Energia dall’amianto, con la bonifica nuovi impianti fotovoltaici
A Lendinara, in provincia di Rovigo, un’area contaminata da amianto è stata bonificata e trasformata in un impianto fotovoltaico da 4,1 MW, riducendo le emissioni di CO2. Ecco come

In provincia di Rovigo, una vecchia area contaminata dall’amianto è stata trasformata in un progetto di energia pulita. A guidare l’intervento è un’azienda indipendente attiva nel settore delle rinnovabili, che ha avviato un processo di bonifica e rigenerazione ambientale culminato nella realizzazione dell’impianto fotovoltaico “Pajarola”, capace di generare energia solare e ridurre l’inquinamento da CO₂.
Prosolia punta a produrre energia rinnovabile e a ridurre l’impatto ambientale di un sito dismesso, nel pieno rispetto dell’economia circolare. L’intervento si inserisce in un contesto nazionale ancora abitato da milioni di tonnellate di amianto e dalle conseguenze sulla salute di questo.
Dall’amianto si può creare energia pulita
Si può trasformare un’area industriale abbandonata e ad alto rischio sanitario in un progetto green? È quello che è accaduto in provincia di Rovigo con la conversione di uno spazio contaminato dalla presenza di amianto. L’intervento è portato avanti dalla produttrice di energia indipendente Prosolia Energy, che ha dato avvio alla prima fase del progetto “Pajarola”, nome preso dall’area in cui sarà realizzato.
Nelle prime battute, Prosolia ha bonificato l’area di 40.000 metri quadrati a Lendinara, che apparteneva a un allevamento, arrivando a rimuovere fino a 160 tonnellate di amianto dai tetti delle strutture in stato di abbandono. Il prossimo obiettivo è la realizzazione di un impianto fotovoltaico da 4,1 MW di potenza di picco.
Quindi, dopo la demolizione delle strutture e la rimozione dell’amianto, l’azienda ha avviato i lavori relativi alle infrastrutture di rete e all’installazione di una sottostazione di consegna.
Sarà Prosolia Energy a gestire l’impianto, assicurando che tutta l’elettricità generata venga immessa in rete come energia rinnovabile. Secondo le stime, grazie alla rigenerazione dell’area e alla produzione dell’energia pulita, si arriverà a ridurre l’emissione annuale di CO₂ di più di 2.274 tonnellate, equivalenti alla piantumazione di circa 151.645 alberi.
Progetti di bonifica: i danni dell’amianto sulla salute
Il progetto ha un doppio valore, uno di tipo ambientale e l’altro sanitario. Infatti, la zona era considerata ancora pericolosa per la salute e questo intervento di bonifica, prima ancora del progetto fotovoltaico, ha già registrato un successo per la salute collettiva. Che l’amianto sia ancora un problema sanitario, dopotutto, non è un segreto. Nell’ultimo rapporto Istisan dell’Istituto Superiore di Sanità, i dati aggiornati sulle morti per amianto sono ancora elevati.
Tra il 2010 e il 2020, si legge, ogni anno in Italia muoiono per mesotelioma (un tipo di tumore ad alta letalità che nell’80% dei casi circa è dovuto all’esposizione all’amianto) in media 1.545 persone, di cui 1.116 uomini e 429 donne.
Rocco Bellantone, presidente dell’Iss, ha confermato che “l’amianto rimane una priorità di sanità pubblica”. La maggior parte delle persone decedute per mesotelioma, recita il report, è stata probabilmente esposta all’amianto in ambienti lavorativi nei decenni passati. L’esposizione, però, può avvenire anche in contesti domestici o ambientali, per inalazione di fibre rilasciate nelle abitazioni oppure nell’ambiente da sorgenti presenti sul territorio.
Il numero citato di decessi si intende per 100.000 abitanti, ma si presenta maggiore della media nazionale in alcuni casi che sono distribuiti sull’intero territorio italiano. Le regioni più colpite sono:
- Piemonte;
- Lombardia;
- Valle d’Aosta;
- Liguria.
Nel periodo tra il 2010 e il 2020, quando è stato condotto lo studio, si sono registrati su tutto il territorio nazionale un totale di quasi 17mila casi.
La storia dell’amianto in Italia
I numeri degli effetti sulla salute dell’amianto sono il risultato di un massiccio utilizzo in diversi campi. La storia dell’amianto come materiale utilizzato dall’uomo ha radici nell’antichità, ma l’utilizzazione dell’amianto nell’industria inizia solo nel 1800. Sono gli Stati Uniti i primi a lavorarlo e impiegarlo in maniera diffusa come minerale in diverse produzioni, ma anche a incrementarne l’estrazione, l’accumulo e l’utilizzo nella vita quotidiana.
In Italia, invece, arriva solo nel 1907, quando a Casale Monferrato apre il primo stabilimento dell’Eternit, nome che identifica una miscela di cemento e amianto e che rappresenterà per sempre la pericolosità del materiale sulla salute umana. Lo stabilimento di Casale Monferrato è poi diventato il più grande d’Europa e il primo per produzione di Eternit, coinvolgendo fino a 5.000 operai nella produzione del materiale nocivo.
Fu Nicola Pondrano, operaio della fabbrica Eternit di Casale Monferrato, a denunciare per primo i danni dell’inalazione di polvere di amianto a livello polmonare. Fu uno scandalo, soprattutto per quello che poteva implicare: il materiale era usato in strutture industriali, ma anche di natura abitativa e scolastica. La preoccupazione portò le autorità sanitarie a indagare in maniera approfondita. Fu così che iniziarono a emergere le conseguenze dell’inalazione delle polveri sottili dovute alla degradazione del materiale.
Nel 1981 fu intentata causa contro la fabbrica Eternit e contro l’Inail. La mossa serviva a far riconoscere i danni provocati dalla produzione – e non solo – dell’Eternit. La causa venne effettivamente vinta e così si scoprirono i problemi di salute che il materiale, tra i più utilizzati in Italia e in Europa, causava. Anche in Europa, infatti, l’amianto continua a causare vittime e nel tempo sono state pensate norme per facilitare le bonifiche e cercare di arginare le esposizioni, che purtroppo proseguono.
È vero che l’Italia fu tra i primi (con la L. 257/1992) a porre al bando l’amianto, anticipando persino anche la normativa europea, ma nel cassetto sono stati lasciati diversi programmi di bonifica e di decontaminazione. Quindi, anche se molto è stato fatto, “l’amianto rimane un’emergenza ambientale e sanitaria”. Lo spiega anche Marco Martuzzi, direttore del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Iss.
Basti pensare che sono ancora 40 milioni le tonnellate di materiali in amianto e contenenti amianto in un milione di siti e micrositi sul territorio tra:
- siti industriali;
- siti di interesse nazionale;
- 2.500 scuole;
- 500.000 km di tubature (tenendo conto anche degli allacci);
- 1.500 biblioteche ed edifici culturali;
- almeno 500 ospedali.
Si tratta di stime al ribasso e, in questo quadro desolante, le proposte di bonifica sono rare e spesso in ritardo sul numero di diagnosi che si potevano evitare. Quello che servirebbe, quindi, è uno sforzo sinergico tra le istituzioni locali e nazionali, le associazioni e il mondo della ricerca.
Bonifiche e interventi: maggiore partecipazione pubblica
Ce lo conferma anche il report “Community Engagement and Fair Benefit Sharing of Renewable Energy Projects”, che evidenzia l’importanza di un coinvolgimento attivo delle comunità locali nei progetti di energia rinnovabile. Da quanto emerge, in Italia le pratiche di coinvolgimento delle comunità restano prevalentemente basate su iniziative volontarie e la partecipazione pubblica resta così confinata alle fasi iniziali dei procedimenti.
Il report sottolinea invece l’urgenza di istituire meccanismi di partecipazione pubblica che consentano ai cittadini di essere parte attiva nei processi decisionali e di assicurare una redistribuzione equa dei benefici, rafforzando così il sostegno ai progetti e generando vantaggi concreti per le comunità, l’ambiente e gli stessi sviluppatori. Porre le comunità locali al centro della transizione energetica resta una priorità imprescindibile per l’Italia.
Un impegno come quello di Prosolia Energy, festeggiato dalla sindaca di Lendinara Francesca Zeggio:
Siamo orgogliosi di ospitare un progetto così significativo per la nostra comunità, che unisce la bonifica ambientale alla produzione di energia rinnovabile. L’intervento sull’area Pajarola rappresenta un modello virtuoso di rigenerazione sostenibile, che trasforma un sito compromesso in una risorsa per il futuro.
Questo, prosegue, è proprio un esempio di come pubblico e privato possono collaborare per generare valore ambientale, economico e sociale.