Eurovision: kolossal pop e tricolori. Ma la musica non ferma le polemiche

Tensioni durante la finale: sventato attacco alla cantante israeliana sul palco, scontri tra polizia e pro-Pal

Mag 18, 2025 - 10:10
 0
Eurovision: kolossal pop e tricolori. Ma la musica non ferma le polemiche

"Non vorrei altro che essere lì con voi" aveva detto Céline Dion martedì sera nel suo messaggio al popolo dell’Eurovision Song Contest. E quando ieri è cominciata a spargersi la voce che il jet della diva canadese, vincitrice nell’88 dell’Esc per la Svizzera, era stato avvistato all’aeroporto di Basilea, nel ventre d’acciaio e cemento della St. Jackobshalle s’è scatenato il pandemonio. Anche perché nei tempi segnalati dalla rigidissima scaletta della serata c’era un vuoto di quattro minuti che tecnici e operatori non riuscivano a spiegarsi, visto che all’Eurovision tutto è scandito con tempi militari, a cominciare dai 42 secondi cronometrati di cambio palco tra un set e l’altro.

Il sussulto più grosso di una giornata segnata dalla presenza di una Michelle Hunziker ricoperta di argento e cristalli accanto alle conduttrici delle semifinali Hazel Brugger e Sandra Studer, ma soprattutto da una gara che l’happening del rush finale ha reso, se possibile, ancora più frenetica. L’Eurovision, infatti, non è solo un concorso di canzoni e nemmeno una competizione di reti televisive (ieri sera la diretta su Raiuno), ma una enorme vetrina in cui proporre il proprio paese davanti a una platea televisiva di quasi 200 milioni di persone. Un’euforia contagiosa come confermato dai 36mila posti dello stadio adiacente l’Arena in sole due ore per vedere lo show sullo schermo.

Lucio Corsi con Volevo essere un duro, col suo piano extra large e i maxi amplificatori rubati a Neil Young e alla copertina di Rust never sleeps, il David di Michelangelo col bubble-gum di Gabry Ponte e Tutta l’Italia, la colata lavica che sembrava inghiottire la greca Klavdia, la pioggia di sabbia riversata da una immaginaria clessidra sulla francese Louane (in realtà trucioli di sughero per consentire al personale di pulire tutto entro i famigerati 42 secondi), l’asta del microfono-razzo della vichinga Erika Vikman, la fasulla invasione di palco della fasulla fan che s’avvinghia a Tommy Cash (Espresso Macchiato) prima che nerborute body-guards la riportino dietro le quinte....

E ancora, il bambino nello schermo cui si specchia l’olandese Claude, la zattera in balia della tormenta di passioni su cui si divincola l’austriaco JJ, la forza espressiva del duo albanese con passaporto italiano Shkodra Elektronike e soprattutto la sauna in cui si ritrovano i taglialegna svedesi KAJ strafavoriti dai bookmaker hanno tirato i fili di una maratona all’ultimo voto in cui ha pesato, come nelle prove, la presenza dell’israeliana Yuval Raphael, sopravvissuta in patria agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, e non risparmiata dalle proteste dei supporter pro-Palestina, caotiche (due manifestanti hanno cercato di attarccarla sul palco: fermati; scontri tra polizia e pro-Pal fuori dalla della St. Jakobshalle) quanto quelle piovute a Malmö sulla rappresentante dello scorso anno Eden Golan. Il clima attorno alla presenza all’Esc di Israele l’aveva dato nel pomeriggio il quotidiano spagnolo El Pais denunciando il fatto che l’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU) aveva minacciato sanzioni punitive all’emittente pubblica iberica RTVE se nella diretta di ieri sera i conduttori Julia Varela e Tony Aguilar avessero ripetuto i riferimenti alle vittime civili di Gaza fatti durante la seconda semifinale. Commenti contro cui i vertici i vertici dell’emittente pubblica israeliana KAN avevano presentato venerdì mattina reclamo formale. "United by music", uniti dalla musica. Sì vabbè.