qualità e nell’efficienza degli edifici. È necessaria anche una proroga selettiva sul Pnrr per gli interventi complessi in ambito edilizio, legati alla rigenerazione urbana e alla sicurezza, che richiedono tempi tecnici incompatibili con le scadenze attuali. L’Italia ha bisogno di investimenti importanti nella sicurezza sismica, nella prevenzione del dissesto idrogeologico, nel rafforzamento dell’edilizia scolastica, ospedaliera e residenziale".
I numeri dicono che il settore si regge sempre più su manodopera straniera.
"I lavoratori stranieri rappresentano il 38,2% degli occupati in edilizia. In sei anni sono raddoppiati. In molte aree del Paese sono una componente strutturale della forza lavoro. Ma è una presenza con una scarsa partecipazione a percorsi di formazione o apprendistato. Uno squilibrio che impone una riflessione: la manodopera straniera è essenziale, ma va accompagnata, formata, integrata. Per questo stiamo lavorando a un progetto che coinvolga le Scuole Edili per attivare corsi di lingua italiana, formazione professionale e sicurezza. Non può esserci prevenzione nei cantieri senza comprensione linguistica".
E i giovani italiani?
"Il ricambio generazionale è troppo lento. La fascia under 35 rappresenta appena il 28% del totale, mentre cresce la quota di over 50, che è arrivata al 34,6%. Abbiamo bisogno di un sistema che renda l’edilizia attrattiva per i giovani: con percorsi di apprendistato qualificati, con accesso facilitato alla formazione tecnica, con cantieri innovativi e sicuri. Il lavoro manuale non deve più essere percepito come una scelta ’di ripiego’, ma come una vera opportunità professionale".
Appalti pubblici. Qual è la situazione dopo l’arrivo del nuovo codice?
"Il nuovo Codice dei Contratti ha introdotto alcuni elementi positivi, ma serve ancora di più. Micro e piccole imprese rappresentano il 99% del tessuto produttivo ma si aggiudicano meno del 5% del valore complessivo degli appalti pubblici. La mancata suddivisione in lotti è una delle principali barriere: meno del 10% degli appalti fino a 5 milioni di euro viene frazionato, e spesso le stazioni appaltanti non motivano questa scelta".
Quali le vostre proposte?
"CNA ha elaborato oltre 100 proposte concrete di semplificazione. Tra queste rendere obbligatoria la suddivisione in lotti di almeno il 20% del valore degli appalti sopra soglia, per favorire l’accesso delle micro e piccole imprese, indipendentemente dall’importo complessivo. E serve maggiore trasparenza: oggi negli affidamenti diretti e nelle procedure negoziate c’è troppa discrezionalità. Abbiamo anche proposto di introdurre la figura dell’Ambasciatore delle Piccole Imprese presso le stazioni appaltanti: un referente che vigili sull’effettiva applicazione delle norme a tutela delle PMI".
Altro tema centrale è la qualificazione delle imprese.
"Oggi in Italia chiunque può aprire un’impresa edile, anche senza formazione, senza esperienza e senza titoli di studio. È una situazione, in molti casi, inaccettabile. Nel nostro settore si lavora con materiali complessi, in ambienti ad alto rischio, con impatti ambientali e sociali importanti. CNA sostiene da tempo una proposta di legge per l’accesso regolato alla professione. Anni fa fu approvato un testo unificato alla Camera, poi arenato in Senato. Occorre riprendere quel percorso: formazione obbligatoria, aggiornamento costante, qualificazione vera. La qualificazione non è una barriera: è una garanzia. Per i lavoratori, per i cittadini, per la legalità del sistema".