Dazi USA: la risposta dell’Europa

Who is next? Prima Cina, Messico e Canada. Poi? Il tema dei dazi americani tiene con il fiato sospeso il commercio globale, con evidenti rischi per l’economia di molti Paesi. E anche l’Europa si prepara a dover affrontare le conseguenze. «Se prima era una probabilità, ora pare essere una certezza», dice Alessandro Cascavilla – docente […] L'articolo Dazi USA: la risposta dell’Europa proviene da ilBollettino.

Mar 20, 2025 - 14:11
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Dazi USA: la risposta dell’Europa

Who is next? Prima Cina, Messico e Canada. Poi? Il tema dei dazi americani tiene con il fiato sospeso il commercio globale, con evidenti rischi per l’economia di molti Paesi. E anche l’Europa si prepara a dover affrontare le conseguenze. «Se prima era una probabilità, ora pare essere una certezza», dice Alessandro Cascavilla – docente di Economia Pubblica presso la Sapienza di Roma. «Il Presidente degli Stati Uniti d’America potrebbe imporre dazi del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio provenienti dall’Unione Europea, a partire dal prossimo mese di aprile.

Disincentivare le importazioni

Quali potrebbero essere le conseguenze concrete? Innanzitutto, imporre dei dazi significa disincentivare le importazioni per il Paese che li impone, con l’obiettivo di produrre e acquistare prodotti domestici, piuttosto che stranieri. Se l’idea può sembrare conveniente, i dazi sono un freno anche all’economia che li impone, non solo a quella che li riceve. Esiste infatti una vasta letteratura scientifica che analizza empiricamente come l’imposizione dei dazi porti a due conseguenze negative: recessione e inflazione. Lo spiegano bene, ad esempio, Barattieri, Cacciatore e Ghironi (2021), nel loro articolo scientifico “Protectionism and the business cycle”, pubblicato sul Journal of International Economics.

Le conseguenze

In pratica, i dazi fanno aumentare il costo dell’import, quindi prodotti intermedi e finali, che spesso non sono immediatamente sostituibili con beni nazionali. Questo ha un effetto inflattivo su tutta l’economia. Inoltre, le tariffe rappresentano quello che in economia si definisce “shock d’offerta”, che si traduce in prezzi più alti, domanda più bassa e, di conseguenza, PIL in frenata o addirittura in calo. Non proprio lo scenario più roseo, soprattutto in uno momento in cui l’inflazione USA è tornata a salire più del previsto, mentre il Presidente Trump desidera e richiede di abbassare i tassi di interesse più in fretta, il che potrebbe alimentare ulteriori pressioni inflazionistiche.

Il disavanzo commerciale

Chiaro bersaglio di Donald Trump è il disavanzo commerciale che gli Stati Uniti hanno nei confronti dell’Europa, che al contrario vede nelle esportazioni oltreoceano un motore di crescita. Gli USA rappresentano infatti il principale partner per le esportazioni di beni europei, essendo acquirenti del 19,7% del totale dell’export extra-UE. Come si nota facilmente dai più recenti dati dell’Eurostat, nel 2023, l’Unione ha venduto beni negli Stati Uniti per un valore di 502 miliardi di euro, mentre le importazioni sono ammontate a 344 miliardi di euro, generando un surplus commerciale di 158 miliardi di euro a favore dell’Europa.

Non necessariamente un problema

A prescindere dal fatto che, almeno dal punto di vista economico, essere in disavanzo commerciale non sia necessariamente un problema – può indicare che i consumatori di un Paese hanno un elevato potere d’acquisto che permette loro di avere più beni o che il Paese stia importando capitale dall’estero – occorre interrogarsi sui motivi che hanno portato a questo sbilanciamento commerciale, che esiste a dispetto delle più stringenti regolamentazioni che caratterizzano il Mercato Europeo, come quelle ambientali e a tutela dei diritti dei lavoratori, che di fatto riducono il margine di profitto delle imprese e/o si traducono in un aumento dei prezzi al consumo.

Dubbi e risposte

Forse è perché, nonostante tutto, i Paesi UE offrono una qualità superiore e mostrano un vantaggio comparato? O perché la domanda aggregata degli USA è eccessivamente alta e quindi non è in equilibrio con l’offerta domestica?

Le risposte a questi dubbi hanno varie possibili interpretazioni economiche e sociali, per le quali ci sarebbe bisogno di un approfondimento dedicato. Al momento, è bene limitarsi a immaginare quali scenari si configurano per l’Unione Europea, che appare più che mai debole, frammentata e priva di una politica fiscale centralizzata. Infatti, l’imposizione di tariffe o dazi rappresenta uno shock esogeno anche per chi esporta, che si troverà dunque a vendere a un prezzo improvvisamente più elevato negli USA, il che implica una riduzione della domanda di tali beni nel Mercato estero, e una perdita di competitività dei prodotti provenienti dall’Unione Europea.

La strategia

La stessa UE che ha basato la propria strategia di crescita economica sulla domanda estera, spinta negli ultimi decenni dal processo di globalizzazione. Secondo l’Ex premier ed Ex Governatore della BCE Mario Draghi, quest’ultimo si è rivelata essere un’arma a doppio taglio: da un punto di forza a una minaccia per l’Europa, appunto perché basta un evento esogeno come l’imposizione dei dazi, che limitano la domanda dall’estero, per mettere un freno a mano sulle economie che trainano le esportazioni europee.

I possibili impatti negativi

Il dubbio più grande è legato ai possibili impatti negativi che questa guerra commerciale può comportare per l’Europa, e questo a sua volta dipende da almeno due fattori:

1) gli Stati Uniti imporranno i dazi in modo uniforme su tutti i Paesi UE, oppure ci sarà qualche forma di preferenza/discriminazione verso alcuni Paesi? Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha recentemente dichiarato che non esclude che ci possano essere accordi bilaterali con gli Stati Uniti. Se questo da un lato può essere un fattore positivo per l’Italia, dati i relativamente buoni rapporti tra i leader dei due Paesi, può essere un problema dal punto di vista comunitario.

A una guerra commerciale si può (e a volte si deve) rispondere con le stesse armi, quindi imponendo dazi sull’export USA. Ma questa strategia potrebbe funzionare se e solo se l’Unione Europea agisse come un Paese unico, e non in modo asimmetrico e non coordinato, perché altrimenti ci sarebbe un disincentivo ad agire tutti insieme. Ed ecco che quindi ci colleghiamo al secondo fattore, da cui dipende l’entità degli impatti di questa guerra commerciale.

Quale risposta dall’Europa?

2) Quale sarà la risposta dell’Unione Europea? Conviene rispondere ai dazi con altri dazi, per non mostrarsi deboli, oppure conviene spostare l’attenzione su altre leve, come una politica monetaria più accomodante, un cambiamento nei Mercati di riferimento per le importazioni o un’espansione delle esportazioni verso altri Paesi per ridurre la dipendenza dal Mercato americano, oltre ad offrire incentivi e supporto ai settori più colpiti per mitigare l’impatto dei dazi?

Costi e benefici

Quale che sia la reazione, comporterà dei costi e dei benefici dal punto di vista economico, politico e reputazionale. Non è facile dare una risposta, ma è più facile capire che, dal punto di vista economico, la soluzione allo squilibrio commerciale e alla concorrenza non sono i dazi – che probabilmente sposteranno i flussi commerciali verso altri Paesi compensandosi nel medio/lungo periodo – ma che nel breve termine causeranno più danni che altro, per tutti».                                    ©

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