Cuju, l'antico gioco del calcio cinese
Molto prima di Leo Messi e Lamine Yamal, nell'antica Cina si giocava a cuju: un gioco col pallone per tenere insieme un impero immenso e instabile.
Nel cuore della Cina imperiale, tra le dinastie Han e Song (206 a.C. – 1368 d.C.), quando la politica vacillava e le rivolte dilagavano, un'attività sorprendente divenne collante sociale: il cuju, un gioco con la palla considerato l'antenato del calcio moderno. Nato come esercizio militare per tenere in forma i soldati, il cuju si trasformò in fenomeno culturale e strumento politico. A ricostruire in modo approfondito questa vicenda è lo studio di Enzo H. Smith, presentato alla Young Historians Conference 2025 della Portland State University.
Dall'addestramento militare alla corte imperiale
I primi accenni al cuju risalgono a oltre 2,000 anni fa. Secondo fonti mitologiche, l'imperatore Huang Di avrebbe ordinato la creazione di una palla riempiendo lo stomaco del suo antagonista Chi You con paglia e capelli. Mito a parte, cuju serviva davvero per rafforzare disciplina e coordinazione nelle truppe. Generali come Huo Qubing permisero ai soldati di costruire campi da gioco per mantenere l'unità tra uomini di origini diverse.
Con l'ascesa della dinastia Han, cuju varcò i cancelli delle caserme per entrare nei palazzi reali. L'imperatore Gao Zu fece costruire un campo personale, e il gioco divenne parte delle celebrazioni imperiali. In poco tempo, si diffusero regole, ruoli (arbitri, guardalinee), campi regolamentari e persino manuali tecnici con nomi per ogni tipo di calcio, fino a 300 varianti.
Un gioco per tutti, anche per le donne
Cuju non era solo passatempo di nobili. Organizzazioni chiamate yuanshehui promuovevano partite aperte a cittadini, commercianti, funzionari e donne. In un'epoca in cui la società era rigidamente patriarcale, le testimonianze di cuju al femminile sono rivoluzionarie: sculture e specchi in bronzo raffigurano uomini e donne che giocano insieme, e nei manuali si parla di tecniche adattate alle limitazioni imposte dal piede fasciato.. Un campo per livellare le classi
In una Cina attraversata da muri sociali invalicabili – letteralmente: a Pechino, guardare oltre i muri del palazzo imperiale era reato – il cuju apriva varchi. Durante le dinastie Tang e Song, il gioco si diffuse nei quartieri comuni. Gli yuanshehui divennero comunità coese, dove si condividevano cibo, vestiti e tempo. Alcuni talenti, partiti da origini umili, arrivarono a giocare davanti all'imperatore, come accadde con il fondatore dei Song, Zhao Kuangyin (Emperor Taizu), che amava cimentarsi in prima persona.
Un pallone per governare meglio
Le dinastie cinesi fronteggiavano sfide enormi: guerre, carestie, ribellioni. A volte, i tentativi di governo centralizzato fallivano, e i territori si frammentavano. In questo contesto, i rituali culturali come il cuju diventavano strumenti di coesione. Durante le festività (Hanshi e Qingming), il gioco si trasformava in cerimonia, e campi regolamentari sorgevano anche nelle zone di confine. Il campo quadrato simboleggiava la Terra, la palla rotonda il Cielo. Un'intera cosmologia politica racchiusa in una partita.
Il calcio prima del calcio
Alla fine il cuju diventò un vero sport professionale con leghe, trasferimenti di giocatori, premi in denaro e oggetti preziosi. Ma soprattutto, fu un linguaggio condiviso che superò confini geografici, classi sociali e generi. Il suo lascito non è solo tecnico – nell'influenza sul calcio moderno – ma sociale: il cuju mostra come un gioco possa trasformarsi in strumento politico e culturale, capace di fare ciò che un esercito o un editto spesso non riescono a fare..