Donne della Resistenza: le storie da ricordare

Dalle staffette alle combattenti, il ruolo fondamentale delle donne nella lotta per la libertà

Apr 24, 2025 - 10:08
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Donne della Resistenza: le storie da ricordare

Secondo l'Anpi, circa 35.000 donne parteciparono attivamente alla Resistenza armata, mentre altre 20.000 svolsero funzioni di supporto. Solo una piccola parte di queste ha ottenuto riconoscimenti ufficiali. Nonostante il loro contributo fondamentale, infatti, molte donne della Resistenza non hanno mai ricevuto il riconoscimento che meritavano. Eppure i loro nomi dovrebbero essere scritti sui libri di storia.

Negli ultimi anni, anche grazie alla divulgazione di studi e pubblicazioni, come il lavoro di Benedetta Tobagi, vincitrice del Premio Campiello 2023 con il libro “La Resistenza delle donne”, la memoria delle donne partigiane ha cominciato a ricevere il riconoscimento pubblico che le era stato a lungo negato. Dalle staffette che attraversavano territori pericolosi per consegnare messaggi e armi, alle combattenti che affrontavano direttamente il nemico, il contributo femminile è stato determinante per la liberazione dell'Italia.

Le staffette partigiane: vite sospese tra coraggio e silenzio

Erano giovanissime, spesso poco più che adolescenti. Le staffette partigiane hanno rappresentato l’anello invisibile ma essenziale della Resistenza. Senza di loro, i collegamenti tra le brigate, le consegne di messaggi cifrati, armi e viveri sarebbero stati impossibili. Viaggiavano a piedi, in bicicletta, sui treni locali o sui camion dei contadini, rischiando ogni giorno la vita.

Tina Anselmi a soli 17 anni entrò nella Resistenza come staffetta nella brigata Cesare Battisti: dopo la guerra diventerà la prima donna ministra della Repubblica. Irma Bandiera, giovane bolognese catturata dai fascisti, fu torturata per giorni ma non rivelò nulla. Fu uccisa e il suo corpo lasciato in strada come monito: oggi è uno dei volti più emblematici del sacrificio femminile nella lotta per la libertà.

Laura Polizzi, nota con il nome di battaglia “Mirka”, nacque a Parma nel 1929 e fu una staffetta partigiana attiva nella Resistenza italiana. Dopo la guerra, continuò il suo impegno politico e sociale, diventando una figura di rilievo nell'ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. Nel 2009, fu responsabile del Coordinamento nazionale donne dell'ANPI, contribuendo significativamente alla valorizzazione del ruolo delle donne nella Resistenza e nella società italiana. ​

Ondina Peteani: la prima staffetta d’Italia, deportata ad Auschwitz

Nata a Trieste nel 1925, Ondina Peteani fu una delle primissime staffette partigiane in Italia. Iniziò la sua attività antifascista a soli 16 anni e nel 1943 entrò ufficialmente nella Resistenza, operando nella zona di Monfalcone. Arrestata nel 1944, venne deportata ad Auschwitz e sopravvisse.

Nel dopoguerra Ondina Peteani esercitò la professione di ostetrica e si impegnò attivamente nel PCI, nel sindacato, nell'ANPI e nei movimenti femminili. Nel 1962, insieme al suo compagno, fondò la prima agenzia libraria degli Editori Riuniti per il Triveneto. Ondina continuò a raccontare la sua esperienza nei licei e nei circoli operai, diventando testimone della memoria e figura chiave per l'educazione civile. È stata iscritta all’Albo d’Onore del Quirinale e nel 2022 la Rai le ha dedicato un documentario.

Eroine meno note: storie da riscoprire

Molte donne hanno lasciato un'impronta indelebile nella Resistenza, anche se i loro nomi sono meno noti. Rosina Frulla iniziò la sua attività partigiana a soli 17 anni, trasportando messaggi e armi in bicicletta nella regione delle Marche. Dopo la guerra, continuò il suo impegno politico e sociale, contribuendo alla fondazione dell'Unione Donne Italiane a Pesaro.

Impiegata bancaria a Firenze, Maria Luigia Guaita utilizzò la sua posizione per fornire documenti falsi a ebrei e antifascisti. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, divenne una staffetta attiva, collaborando con Radio CORA e organizzando la fuga di importanti esponenti della Resistenza.

Alcune donne assunsero ruoli di comando nelle formazioni partigiane. Annita Malavasi, conosciuta come "Laila", dopo essere stata staffetta, divenne comandante di un'unità di staffette del servizio postale nella 144ª Brigata Garibaldi "Antonio Gramsci" in Emilia-Romagna. Dopo la guerra, proseguì il suo impegno nel sindacato e nell'ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.

Le madri della Resistenza: sostegno silenzioso ma decisivo

Molte donne, soprattutto madri, zie e nonne, non combatterono in prima linea né fecero le staffette, ma sostennero la Resistenza nascondendo partigiani, curando feriti, cucendo divise, ospitando riunioni clandestine.

In Emilia-Romagna, ad esempio, il ruolo delle donne nei “ospitali partigiani” fu cruciale. A Gombola, nel modenese, o a Corniglio, nell'Appennino parmense, le donne trasformarono stalle e fienili in luoghi sicuri, rischiando la fucilazione in caso di scoperta.

Partigiane cadute: memoria e riconoscimento

Oltre alle figure più note, molte donne hanno contribuito in modo significativo alla Resistenza. Valentina Guidetti, nome di battaglia "Nadia", fu una staffetta della 26ª Brigata Garibaldi. Il 1º aprile 1945, durante una missione per richiedere rinforzi, fu catturata e brutalmente uccisa dai nazisti. Il suo coraggio le valse la Medaglia d'Argento al Valor Militare postuma.

Amalia Lydia Lalli, conosciuta come "Kira", era una giovane studentessa di ingegneria che si unì alla Brigata Garibaldi "Ugo Muccini". Svolse il ruolo di staffetta e infermiera, partecipando attivamente alle operazioni partigiane. Morì in un'imboscata tedesca il 23 aprile 1945, pochi giorni prima della Liberazione. L'Università di Pisa le ha conferito la laurea ad honorem in ingegneria.

Francesca Laura Fabbri Wronowski, nome di battaglia "Kiky", fu membro della brigata Giustizia e Libertà. Partecipò a numerose azioni di guerriglia e contribuì alla liberazione del campo di concentramento di Calvari. Il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione, Laura Wronowski entrò a Genova con i suoi compagni partigiani, contribuendo alla liberazione della città. Dopo la guerra, intraprese la carriera giornalistica e continuò a testimoniare la sua esperienza di partigiana.

Lidia Menapace: staffetta, intellettuale, testimone

Scomparsa nel 2020, era nata nel 1924: Lidia Menapace partecipò alla Resistenza come staffetta per le formazioni cattoliche, nella zona del Verbano. Dopo la guerra, divenne una delle prime donne elette in un Consiglio provinciale in Italia (Bolzano, 1964) e successivamente una figura centrale nel femminismo italiano. Nei suoi scritti ha sempre sottolineato la pluralità della Resistenza femminile, oltre lo stereotipo dell’eroina armata: la Resistenza fu anche cura, educazione, organizzazione e parola.

Il contributo delle donne alla Resistenza italiana è stato fondamentale non solo per le operazioni militari, ma anche per il sostegno morale e logistico alle brigate partigiane. Le loro storie, spesso dimenticate, rappresentano un patrimonio di coraggio e determinazione da ricordare e condividere, una preziosa lezione per le future generazioni.