Ecco il programma economico di Merz in Germania
In Germania i leader di Cdu-Csu e Spd hanno trovato l’accordo di massima sui punti generali e più controversi del programma del governo Merz. L'articolo di Pierluigi Mennitti.

In Germania i leader di Cdu-Csu e Spd hanno trovato l’accordo di massima sui punti generali e più controversi del programma del governo Merz.
Il ritmo incalzante auspicato da Friedrich Merz per la formazione del nuovo governo finora è stato mantenuto. I leader dei due raggruppamenti (l’Unione di Cdu e Csu e l’Spd) hanno trovato l’accordo di massima sui punti generali e più controversi del programma e da questa settimana avvieranno i colloqui veri e propri per giungere nei tempi più brevi possibili al nuovo esecutivo. In termini meno prosaici, si andrà nel dettaglio delle strategie politiche ma si parlerà soprattutto di posti.
Economia e immigrazione le questioni più spinose. Sul piano economico, le divergenze iniziali tra i due blocchi sono state in gran parte superate con l’accordo della scorsa settimana sulla necessità di contrarre nuovi debiti miliardari per finanziare investimenti cruciali. Le priorità sono chiare: rafforzare la difesa, migliorare le infrastrutture e sostenere la ripresa economica. Un ulteriore passo avanti è stato fatto con la proposta di ridurre la tassa sull’elettricità, un intervento volto ad alleviare il carico fiscale su famiglie e imprese. Secondo i calcoli del portale Verivox, questa misura potrebbe comportare un risparmio medio del 7% sulle bollette energetiche, traducendosi in un risparmio annuo di circa 93 euro per una famiglia con un consumo di 4.000 kWh.
L’accordo raggiunto tocca anche il tema dei sussidi sociali, con una riforma significativa: coloro che, pur potendo lavorare, rifiutano ripetutamente un impiego adeguato vedranno revocate integralmente le prestazioni assistenziali. Questa decisione, promossa con forza dallo stesso Merz, riflette la volontà di rendere il sistema di welfare più rigoroso e orientato al principio della responsabilità individuale.
Se sul fronte economico si sono registrati progressi concreti, la politica migratoria rimane un banco di prova decisivo per la coalizione nascente e per la sua capacità di arginare l’ascesa di AfD. L’accordo di base prevede il respingimento alle frontiere terrestri dei richiedenti asilo, ma solo in coordinamento con gli Stati confinanti. Tuttavia, restano dubbi sulla reale attuabilità di questa misura, soprattutto in considerazione delle possibili resistenze da parte di Austria, Repubblica Ceca e Polonia.
Un altro punto critico riguarda il diritto di cittadinanza. La riforma voluta dal precedente governo rimarrà in vigore, confermando sia la riduzione dei tempi per la naturalizzazione sia la possibilità di mantenere il doppio passaporto per i cittadini non appartenenti all’Ue. Tuttavia, Cdu e Spd intendono verificare la possibilità di revocare la cittadinanza a coloro che promuovono attivamente ideologie estremiste o antidemocratiche, nel caso in cui siano in possesso di un’altra cittadinanza.
L’immigrazione familiare (quindi la possibilità dei ricongiungimenti) rappresenta un ulteriore nodo da sciogliere. L’Unione ha insistito per limitare i ricongiungimenti dei beneficiari di protezione, ma non è ancora chiaro per quanto tempo questa restrizione sarà valida. È un tema che potrebbe generare nuove tensioni nei prossimi negoziati. Nel frattempo, si è stabilito di rafforzare i controlli alle frontiere, in risposta alle preoccupazioni crescenti sulla gestione dei flussi migratori.
Mentre i partiti sono impegnati nella formalizzazione dell’inizio ufficiale dei negoziati di coalizione, sta per iniziare il vero lavoro politico. La fase successiva prevede la creazione di numerosi gruppi di lavoro specializzati, incaricati di definire nel dettaglio le strategie per settori chiave come trasporti, politiche familiari, ambiente e clima. Un’organizzazione simile era stata adottata anche nel 2021, con la creazione di 22 gruppi di lavoro.
Uno degli aspetti più delicati da trattare è la distribuzione dei ministeri. Resta da stabilire se verrà istituito un ministero separato per la digitalizzazione, come promesso in campagna elettorale da Merz, e quali partiti controlleranno i dicasteri chiave. Queste decisioni saranno cruciali per la stabilità della coalizione e per il successo dell’azione di governo.
I tempi per la formazione del nuovo esecutivo rimangono incerti, ma la scadenza indicata da Merz punta a chiudere i negoziati entro Pasqua. Un obiettivo ambizioso, considerando che nel 2021 il processo durò un mese e mezzo dalla fine delle consultazioni alla firma dell’accordo di coalizione.
Quanto alla struttura dell’accordo stesso, l’Unione propone un approccio più flessibile rispetto al passato. L’esperienza della scorsa legislatura ha dimostrato come eventi esterni, come è stato per la guerra in Ucraina, possano rapidamente rendere obsoleti gli accordi politici. Per questo, la nuova coalizione prevede un documento snello, con linee guida generali e una capacità di adattamento alle circostanze future. Alexander Dobrindt, capogruppo della Csu, ha sottolineato l’importanza di avviare le riforme chiave nei primi sei mesi di governo, lasciando aperta la possibilità di modificare l’accordo in base alle esigenze emergenti.
L’ultima fase del processo vedrà i partiti esprimersi sull’accordo definitivo. La Cdu terrà un piccolo congresso, mentre la Csu si limiterà a una decisione del consiglio direttivo. La Spd, invece, coinvolgerà l’intera base del partito in una votazione, dato che la collaborazione con Merz non è unanimemente condivisa al suo interno. I prossimi giorni saranno quindi decisivi per definire il volto del nuovo governo tedesco. L’intesa di massima c’è, ma le sfide restano numerose, così come i malumori (anche in casa Cdu dove non tutti sono entusiasti dell’addio al freno del debito) che possono far deragliare il treno di Merz in qualsiasi momento.