Cosa si studiava a scuola durante il fascismo?

Nel 1922, sei mesi dopo la Marcia su Roma, Benito Mussolini assunse il governo del Paese e, tra i suoi primi provvedimenti, si concentrò sulla riforma scolastica. Sotto la guida del filosofo Giovanni Gentile, nuovo ministro dell'istruzione, l'Italia cercò di alzare il livello culturale, soprattutto nel Sud, dove l'analfabetismo raggiungeva il 50% della popolazione. La scuola divenne gratuita fino a 10 anni, e l'obbligo scolastico fu esteso fino ai 14 anni. Tuttavia, solo il liceo classico garantiva l’accesso all'Università. Nonostante queste riforme, la crisi politica legata alle elezioni del 1924 e lo scandalo Matteotti costrinsero Gentile a dimettersi, ma il progetto educativo fascista continuò a evolversi. Indice L’educazione ginnicosportiva e le organizzazioni giovanili La fascistizzazione della scuola primaria Il testo unico di Stato L’introduzione della “pratica e cultura militare” e le gite La scuola durante la guerra L’educazione ginnicosportiva e le organizzazioni giovanili Il Gran Consiglio si concentrò anche sull'importanza dell'educazione ginnicosportiva, un aspetto che non aveva ricevuto la giusta attenzione fino a quel momento. La Legge n. 2.246 del 1926 creò l'Opera Nazionale Balilla, una organizzazione paramilitare che coinvolgeva giovani dai 8 ai 18 anni. Suddivisi in gruppi come balilla, piccole italiane, avanguardisti e giovani italiane, l'obiettivo era l'educazione culturale, spirituale e religiosa della gioventù, secondo i principi del regime. Le organizzazioni giovanili non fasciste, come gli scout, vennero bandite. La fascistizzazione della scuola primaria Nel giro di pochi mesi, la scuola primaria subì una vera e propria trasformazione. Banchi, quaderni e maestri cambiarono. Nelle pagelle del 1926 comparvero il fascio littorio e l'aquila romana. La storia venne riscritta come "storia della cultura fascista" e i genitori furono invitati a verificare che i figli fossero sempre in ordine, con scarpe, grembiuli, orecchie e mani pulite. Ogni scuola doveva obbedire ai diktat che prevedevano rigide regole sugli arredi, sul numero di alunni in aula (circa 40 studenti per classe), e imponevano l'affissione del crocefisso tra il ritratto del re e del duce. Il testo unico di Stato Nel 1929, il Ministero dell'Istruzione venne trasformato nel Ministero dell'Educazione Nazionale. La Commissione esaminò 400 testi scolastici e dichiarò che nessuno di questi era adatto alle nuove esigenze del fascismo. Venne scritto, quindi, un testo unico di Stato, che fu introdotto con la Legge n. 5 del 7 gennaio 1929. L’abecedario fascista venne riempito di immagini, canzoni (come "Piccole italiane" e "Soldatini di ferro"), filastrocche (Pelle dura, animo schietto, eia eia alalà!) e frasi che inneggiavano al regime. Le copertine dei quaderni e dei libri furono adornate con il profilo di Mussolini, e i discorsi del Duce cominciarono ad essere trasmessi tramite l'Eiar (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche). L’introduzione della “pratica e cultura militare” e le gite Nel 1934, il corpo docente, direttori e ispettori scolastici vennero obbligati a indossare la camicia nera o una divisa da ufficiale della milizia. L’educazione militare divenne obbligatoria, e la materia "pratica e cultura militare" venne introdotta, con 30 ore di insegnamento impartite da ufficiali della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Le mete delle gite scolastiche erano impianti militari, aeroporti, navi da guerra e arsenali.  La scuola durante la guerra A partire dal 1938, l'Italia introdusse le Leggi razziali, e il linguaggio scolastico divenne sempre più militante e ideologico. Durante la Seconda Guerra Mondiale, le lezioni venivano interrotte dai bombardamenti e gli studenti dovevano rifugiarsi nei rifugi antiaerei, mentre le maestre erano tenute ad indossare maschere antigas. Con la caduta del regime il 25 luglio 1943, l'armistizio dell'8 settembre e la Liberazione, terminò l'era fascista. La scuola tornò a essere un luogo di formazione libera e democratica, in netta rottura con l'ideologia fascista che l'aveva dominata per vent'anni.

Apr 25, 2025 - 14:59
 0
Cosa si studiava a scuola durante il fascismo?

La scuola durante il fascismo

Nel 1922, sei mesi dopo la Marcia su Roma, Benito Mussolini assunse il governo del Paese e, tra i suoi primi provvedimenti, si concentrò sulla riforma scolastica. Sotto la guida del filosofo Giovanni Gentile, nuovo ministro dell'istruzione, l'Italia cercò di alzare il livello culturale, soprattutto nel Sud, dove l'analfabetismo raggiungeva il 50% della popolazione.

La scuola divenne gratuita fino a 10 anni, e l'obbligo scolastico fu esteso fino ai 14 anni. Tuttavia, solo il liceo classico garantiva l’accesso all'Università. Nonostante queste riforme, la crisi politica legata alle elezioni del 1924 e lo scandalo Matteotti costrinsero Gentile a dimettersi, ma il progetto educativo fascista continuò a evolversi.

Indice

  1. L’educazione ginnicosportiva e le organizzazioni giovanili
  2. La fascistizzazione della scuola primaria
  3. Il testo unico di Stato
  4. L’introduzione della “pratica e cultura militare” e le gite
  5. La scuola durante la guerra

L’educazione ginnicosportiva e le organizzazioni giovanili

Il Gran Consiglio si concentrò anche sull'importanza dell'educazione ginnicosportiva, un aspetto che non aveva ricevuto la giusta attenzione fino a quel momento. La Legge n. 2.246 del 1926 creò l'Opera Nazionale Balilla, una organizzazione paramilitare che coinvolgeva giovani dai 8 ai 18 anni.

Suddivisi in gruppi come balilla, piccole italiane, avanguardisti e giovani italiane, l'obiettivo era l'educazione culturale, spirituale e religiosa della gioventù, secondo i principi del regime. Le organizzazioni giovanili non fasciste, come gli scout, vennero bandite.

La fascistizzazione della scuola primaria

Nel giro di pochi mesi, la scuola primaria subì una vera e propria trasformazione. Banchi, quaderni e maestri cambiarono. Nelle pagelle del 1926 comparvero il fascio littorio e l'aquila romana.

La storia venne riscritta come "storia della cultura fascista" e i genitori furono invitati a verificare che i figli fossero sempre in ordine, con scarpe, grembiuli, orecchie e mani pulite.

Ogni scuola doveva obbedire ai diktat che prevedevano rigide regole sugli arredi, sul numero di alunni in aula (circa 40 studenti per classe), e imponevano l'affissione del crocefisso tra il ritratto del re e del duce.

Il testo unico di Stato

Nel 1929, il Ministero dell'Istruzione venne trasformato nel Ministero dell'Educazione Nazionale. La Commissione esaminò 400 testi scolastici e dichiarò che nessuno di questi era adatto alle nuove esigenze del fascismo.

Venne scritto, quindi, un testo unico di Stato, che fu introdotto con la Legge n. 5 del 7 gennaio 1929. L’abecedario fascista venne riempito di immagini, canzoni (come "Piccole italiane" e "Soldatini di ferro"), filastrocche (Pelle dura, animo schietto, eia eia alalà!) e frasi che inneggiavano al regime.

Le copertine dei quaderni e dei libri furono adornate con il profilo di Mussolini, e i discorsi del Duce cominciarono ad essere trasmessi tramite l'Eiar (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche).

L’introduzione della “pratica e cultura militare” e le gite

Nel 1934, il corpo docente, direttori e ispettori scolastici vennero obbligati a indossare la camicia nera o una divisa da ufficiale della milizia. L’educazione militare divenne obbligatoria, e la materia "pratica e cultura militare" venne introdotta, con 30 ore di insegnamento impartite da ufficiali della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.

Le mete delle gite scolastiche erano impianti militari, aeroporti, navi da guerra e arsenali. 

La scuola durante la guerra

A partire dal 1938, l'Italia introdusse le Leggi razziali, e il linguaggio scolastico divenne sempre più militante e ideologico. Durante la Seconda Guerra Mondiale, le lezioni venivano interrotte dai bombardamenti e gli studenti dovevano rifugiarsi nei rifugi antiaerei, mentre le maestre erano tenute ad indossare maschere antigas.

Con la caduta del regime il 25 luglio 1943, l'armistizio dell'8 settembre e la Liberazione, terminò l'era fascista. La scuola tornò a essere un luogo di formazione libera e democratica, in netta rottura con l'ideologia fascista che l'aveva dominata per vent'anni.